Toni Servillo sogna il grande amore al cinema

Attore e regista di teatro amatissimo dal pubblico e interprete corteggiato da grandi cineasti: Toni Servillo ha raccontato la sua 'doppia anima', divisa tra palcoscenico e set, nel corso di una lezione di cinema tenutasi ieri a Milano. Tra aneddoti e racconti ha rivolto anche un personale appello ai registi.

Una vita intera trascorsa sul palcoscenico. Una passione viscerale per il mestiere dell'attore e l'eccezionale versatilità che gli permette di essere a proprio agio sia di fronte a una vasta platea sia all'occhio fisso di una cinepresa. Toni Servillo è quel genere di artista capace di conquistare gli spettatori più diversi e di metterli tutti d'accordo. Ed è anche quel genere di persona in grado di tenere alta l'attenzione del pubblico, semplicemente parlando di sé e dell'amore per il suo lavoro. È quello che è successo ieri presso lo IED (Istituto Europeo di Design) di Milano, dove l'attore e regista ha tenuto una lezione aperta nel corso del workshop internazionale Film Factory Italia, ideato da Disaronno, Ciak e OffiCine, che attraverso un percorso formativo di quattro mesi consentirà a quindici studenti, selezionati su oltre 300 candidati, di girare tre cortometraggi. Erano presenti anche Piera Detassis, direttore di Ciak, e il regista Silvio Soldini, membro del comitato scientifico di OffiCine.
Servillo si è concesso così una parentesi all'interno della tournée che lo vede impegnato proprio in questi giorni in veste di regista e attore al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Un mese intero di repliche già sold out per la sua reinterpretazione della commedia di Eduardo De Filippo Le voci di dentro che lo vede in scena accanto al fratello Peppe Servillo. E come spesso è accaduto in questi anni, Servillo non è solo a teatro ma è anche al cinema con Viva la libertà di Roberto Andò, in cui l'attore interpreta uno scaltro politico che in vista di una imminente disfatta elettorale si rifugia in incognito a Parigi. E proprio su questa sua doppia anima divisa tra cinema e teatro l'artista napoletano ha focalizzato ieri la sua attenzione, rivelando che cosa lo abbia condotto e lo tenga legato al grande schermo e perché fare teatro "è come stare in equilibrio sopra un filo".

Introdotto da Piera Detassis, Toni Servillo esordisce scusandosi se non potrà trattenersi a lungo, perché prima dello spettacolo in programma la sera deve avere il tempo di "creare quella separazione necessaria tra le attività diurne e quelle serali. Perché un attore di teatro alle quattro del pomeriggio vive pensando già all'appuntamento che ha col pubblico la sera e tiene viva quella tensione, attraverso ritualità personali e rinunce." È una solida professionalità quella che Servillo ha costruito nel corso della sua lunga carriera, iniziata negli anni '60 con le prime recite organizzate nell'oratorio salesiano di Caserta, dove si era trasferito dal paese natale Afragola, e proseguita negli anni della contestazione studentesca con la fondazione (1977) del Teatro Studio di Caserta. Per tutti gli anni '80 il suo unico grande amore è il palcoscenico. Il suo debutto al cinema arriva tardi: "ho iniziato intorno ai 40 anni a fare il primo film importante da protagonista con Sorrentino, L'uomo in più." Anche se in realtà le sue esperienze sul set risalgono all'inizio degli anni '90 con i film di Mario Martone, con il quale aveva fondato l'associazione Teatri Uniti, di cui è tuttora direttore artistico. "La nostra è una realtà piuttosto insolita nel panorama italiano. L'esperienza del cinema è nata all'interno dell'esperienza teatrale. Il primo film fu Morte di un matematico napoletano, interamente prodotto da Teatri Uniti". Un'esperienza che Servillo rievoca con un sorriso: "ricordo che il primo giorno, sul set, Martone chiese: "ma si dice prima motore o azione?". Anche se da allora Toni Servillo di strada ne ha fatta tantissima, diventando uno degli attori più richiesti da registi e autori (da Sorrentino, Garrone a Bellocchio), lui ci tiene a sottolineare di non aver "mai considerato il teatro un anticamera del cinema. Io faccio teatro in maniera militante. Credo che il lavoro dell'attore abbia nel teatro la dimensione di approfondimento e il senso ultimo di questo mestiere. Un attore modello deve sapersi muovere tra le due discipline in maniera efficace. Però il luogo in cui si ha una relazione intima quotidiana che compromette (in senso bello e brutto) la tua esistenza è il palcoscenico. È un'avventura umana molto forte che è raccontata anche nel documentario 394 -Trilogia del mondo, che ripercorre 394 recite fatte dalla compagnia della Trilogia della Villeggiatura (opera di Goldoni ndr) in tutto il mondo".

