Viva la libertà di ridere ed emozionarsi ancora per la politica

Tratto dal suo romanzo 'Il trono vuoto' e scritto a quattro mani con Angelo Pasquini, il regista Roberto Andò regala un indimenticabile ritratto semiserio del potere e dei suoi protagonisti grazie alla doppia interpretazione di Toni Servillo

Il cinema è in grado di utilizzare il soggetto politico in molti modi diversi. Può usare il linguaggio allegorico e rappresentativo di Paolo Sorrentino e la costruzione storica più dettagliata di Marco Tullio Giordana, oppure può scegliere di abitare una sottile linea di mezzo in cui la leggerezza e la speranza innovano la materia senza privarla della sua importanza. Questo, in particolare, è quello che si è proposto Roberto Andò in Viva la libertà, tratteggiando con impegnata ironia il ritratto di un potere che ritrova il contatto con il mondo grazie alla lucida follia di un politico filosofo. Tratto dal suo romanzo Il trono vuoto e scritto a quattro mani con Angelo Pasquini, il film si prepara ad uscire in sala il 14 febbraio con 100 copie, per tutti coloro che hanno voglia di festeggiare un San Valentino veramente alternativo. Protagonista assoluto è un Toni Servillo che, per l'occasione, si cimenta nella doppia interpretazione del segretario di partito Enrico Oliveri e dell'eccentrico fratello gemello Giovanni, forse guarito da un esaurimento nervoso ma non dalla sua particolare interpretazione della realtà. Quando il primo, sconfitto da una popolarità in caduta, decide di "scomparire per tornare ad essere", il secondo viene arruolato casualmente per occupare una poltrona drammaticamente vuota. Così, protagonista volontario e consenziente di questo gioco delle parti, Giovanni indossa la maschera del potere con disinvolta indifferenza senza perdere mai contatto con quella vita concreta capace, allo stesso tempo, di ferirlo e renderlo un essere umano migliore. A presentare il film durante l'anteprima romana è il regista ed il cast formato da Valerio Mastandrea, Michela Cescon e Valeria Bruni Tedeschi.

Signor Andò, il film Viva la libertà è tratto dal suo romanzo Il trono vuoto che le ha fatto aggiudicare il Premio Campiello Opera Prima del 2012. Come nasce il progetto di trasformarlo in un racconto cinematografico? Roberto Andò: Si tratta di un film che corrisponde ad un desiderio già espresso nelle pagine del romanzo. Avevo voglia di immaginare qualche cosa che non fosse ancora sulla scena della nostra realtà politica e sociale, senza alcun lamento però. Mi intrigava immaginare l'arrivo di un personaggio che portasse con se il vento del cambiamento, una folata di aria nuova percepibile da tutti. Si tratta di un uomo che, pur non essendo necessariamente destinato ad essere in scena, si fa rappresentante di un sapere e di un'intelligenza in grado di dare delle rifrazioni. Per quanto riguarda la costruzione narrativa, poi, l'idea dello scambio dei ruoli si e imposta praticamente da sola. Si tratta sicuramente di un escamotage molto utilizzato in letteratura e che, in questo caso, è riuscito a donare leggerezza anche al film. Un elemento fondamentale, però, alla realizzazione è stata la presenza di Toni Servillo nel doppio ruolo del politico Enrico Oliveri e del fratello filosofo Giovanni. So perfettamente che non avrei girato nemmeno una scena se non avessi trovato un viso in grado di dare consistenza a queste due personalità. E Toni si è prestato perfettamente a questo compito. Lui ha nel suo volto qualche cosa di molto concreto e ipotetico, riuscendo a proiettare anche un elemento apparentemente immateriale come il pensiero. Per concludere, questo film mi ha regalato una grande gioia liberatoria che spero si trasmetta anche al pubblico.

Signor Servillo, lei porta sul grande schermo due personaggi fisicamente identici ma profondamente diversi nel modo di sentire ed esprimere la propria interiorità. Come ha lavorato sul duo Enrico/Giovanni? Toni Servillo: Per un attore che fa teatro come me in modo militante e non occasionale, c'è un serbatoio affascinante di tradizione legato ai doppi da I gemelli veneziani, L' Anfitrione fino ai I due gentiluomini di Verona. Ma non mi era mia capitato di interpretarli a teatro, quindi ho vissuto questo film come un'occasione ghiotta. A rendere veramente speciale la narrazione, però, è tutta la drammaturgia legata alla politica che fa moltiplicare le sorprese e il fascino della sceneggiatura. In un certo senso è come se avessimo voluto raccontare la necessità e il desiderio di ritrovare una politica in costante relazione alla cultura. Una cultura, però, che non è solo serbatoio intellettuale ma anche slancio morale. In questo modo l'orizzonte non è più quello di una politica astratta, ma profondamente legata alla vita, dove questa unione passa attraverso una depressione che mette il personaggio di Ernani in comunicazione con gli inciampi dell'esistenza. Il meccanismo del doppio, inoltre, ha fatto in modo che realizzassimo un lavoro dove si girasse prima Ernani, in modo che poi io potessi lavorare su Oliveri per sottrazione. Anzi, a dirla tutta, abbiamo immaginato di trovarci di fronte ad un unico personaggio che, come una sorta di Dottor Jekyll e Mr Hyde, contenesse dentro di se entrambi gli aspetti caratteriali. E da questa visione nasce anche la voglia di costruire un finale che viaggia verso una soluzione ambigua.

