Matteo Garrone e il Reality di un'Italia in crisi

Presentata a Roma la pellicola vincitrice del Gran Prix della Giuria all'ultimo Festival di Cannes, una favola nera sulla perdita d'identità interpretata da un cast superbo; 'Impossibile raccontare al cinema la tv senza sfracellarsi. I reality? Non sono in crisi. E' il Paese ad esserlo e quando succede si cerca sempre il biglietto della lotteria', racconta Garrone.

L'ultima volta che abbiamo visto la faccia di Matteo Garrone, durante la conferenza finale dei giurati del 69.mo Festival di Venezia, il suo volto era decisamente contrariato, zittito dal presidente di giuria, Michael Mann, che gli ha di fatto impedito di dire la sua sull'esclusione degli italiani dai riconoscimenti più importanti. Acqua passata, immagini di repertorio. Oggi il regista capitolino ha incontrato la stampa per parlare della sua ultima fatica cinematografica, Reality, co-produzione italo-francese (Archimede-Fandango, Le Pacte-Garance Capital e Rai Cinema) in uscita il prossimo 28 settembre grazie a 01 che distribuirà la pellicola in 350 copie. Vincitore del Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2012, il film racconta la vicenda grottesca di un pescivendolo napoletano che tenta in tutti i modi di realizzare il sogno di partecipare al Grande Fratello. Il percorso che dovrebbe portarlo ad entrare nella 'casa' sconvolgerà inesorabilmente tutte le sue certezze e la percezione della realtà, portandolo ad un punto di non ritorno. A quattro anni da Gomorra, Matteo Garrone si lancia dunque in una nuova, sconvolgente, analisi della nostra società, a partire dalla storia di un individuo vittima di un ingranaggio molto più grande di lui. Eccellente l'interpretazione del protagonista, Aniello Arena, attore nella Casa di Reclusione di Volterra con la Compagnia della Fortezza, presente oggi alla Casa del Cinema di Roma, assieme a gran parte del cast, composto anche da Loredana Simioli, Nando Paone, Nunzia Schiano e Giuseppina Cervizzi.

Matteo, dopo il successo planetario di Gomorra sei voluto ripartire da qualcosa di completamente diverso. A cosa ti sei ispirato per la storia di Reality? Matteo Garrone: è una storia realmente accaduta. All'inizio doveva essere solo un piccolo racconto, poi con il passare del tempo è diventato un romanzo breve. Volevamo raccontare questa storia dall'interno, con umanità, senza cadere nella trappola della denuncia e senza avere intenti pedagogici, amando i personaggi senza prendersi gioco di loro. Luciano, il protagonista, è un puro, un ingenuo. Il suo desiderio di evasione per inseguire un sogno nasce anche da una sorta di contagio che hanno effettuato su di lui la famiglia e gli abitanti del suo quartiere. Ad un certo punto però quel sogno si lega al fatto di esistere e non solo di apparire. In qualche modo gli serve per avere una certificazione della propria esistenza. La seconda parte del film, che inizia come commedia e poi lentamente si scurisce, affonta un problema esistenziale e non narcisistico. Luciano cade nelle trappole del sistema generate dalla società dei consumi, chiunque, anche io, potrebbe incappare da un momento all'altro, per questo non ho voluto avere un approccio moralistico.

La bellissima sequenza iniziale, un lungo piano sequenza a seguire una carrozza che porta due sposi, suggerisce una dimensione quasi da fiaba...
Sì, tutto il film si muove tra una dimensione di realismo e una più fiabesca, sospesa. E lo portiamo avanti per tutto il film, questo confine tra sogno (o incubo) e realtà.

Hai parlato di commedia, quali sono stati i film che in qualche modo ti hanno ispirato?
Parlerei dei film tratti dalle commedie di Eduardo De Filippo come Matrimonio all'italiana di Vittorio De Sica, ma anche i film di Mario Monicelli e più in generale della meravigliosa commedia all'italiana.

