La corsa all'Oscar 2012: l'anno della nostalgia?

Siamo ancora alle primissime battute, ma per ora il film da battere sembra, sorprendentemente, un omaggio francese alla vecchia Hollywood: The Artist di Michel Hazanavicius. Come sempre seguiremo insieme l'evolversi della situazione fino alla consegna degli Academy Awards il possimo 26 febbraio.

Con i primi riconoscimenti di prestigio - in primis quelli della National Board of Review e del New York Film Critics Circle - si è aperta ufficialmente nei giorni scorsi la corsa agli Oscar 2011-2012, che si concluderà il prossimo 26 febbraio con la consegna degli ambitissimi Academy Awards. Nella fase iniziale della Awards Season è sempre arduo fare pronostici, o anche leggere la situazione con un minimo di attendibilità, ma quest'anno la gara appare addirittura più complessa del solito, con un buon numero di pellicole che sembrano sì in una posizione promettente ma mostrano anche delle debolezze nell'ottica della conquista delle simpatie dell'Academy of Motion Picture Arts and Science.

Non c'è (per il momento) un autentico favorito della critica come era lo scorso anno The Social Network, o un crowd pleaser come il vincitore dell'Oscar 2011 Il discorso del re: c'è un film, tuttavia, che sembra condividere molte caratteristiche con entrambi i rivali dell'ultima Oscar Race. Si dà il caso, però, che sia un film francese, muto e in bianco e nero. Parliamo naturalmente di The Artist di Michel Hazanavicius, vera e propria delizia per i cinefili che ha fatto battere il cuore agli addetti ai lavori di Oltreoceano come era stato con la stampa europea nel mese di maggio.
Rispetto al film di David Fincher che aveva spopolato presso i critici lo scorso anno, The Artist ha il vantaggio di essere un film dal linguaggio più semplice e immediato, e di avere una notevole portata emotiva in grado di suscitare anche gli entusiasmi popolari, da cui l'elemento da crowd pleaser; abbastanza da farne un vincente, se non fosse per i "contro", cui abbiamo già accennato ("francese, muto e in bianco e nero"); a questo punto della contesa, tuttavia, l'ago della bilancia ci sembra pendere dalla parte del film di Hazanavicious, la cui particolarità è anche, in buona parte, la sua forza.

Un favorito della prima ora che sta perdendo terreno nei confronti del gioiello di Hazanavicius è The Descendants di Alexander Payne, film ad un tempo divertente e profondo che ha dalla sua la mano di un autore originale, già premiato dall'AMPAS, e che non sbaglia un film, oltre al contributo di uno degli attori più amati e ammirati di Hollywood, George Clooney; a poter contare sullo star power, oltre al film di Payne, sono forse solo L'arte di vincere - Moneyball di Bennett Miller, che vanta un protagonista della risma di Brad Pitt (il quale, al contrario di Clooney, che ha vinto per Syriana, non ha ancora un Oscar), e Millennium - Uomini che odiano le donne, interpretato dallo 007 Daniel Craig e dalla cover girl filmica dell'anno Rooney Mara. Per quanto David Fincher possa apparire in debito con l'Academy per la sconfitta di The Social Network dello scorso anno, il film è un genre movie e un remake: non che questo gli precluda un posto nel novero dei nominati a Best Picture, anzi, se l'impatto al botteghino è quello che potrebbe essere, potremmo trovarci tranquillamente a parlare di Uomini che odiano le donne fino a febbraio.
Un titolo che si è dimostrato inaspettatamente robusto nelle prime battute di questa Awards Season, soprattutto grazie alla vittoria della National Board of Review, è Hugo Cabret 3D di Martin Scorsese, ennesima, grandiosa dimostrazione del talento multiforme di uno dei più grandi registi di tutti i tempi e della sua passione per la settima Arte. Nella sua cinefilia, Hugo fa il paio con The Artist, creando un tandem che potrebbe caratterizzare gli Academy Awards 2012 con un piglio nostalgico che ben si attaglia a un'annata economicamente e politicamente davvero dura.
Ma in cerca di un posto al sole agli Oscar 2012 ci sono altri grandi nomi oltre a quello del regista di Toro scatenato, a cominciare da Terrence Malick, già vincitore della Palma d'oro a Cannes con il suo The Tree of Life, commovente e magniloquente opera sul senso della famiglia e dell'esistenza, per proseguire con Woody Allen, che ha incantato le platee con il divertente e romantico Midnight in Paris, e giungere al Clooney regista de Le idi di marzo e al Clint Eastwood di J. Edgar, che forse non hanno convinto tutti allo stesso modo ma che non mancheranno di conquistare l'interesse di una buona porzione dell'AMPAS.

