Recensione Dead Man Down - Il sapore della vendetta (2013)

Un action thriller i cui temi centrali sono la vendetta, la redenzione e il riscatto attraverso la riscoperta della capacità di provare dei sentimenti: 'Non siamo fatti per stare soli, anche il più sanguinante dei cuori può essere guarito'.

Vendetta e sentimento

Primo atteso film americano di Niels Arden Oplev, regista danese dell'originale Uomini che odiano le donne del 2009 (solo il primo capitolo era il suo, ed era anche il migliore della trilogia), grande successo internazionale che ha lanciato la carriera di Noomi Rapace che qui ritroviamo protagonista insieme a Colin Farrell. I temi centrali sono sicuramente quelli più cari al regista, e cioè la vendetta, la redenzione, la possibilità di riscattarsi e di ricominciare da capo, quando ti sembra di aver toccato il fondo e qualcuno o qualcosa ti offre la possibilità di rimettere in sesto la tua vita.
Victor (Colin Farrell) e il suo amico Darcy (Dominic Cooper) lavorano al soldo di Alphonse (Terrence Howard), un gangster gli uomini della cui banda stanno venendo sistematicamente eliminati da un misterioso killer. Victor incontra Beatrice (Noomi Rapace), un'enigmatica donna con il volto sfigurato da un incidente: sono entrambi soli, hanno entrambi il cuore spezzato dagli eventi che la vita ha loro riservato, entrambi nascondono molti più segreti di quelli che sono disposti a rivelare l'uno all'altra.


Inizialmente è il desiderio di vendetta il motore della storia, ma successivamente è l'anomala attrazione tra i due che innesca il desiderio di redenzione e restituisce a poco a poco la speranza di poter ricominciare un nuova vita. Entrambi, grazie alla prospettiva di un amore, recuperano la loro umanità e tornano a provare dei sentimenti, proprio come accadeva a Lisbeth Salander in Uomini che odiano le donne. Il personaggio di Beatrice in realtà contiene molte similitudini con quello di Lisbeth: un animale ferito e reietto, allo stesso modo fragile nell'aspetto ma molto forte dentro, arrabbiato e con un'enorme pena nel cuore. Un ruolo potenzialmente nelle corde di Noomi Rapace che lo interpreta con la giusta sensibilità. Colin Farrell (che è entrato a far parte del progetto poiché il produttore Neal H. Moritz stava lavorando con lui e con il direttore della fotografia Paul Cameron al remake di Total Recall - Atto di forza), ha nel suo carattere i tratti giusti per interpretare l'antieroe tormentato. Poteva essere un'ottima occasione di rilancio per entrambi gli attori. Noomi Rapace, grazie al successo di Uomini che odiano le donne, ha fatto il grande salto ma ha poi inanellato personaggi tutt'altro che memorabili (la zingara di Sherlock Holmes con cappello da cowboy era forse la cosa meno riuscita del film, per non parlare del flop di Prometheus). L'onnipresente Colin Farrell, la cui presenza sembrava imprescindibile in ogni grande produzione fino a qualche anno fa (Alexander, The new world e Miami Vice, solo nell'arco di tre anni), ultimamente ha alternato imprevisti successi in ruoli da comprimario di lusso (Come ammazzare il capo... e vivere felici!), ma come protagonista è dall'exploit di In Bruges - La coscienza dell'assassino del 2008 che non ne azzecca più una (ultimo il fiacco remake di Total Recall).

Ottime premesse quindi, con tutti gli ingredienti del cinema classico americano di grande intrattenimento, supportato da un ottimo cast. Una trama interessante con vendetta, azione, mistero e colpi di scena che vengono svelati un po' alla volta, una storia d'amore in questo caso assolutamente inedita tra due protagonisti che si trovano al culmine della disperazione persi nel "cuore di tenebra" nel quale entrambi si trovano. L'idea di filtrare questi temi classici attraverso lo sguardo e lo stile europei di Niels Arden Oplev poteva davvero costituire una miscela interessante. Tuttavia il risultato è quantomeno altalenante e piuttosto discontinuo.
Al film mancano il respiro e il look della grande produzione e nello stesso tempo non ha l'originalità e il fascino autoriale da oggetto misterioso della produzione a medio budget.
La fotografia di Paul Cameron (Collateral) riesce a conferire il giusto realismo e ci cattura all'inizio restituendoci le atmosfere di una New York grigia e triste, cupa come l'animo dei protagonisti dove albergano paura, rabbia e solitudine. I presupposti interessanti non sono supportati da uno script sufficientemente intrigante, la storia perde progressivamente colpi e originalità. Ogni tanto il film prova a riprendersi con dei momenti più riusciti ma presto torna a inciampare in snodi narrativi piuttosto banali.
Il personaggio di Valentine , la madre di Beatrice, interpretato da Isabelle Huppert, è anch'esso interessante in partenza: dietro il suo disincanto, nasconde la fragilità e il dolore che condivide con la figlia e il suo desiderio per lei di una vita diversa ha un forte potenziale emotivo solo in parte sfruttato. Anche il resto del nutrito e pregevolissimo cast di contorno (Armand Assante, F. Murray Abraham) è davvero sottoutilizzato: i personaggi rimangono sin troppo ai margini e alla fine risultano incompiuti se non ridotti a comparse, penalizzati come il resto della storia da una sceneggiatura zoppicante e priva di pathos.

Movieplayer.it

2.0/5