Il film non sarebbe stato lo stesso senza un interprete come Aniello Arena. Come lo hai conosciuto?
Mio padre era critico teatrale e una delle compagnie che amavamo di più era La compagnia della Fortezza di Armando Punzo, compagnia di cui Aniello da ormai dodici anni è uno degli attori più importanti. Lo volevo già in Gomorra ma all'epoca il magistrato non ha dato il via libera. Per fortuna questa volta è andata bene.

E come avete lavorato insieme?
Abbiamo lavorato girando in sequenza, quindi Aniello ha seguito passo passo tutta la drammaturgia. Con lui il dialogo è stato sempre aperto e questo ci ha permesso di rendere al meglio tutti gli stati emotivi del personaggio. Come già detto, il film cambia direzione e da commedia diventa viaggio nella mente di un uomo che perde la propria identità.
Aniello Arena: quando arrivavo sul set parlavo parecchio con Matteo e cercavo di trovare la giusta emotività. Quando mi diceva che stavamo sulla strada giusta, sapevo che il personaggio stava diventando mio.

Matteo, come sei riuscito a non farti schiacciare dalle grandi aspettative dopo Gomorra? Matteo Garrone: non so come ho fatto, so solo che Reality nasce per questo motivo. Erano anni che subivo la pressione del successo di Gomorra, sentivo il peso e la responsabilità e volevo provare a fare un film per divertimento, per ritrovare leggerezza, creando un progetto che mi portasse in un territorio sconosciuto. Questo film mi è costato una grande fatica, ma sono stato felice di averlo fatto, perché è stato un'occasione per affrancarmi da Gomorra. I prossimi che farò non avranno più questa pietra di paragone e sarò libero.

Hai detto anche qualche 'no' a grosse produzioni americane...
Erano seduzioni. Magari a Los Angeles mi sarei perso e non sarei riuscito a girare il film (ride).

Abbiamo parlato del lavoro fatto con Aniello sul personaggio di Luciano, ma tutto il cast è semplicemente straordinario...
Questo è nato come film corale. Se avessimo sbagliato un solo personaggio sarebbero caduti tutti gli altri, per questo dovevamo trovare un giusto equilibrio senza cadere nel grottesco, e il tema era di per sé pericoloso. Era difficile riuscire a raccontare anche la tv senza imitarla, senza sfracellarsi. Fortunatamente il gruppo si è creato subito, sono diventati una famiglia e hanno continuato ad esserlo anche dopo le riprese. Sono convinto che fare il regista significa avere la capacità di creare il gruppo. Il cinema è un'arte collettiva e, nel bene e o nel male, se fai le scelte giuste sei ripagato. Il regista è responsabile per tutti e deve dividere i meriti.

Aniello, come ti ha trasformato il teatro? Aniello Arena: Mi ha fatto crescere. Tutte le sere, quando rientravo in cella dopo aver fatto le prove con la Compagnia, mi mettevo in discussione. Armando Punzo mi ha fatto capire cos'è la vita vera, mi ha fatto scattare qualcosa dentro. A teatro noi non siamo solo detenuti, siamo anche altro.

Hai vinto un premio molto prestigioso al Festival di Cannes e c'è la possibilità che Reality rappresenti l'Italia nella corsa agli Oscar. E' un pensiero che ti toglie il sonno?
Sostengo da sempre che i premi aiutano a valorizzare il film e a dargli visibilità nel mondo, ma so anche che ci vuole una buona dose di fortuna a ad incontrare nella sensibilità dei singoli giurati una sintonia con la propria idea di cinema. Se sarò fortunato e ci sarà una maggioranza di giurati vicina al mio modo di raccontare, bene. Altrimenti non fa niente. La casualità fa parte del gioco. Un'eventuale nomination sarebbe un grande riconoscimento, ma sinceramente spero che il film piaccia in sala. E' quella è la cosa più importante.

Secondo te la tv dei reality è in crisi?
Non credo. Anzi, più in crisi è il paese più si cerca di vincere il biglietto della lotteria.