Senza dimenticare un certo Steven Spielberg, il cui nuovo lavoro, War Horse, uscirà a Natale. Non è probabilmente un autore che l'AMPAS sia ansiosa di tornare a premiare, Spielberg, ma, almeno sulla carta, a War Horse non manca nulla, dallo sforzo produttivo e artistico al soggetto forte e di grande impatto emotivo. Sulla carta: di fatto, sarà importante anche vedere la reazione del pubblico a questa pellicola che sembra avere le potenzialità per sbaragliare tutti i rivali.
A poter già contare sul sostegno del pubblico è una delle sorprese dell'anno, The Help di Tate Taylor, un period movie ambientato nel sud degli USA negli anni '60, nel momento cruciale della lotta ai diritti civili che portò cambiamenti di portata insondabile nella società americana. Con un simile ruolino di marcia al box office, una storia potente di impegno e amcizia al femminile, e un cast ampio e semplicemente sensazionale, c'è da scommettere che The Help farà la sua parte al momento dell'annuncio delle nomination il prossimo 24 gennaio.

Nel novero dei film papabili per la carica per l'Oscar più ambito vogliamo ricordare anche tre grandi protagonisti della stagione festivaliera, ovvero Drive di Nicolas Winding Refn, premiato a Cannes per la regia e interpretato da un laconico e intenso Ryan Gosling, La talpa di Tomas Alfredson, riuscito adattamento di un romanzo di John Le Carrè presentato in concorso a Venezia, e il discusso Shame del britannico Steve McQueen, anch'esso in gara al Lido e parecchio apprezzato dagli addetti ai lavori - meno, purtroppo, dalla critica USA. E per contraltare, sottolineiamo che nella favolosa decina (che poi decina potrebbe non essere) difficilmente mancherà un film che va decisamente incontro ai gusti del grande pubblico, e che rappresenta la fastosa chiusura di un franchise longevo e di grande importanza per Hollywood: parliamo ovviamente di Harry Potter e i doni della morte - parte 2.
A questi titoli è forse d'uopo aggiungere quello che, se non fossero state modificate le regole per la selezione delle nomination a Best Picture (che invece gli rendono la strada più insidiosa a causa della soglia minima di voti per entrare nella rosa), avrebbe potuto accaparrarsi lo status di pellicola indipendente della partita, quello che lo scorso anno è stato Un gelido inverno e nella stagione 2009-10 è stato Precious, ovvero l'ottimo esordio di T. Sean Durkin Martha Marcy May Marlene; in più, c'è l'incognita di questi giorni, Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry; incognita perché non è ancora stato visto da nessuno nemmeno Oltreatlantico, ma è una pellicola che, se dovesse colpire nel segno, ha potenzialità non dissimili se non addirittura superiori a quelle di War Horse (soggetto scottante tratto da bestseller, interpreti dal ricco pedigree, e un regista che va in nomination con ogni film che sforna).

Della situazione nelle categorie attoriali, sempre seguita con vivo interesse dagli appassionati della Oscar Race, torneremo a parlare la prossima settimana, dopo che le nomination ai premi dello Screen Actors Guild e ai Golden Globe ci avranno dati più elementi; ad oggi, si può puntare con una certa fiducia sul già menzionato Brad Pitt, sul beneamato Clooney , ma anche sul malinconico e affscinante Jean Dujardin di The Artist, con altri grandi interpreti a rincorrere, come Gary Oldman (La talpa), Michael Fassbender (Shame), Leonardo DiCaprio (J. Edgar) e lo stesso Gosling (Le Idi di marzo e Drive).

Tra le signore sembra destinato a spopolare come detto il cast di The Help, con Viola Davis a guidare le danze: la talentuosa Viola dovrà però vedersela con un osso duro come pochi, quella Meryl Streep che in The Iron Lady interpreta un ruolo che più da Oscar non si può. Altra contendente di alto livello per la categoria migliore attrice protagonista è Tilda Swinton, eroina però di un film, seppure bellissimo, anche estremamente cupo e difficile come We Need to Talk About Kevin. Nelle categorie destinate ai non protagonisti ci sono già due nomi che ci sembrano spiccare sugli altri: Albert Brooks, gustoso e soprendente in Drive, e Jessica Chastain, quest'anno un vero jolly, e una delle più apprezzare attrici del team di The Help. Come detto, la prossima settimana avremo indicazioni che potranno confermare o sconvolgere questo scenario: siamo solo all'inizio e ci aspettano un paio di mesi e mezzo di intensa competizione che, come abbiamo visto in questa parziale disamina, coinvolgerà ottime pellicole, grandi autori e interpreti popolari e di spessore. Insomma, in ogni caso ci sarà da divertirsi.