A sostenere l'interpretazione di Servillo, però, ci sono dei personaggi di supporto che rappresentano delle spalle indispensabili, tanto per dimostrare quanto al cinema i comprimari siano fondamentali.. Valerio Mastandrea: Al cinema esistono quei secondi ruoli che da spettatore amo incredibilmente e che si vedono spesso nei film americani. Sto parlando di parti meno presenti cui mi affeziono da morire. Si tratta un po' della passione per il secondo posto, per la medaglia d'argento con un'aspirazione verso l'oro ma anche con una deresponsabilizzazione per essere arrivati secondi. Quando ho visto l'interpretazione del mio Andrea Bottini ho pensato, con il dovuto rispetto, che forse potevamo essere arrivati a quel livello. Insomma, la cosa tremenda è che mi sono quasi piaciuto. Inoltre lavorare con Toni è un'esperienza importante soprattutto per un attore come me che, per quindici anni, ha fatto dell'incoscienza la sua unica tecnica. E' importante confrontarsi con un interprete come lui perché conosce tutto del film, non solo di se ma anche di te. Insomma, conosce ogni cosa. Sarà per questo che è come lavorare con una Digos creativa.
Michela Cescon: Ho amato molto il film e sono felice di aver partecipato condividendo con Andò questa ennesima avventura. Con Valeria Bruni Tedeschi ho avuto il compito di tratteggiare dei personaggi incredibilmente importanti nella vita di Giovanni e Enrico. Alla mia Anna, moglie dell'uomo di potere, tocca in sorte di sostenere un legame doppio con entrambi. In sostanza, ciò che il personaggio di Valeria vive in gioventù, il mio lo subisce in età più matura e, forse, più intensamente. Da questo punto di vista, dunque, ci troviamo di fronte all'ennesimo legame umano scritto con incredibile intensità.
Valeria Bruni Tedeschi: Io sono stata incredibilmente attratta dall'idea di lavorare con Toni, ma ad appassionarmi veramente è stato il cuore stesso del film. Perché, al di là dell'elemento politico, credo che si tratti di una vicenda profondamente personale in cui viene messo in gioco il rapporto con noi stessi. In fin dei conti, è come se i due gemelli fossero una persona sola capace di racchiudere in se caratteristiche diverse. Da una parte abbiamo quella molto efficiente e connessa con l'ambiente sociale, dall'altra abbiamo quella caratterizzata dallo slancio e dalla creatività. Ciò che mi ha conquistato e che, almeno per una volta, è la seconda a vincere sulla prima fregandosene del possesso e del potere. Non avendo nulla da perdere in questo modo diventa finalmente libera.

Il film arriva in un momento politico incredibilmente caldo, portando con sè un vento di speranza affidato niente meno che al personaggio di un folle appassionato della vita. Quanto vi sorprende l'attualità di tutto questo rispetto alla realtà storica che stiamo vivendo? Roberto Andò: Credo che in questi anni il clima del paese sia rimasto sempre lo stesso. Dal mio lavoro è evidente quanto la sinistra mi stia a cuore ed è per questo che nel film ho cercato di mettere in scena la sua anima o quello che io credo debba essere la sua essenza. Chiarisco, però, che il personaggio di Enrico Oliveri, segretario di partito, non ha alcun legame con la realtà né con un personaggio in particolare, anche se è evidente che mi sono nutrito di tutto ciò che è accaduto in questi anni. Il fatto è che al suo interno la politica ha molti elementi romanzeschi, alcuni triviali, altri dai toni più shakespeariani. Il problema reale, dal mio punto di vista, è che il paese è ancora luogo di predatori. Basta guardare le notizie riguardanti il Monte dei Paschi di Siena. Mi rendo conto che lo scenario è quanto di più lontano dalla speranza con cui ho gestito tutto il mio film, ma quando questa non c'è in qualche modo bisogna pur inventarla.
Toni Servillo: Spero che il film possa servire a qualche cosa come, ad esempio, a mettere le emozioni al servizio del pensiero o di far pensare emozionando. Forse può suggerire che, se si ha la sensazione di essere superiori agli altri, bisogna avere anche la forza di dimostrarlo.

Dopo il Divo e Bella addormentata, torna a vestire i panni di un'altra figura pubblica. Crede che questo sia il film più politico che lei abbia realizzato fino ad oggi? Toni Servillo: Non credo di poter fare distinzione, mi auguro solamente di interpretare quanto prima un Conte settecentesco in preda a pene d'amore. Per quanto mi riguarda, faccio solo il mio mestiere senza alcuna intenzione di sostenere ideologie. I politici portati sullo schermo fino ad oggi hanno in comune solo lo stesso territorio in cui si muovono visto da prospettive completamente diverse.

Per costruire il personaggio di Enrico Oliveri si è ispirato a qualche politico in particolare? Toni Servillo: Assolutamente no. Io ricerco i miei rifermenti nell'immaginazione o dentro di me. In questo caso, poi, mi sono lasciato ispirare da professori e intellettuali eccentrici. Sarà per questo che nel film circola perennemente un'aria allegra, una leggerezza con cui abbiamo provato a smuovere le acque per quanto possano essere stagnanti.

Non crede che presentare il film così a ridosso del periodo elettorale possa in qualche modo nuocere alla pellicola? Roberto Andò: Riguardo all'uscita del film ci sembrava giusto che, essendo pronto, potesse arrivare in sala in questo momento per offrire un prodotto che non avesse i caratteri della cronaca politica. Non credo che ci sia alcuna possibilità di strumentalizzazione, visto che la provenienza del film è assolutamente chiara. Se ne appropri chi se ne vuole appropriare, soprattutto gli spettatori. Poi, se pensiamo alla scena del comizio costruito tutto intorno alla poesia di Brecht A chi esita, vediamo che la storia si propone lo scopo di rimettere la politica nelle mani dei cittadini, considerando che non può esiste anima più alta cui delegarla.