Recensione Superstar (2012)

Quello che funziona meglio è il protagonista del film, il Kad Merad già visto nel celebre Giù al nord, qui bravissimo nel tratteggiare un uomo che banale lo è davvero e che con genuino smarrimento affronta una grottesca, paradossale, quasi kafkiana via crucis.

L'incredibile storia di un uomo banale

Martin Kazinski è un uomo di mezza età senza famiglia o amici e con un lavoro monotono. Quella che a molti potrebbe sembrare una vita vuota e insoddisfacente in realtà a Martin va benissimo così com'è; da tempo ha imparato che nella vita conviene puntare sempre un po' più basso così da evitare aspettative e delusioni. Quello che di certo non si aspettava, era di ritrovarsi improvvisamente e senza apparente motivo ad essere uno degli uomini più famosi di tutta Francia: fermato ed applaudito per strada ed in metro, rincorso da giornalisti e fotografi, per non parlare poi dei fastidiosi cacciatori di autografi, Martin non riesce a capacitarsi di quanto gli sta accadendo e tantomeno a opporvisi. L'unica cosa che riesce a fare è chiedersi il perché di tutto questo. E proprio perché ossessionato dal motivo dietro a questa storia surreale, Martin decide di andare in TV al solo scopo di capire cosa in realtà sia successo e soprattutto perché sia capitato proprio a lui. Una volta in diretta televisiva, però, un aggettivo fuori luogo ("banale") da parte del presentatore suscita ancora più clamore; in breve tempo Martin diventa il beniamino degli spettatori e di tutta la gente che in quel termine così poco politically correct si rispecchia in pieno, e i famosi quindici minuti di warholiana memoria per il nostro Martin si trasformano in un incubo senza fine.

Dopo essere stato due volte in concorso a Cannes (l'ultima volta nel 2009 con l'interessante À l'origine), il quarantenne regista francese Xavier Giannoli concorre per la prima volta per il Leone d'oro con Superstar, commedia satirica tratta dal romanzo Il privilegio di essere una star di Serge Joncour, che troppo poco velatamente critica i media, il nuovo (?) gusto per le pseudo celebrità senza arte né parte e soprattutto il popolo di spettatori e navigatori che con troppa facilità e rapidità è pronto ad esaltare e distruggere vite intere. Il soggetto non è certamente nuovissimo, lo stesso Woody Allen pochi mesi fa con Roberto Benigni ha proposto qualcosa di molto simile nel poco riuscito To Rome With Love, ma il problema principale della pellicola di Giannoli non è tanto nella mancanza di originalità, quanto nell'eccessiva insistenza con cui propone e ripropone il tema del film, finendo spesso con il girare a vuoto, ma anche soffermandosi spesso su immagini dal valore simbolico che però ben presto cessano di essere necessarie.

Quello che invece funziona benissimo è il protagonista del film, il Kad Merad già visto nel celebre Giù al nord, qui bravissimo nel tratteggiare un uomo che banale lo è davvero e che con genuino smarrimento affronta questa sua personalissima via crucis. Un viaggio quasi kafkiano che finirà quasi con l'annullarlo completamente ma che gli permetterà di conoscere la bella Fleur, una produttrice televisiva intepretata da Cecile De France che vede in Martin quasi un messaggero, un portatore di verità sulla TV spazzatura e sulla società in cui viviamo. Ci perdonerà Giannoli se a noi sembra semplicemente un ripetersi di concetti "banali" e spesso abusati; probabilmente non è il popolo del cinema, per di più d'autore, quello da convincere su certi argomenti.

Movieplayer.it

3.0/5