Recensione The Ward - Il reparto (2010)

Nonostante l'infinita venerazione per Carpenter e per tutto ciò che il suo cinema ha rappresentato per gli appassionati del fanta-horror, The Ward non brilla per originalità, ma fa la sua degna figura sul grande schermo, d'altronde la classe c'è ed è innegabile.

Frammenti di terrore

Oregon, 1966. Kristen viene trovata dalla polizia in ginocchio quasi ipnotizzata davanti ad una vecchia casa di campagna in fiamme. Subito dopo l'arresto la ragazza viene condotta nell'Istituto North Bend, una maestosa e austera clinica psichiatrica, e rinchiusa, senza apparente motivo, in una cella del 'reparto speciale' dedicato ai malati più pericolosi. Lì Kristen conoscerà Emily, Iris, Sarah e Zoey, quattro pazienti sue coetanee prigioniere come lei di un'infermiera inflessibile e burbera e di un infermiere che non è proprio quel che si può definire un gentiluomo. Nessuna di loro sa il vero motivo per cui è stata internata ma nessuna di loro sembra interessata a scoprirlo. Durante il giorno si guarda la tv insieme, si chiacchiera, si ascolta la musica nelle aree comuni, si fanno le terapie di gruppo col dottor Stringer ma è quando cala il buio che nel reparto si manifesta una presenza maligna che ha come obiettivo uccidere tutte le pazienti del reparto. Toccherà alla caparbia Kristen cercare di scoprire cosa si nasconde tra i corridoi degli orrori e salvare lei e le sue compagne dalla furia omicida di Alice, un demone che si aggira nelle stanze del reparto di cui tutte loro conoscono la storia ma di cui nessuna sembra voler parlare... Tante storie, tanti piccoli tasselli che come in un mosaico di terrore alla fine della storia torneranno al loro posto, non senza colpi di scena.


Finalmente è tornato, non in grande stile, ma possiamo dire che il John Carpenter che conosciamo è tornato. Il suo nuovo lavoro The Ward - Il reparto è lontano anni luce dalla passione e dalla potenza di storie straordinarie come 1997: Fuga da New York, Essi vivono, Il seme della follia e La cosa, sebbene si ponga di molto al di sopra rispetto a Vampires e Fantasmi da Marte, i due ultimi disastri firmati dal regista americano. Totalmente privo di sottotesti, di critica sociale e di quel pizzico di cattiveria che si nascondeva neanche troppo velatamente in ogni opera del maestro, The Ward parte alla grande, facendo rivivere per la prima mezz'ora tutto il fascino vintage del Carpenter che abbiamo adorato. Con lo scorrere dei minuti però il film subisce una pesante battuta d'arresto e si appiattisce perdendo strada facendo l'inconfondibile tocco carpenteriano per trasformarsi in qualcosa di ordinario. in modo da compiacere il grande pubblico dei teenager.

Probabilmente per esigenze commerciali e produttive, Carpenter ha dovuto rinunciare all'espressione totalitaria della sua cifra stilistica a favore di un linguaggio cinematografico più spicciolo e fruibile dal pubblico medio. Appurato che Carpenter non ha più lo smalto e la verve di una volta, dobbiamo sottolineare però come The Ward segni una ripresa nella carriera del regista apparsa in caduta libera dopo l'uscita in sala di Fantasmi da Marte e Vampires, e come esso sia capace di regalare un ampio spiraglio di ottimismo per il futuro. La voglia di ricominciare a stupire c'è ancora, deve solo trovare la storia giusta e la voglia di rimettersi in gioco in maniera totale e incondizionata, ribellandosi alle menomanti logiche di mercato.
Dobbiamo essere onesti, nonostante l'infinita venerazione per Carpenter e per tutto ciò che il suo cinema ha rappresentato per i milioni di appassionati del fanta-horror, The Ward non è di certo il film della riabilitazione né il film memorabile per la sua originalità ma fa la sua degna figura sul grande schermo, d'altronde la classe c'è ed è innegabile.

Nella prima parte riconosciamo il Carpenter vero: l'uso di dolly, di gru, di riprese dall'alto e di soggettive bizzarre fa emozionare e riporta indietro nel tempo, il suo modo di aggirarsi tra i corridoi dell'ospedale accentua notevolmente il senso di claustrofobia e tiene gli occhi incollati allo schermo, ma poi qualcosa si inceppa nel meccanismo che sembrava ben oliato e The Ward diventa un film moderno, girato svogliatamente, troppo vicino alla media degli horror girati negli ultimi anni in Europa da cineasti poco più che esordienti. L'impressione è quella di un film che probabilmente il regista non è riuscito a sentire o a rendere suo fino in fondo, e il fatto che per la prima volta non si sia occupato delle musiche la dice lunga. Il montaggio, la fotografia e le scenografie sono curati nei minimi particolari e fanno di The Ward un film godibilissimo e di grande intrattenimento. Unico neo la sceneggiatura, ad opera di Michael e Shawn Rasmussen, che è senz'altro interessante ma che attinge a piene mani da grandi e piccoli film del recente passato. Vi bastino tre nomi: Raimi, Mangold e, udite udite, Martin Scorsese (addirittura ad un certo punto la protagonista parla dell'istituto come se esso fosse situato su un'isola quando in realtà non è assolutamente così).
La speranza è che John Carpenter torni presto a stupirci con qualcosa di più personale che dia libero sfogo alla sua creatività e che riesca a trasmetterci ancora una volta le sensazioni, qui solo accarezzate, dei suoi indimenticabili capolavori.

Movieplayer.it

3.0/5