Riguardo al suo successo Servillo ammette: "mi consente di poter dire con molta tranquillità tanti no. Alcuni con dispiacere. Mi è capitato di non poter fare un film con Silvio Soldini perché avevo iniziato una tournée e mi è dispiaciuto moltissimo." Insomma, nonostante i riconoscimenti e l'apprezzamento internazionale (Tre David di Donatello, tre Nastri d'argento, un Globo d'oro e molti altri), la sua priorità resta il teatro: "io ho bisogno di stare sul palcoscenico 160-200 sere all'anno". L'attore non nasconde però anche uno dei grandi rischi del teatro: "la routine fa del teatro un'esperienza atroce. Molto spesso i camerini sono delle ASL di depressi. E invece gli attori fanno il lavoro più bello del mondo! Purtroppo questa depressione è contagiosa e si sentono molti giovani che, parlando di teatro dicono "che palle!". Servillo invece del teatro dà una descrizione bellissima: "è una concentrazione di energie emotive che attraverso il triangolo autore-attore-pubblico permette di capire qualcosa di più, di illuminare l'intelligenza e riscaldare un po' il cuore...".

Detto questo, il cinema per lui continua a rappresentare un punto di riferimento importante, pur ammettendo "lo faccio d'estate o comunque a tournée conclusa". Di recente l'attore ha infatti terminato le riprese de La grande bellezza, film che segna la sua quarta collaborazione con Paolo Sorrentino. E a questo proposito, incalzato da Silvio Soldini su quale sia l'esigenza che lo spinge a fare cinema, spiega: "il cinema ha molto in comune con il romanzo. Per me la seduzione è cadere dentro la visione di un altro. Se con un regista condivido l'orizzonte umano allora mi metto a disposizione, difendendomi solo con le mie metodologie esecutive." Questa però non è l'unica motivazione che lo spinge a fare film: "il cinema può veicolare messaggi importanti in modo più ampio. Per esempio per Viva la libertà avevo letto il romanzo e sapevo che aveva elementi in comune con la situazione attuale." Un ulteriore aspetto della settima arte che affascina Toni Servillo è l'incredibile lavoro di squadra che mette insieme tantissime professionalità: "mentre ero sul set di Viva la libertà vedevo intorno un caos straordinario in cui tutti lavoravano con assoluta determinazione alla cura di un dettaglio che nell'insieme avrebbe poi dato il risultato finale. Mi sembra un po' la metafora stessa dello stare al mondo. Il teatro è un gioco in cui si fa finta tutti insieme. Ci sono 20 persone che ogni sera si prendono per mano e questo è eccitante. È come stare in equilibrio sopra un filo. Al cinema invece ognuno fa finta per i fatti suoi. E questo in un certo senso è più stressante perché bisogna riuscire a mantenere intatta la verginità dell'interpretazione fino al ciak".
Parlando di Viva la libertà Piera Detassis ha ricordato come questa non sia la prima volta in cui Servillo interpreta un politico, dopo il senatore nel film di Marco Bellocchio Bella addormentata e il suo Giulio Andreotti ne Il Divo. Una cosa del tutto casuale e che non indica un suo particolare interesse per la rappresentazione del potere: "Non c'è nessuna strategia. È capitato", spiega Servillo, aggiungendo: "Anzi aspetto che qualcuno mi faccia fare una grande storia d'amore, prima che invecchi troppo!".
La lezione prosegue con la domanda di uno studente che gli chiede come scelga i suoi film e come possa fare un regista esordiente a sottoporgli la sua sceneggiatura: "ci sono delle persone di cui mi fido nello staff di Teatri Uniti che le leggono per me. Io non ce la farei a leggerle tutte. Anche perché diciamocelo: le sceneggiature sono una palla infinita, meglio un romanzo... ". Riguardo le opere prime Servillo ricorda le tante a cui ha preso parte: "Oltre a L'uomo in più di Sorrentino, anche La ragazza del lago di Andrea Molaioli e Una vita tranquilla di Claudio Cupellini. La cosa bella delle opere prime è che hanno dentro quella eccitazione che hanno solo le prime volte." L'occasione offre lo spunto per un aneddoto divertente: "Quando mi sottoposero L'uomo in più io stavo preparando Il misantropo di Molière e un po' snobisticamente la trascurai. Allora furbamente Angelo Curti, che con me dirige Teatri Uniti, mi disse: "ma sì, non leggerla, tanto Paolo (Sorrentino ndr) ha deciso di farlo fare a un altro". A quel punto la lessi immediatamente, chiamai Paolo e gli dissi: "lo faccio io!" Questo ha fatto sì che adesso per La grande bellezza a Paolo è bastato alzare il telefono e chiedermi "'a vulimmo fa' un'altra cosa assieme?".

Incalzato sui dettagli del film Servillo non si sbottona: "Preferisco non dire niente finché non sarà Paolo a parlarne per primo." Quello che si sa è che il film è ambientato nella Roma dei nostri giorni e che Servillo veste i panni di uno scrittore di successo, che non riesce più a scrivere. Sceneggiato dallo stesso Sorrentino assieme a Umberto Contarello, La grande bellezza potrebbe partecipare al prossimo festival di Cannes e vede nel cast anche Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte e Serena Grandi. L'appuntamento in sala è fissato per l'11 aprile.