Jaume Balagueró torna sul grande schermo con il thriller Bed Time

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il regista spagnolo di Darkness, Nameless e del virulento Rec, in Italia per la promozione del suo nuovo film, un thriller teso e inquietante che si discosta molto dai suoi precedenti con una tendenza al classico.

Il male deve avere un fascino particolare per Jaume Balaguerò, la sua filmografia parla da sola. Anche nella sua nuova fatica, Bed Time (in originale Mientras Duermes), si parla del male, di quel male subdolo fatto persona che si insinua nelle vite degli altri col solo scopo di distruggere, di portare sofferenza e solitudine. L'atmosfera malsana in cui vive il protagonista di questa storia di malvagità si respira sin dai primi istanti del film e non si decide a mollare lo spettatore neanche dopo i titoli di coda. Cosa sappiamo dei nostri conoscenti? Siamo certi che le persone che hanno un ruolo minore nella nostra vita siano effettivamente delle brave persone? E soprattutto, cosa sanno loro di noi e della nostra sfera privata? Dubbi e sospetti che in maniera più o meno incalzante nascono nella mente di tutti noi quando abbiamo a che fare con persone che non ci sono amiche ma che siamo costretti a frequentare nella nostra quotidianità. Come possiamo difenderci da mali invisibili come l'infelicità cronica degli altri, l'invidia patologica e la negatività delle persone che in maniera diretta o indiretta fanno parte della nostra vita? E' quello che tentano di fare gli inquilini di un condominio di Barcellona senza riuscirci. Tutti ignorano che l'artefice del loro male sia César (un magistrale Luis Tosar), un portiere quarantenne che detta legge nello stabile e conosce per filo e per segno ogni movimento di cose e persone. Tutti lo salutano ma nessuno lo conosce veramente ed ha mai stretto con lui un legame amichevole al di fuori del lavoro. Ma mentre per tutti César è semplicemente il portiere, lui conosce a memoria e sin nei minimi dettagli le vite di tutti, soprattutto quella di una donna bella e giovane di nome Clara (Marta Etura) che non sospetta minimamente di essere il bersaglio delle sue malvagie perversioni, tanto meno sospetta che l'uomo di notte, mentre lei dorme, si insinui in casa sua e persino nel suo letto...
Durante l'incontro il regista ci ha parlato del cinema horror, della lavorazione del film, dei risvolti sociali e morali di questa storia ma anche dei suoi progetti futuri. Bed Time, tratto dall'omonimo claustrofobico libro thriller di Alberto Marini (collaboratore di vecchia data di Balagueró e anche sceneggiatore del film) sarà al cinema distribuito da Lucky Red dal 27 luglio prossimo.

Non si può ignorare il sottotesto sociale che si può leggere tra le righe dopo la visione del suo film e cioè il contrasto assai spiccato tra le classi sociali. Forse l'infelicità cronica di cui è preda il portiere deriva anche da un suo complesso di inferiorità rispetto alla classe borghese che abita lo stabile in cui lavora?
Sicuramente sì, questo è senz'altro uno degli elementi di contrasto più importanti tra lui e il mondo che lo circonda. Lui ha una vita misera, scarna, buia e vedere sul volto degli altri la serenità e l'ottimismo non fa che aumentare la sua insoddisfazione. Non è questo l'aspetto principale che mi interessava approfondire ma di certo è un elemento importante che aiuta a capire e a descrivere le dinamiche che regolano la vita nel condominio, un ambiente che mi piace individuare con la definizione di microcosmo.

Ma il male non sta solo in César, c'è paradossalmente anche una bambina perfida e ricattatrice a far da contraltare ad un cattivo così tanto cattivo. Qual è stato il suo approccio con lei sul set? Come le ha spiegato che avrebbe dovuto interpretare un personaggio così negativo?
Il male che si annida nell'anima di César non viene mai spiegato, viene fatto apparire quasi naturale agli occhi dello spettatore ma la cosa che più mi affascinava di questo aspetto era l'idea che un uomo così malvagio fosse tenuto sotto scacco da una bambina così piccola con ricatti e minacce. Mi sembrava un gioco interessante, un meccanismo affascinante da mostrare allo spettatore, come a sottolineare la non invincibilità del famoso orco delle favole...

Torna il condominio, un'ambientazione in uno spazio chiuso con il male che vi si annida dentro distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino. Una tematica che è piuttosto ricorrente nei suoi film...
Credo che sia soltanto una coincidenza, anche quando ho girato Rec e Rec 2 mi hanno fatto la stessa domanda. La risposta che mi viene in mente potrebbe essere che provo una certa fascinazione nei riguardi dei microcosmi, piccoli mondi chiusi che spesso ho usato nella mia filmografia per raccontare i personaggi delle mie storie. La verità più spicciola è invece quella che in una location ristretta si tiene meglio controllo la produzione e si abbattono i costi (ride). Devo dire che quando ho letto il romanzo di Alberto Marini ne sono rimasto folgorato, poi quando ho realizzato che anche questa storia era ambientata in un condominio ho cominciato a pensare ad una persecuzione (ride).

Qual è il punto focale del romanzo che le ha fatto scoccare la scintilla e decidere di farne un film?
Sicuramente è stato un fatto emozionale, quello che provato durante e dopo la lettura del libro è stato qualcosa di asfissiante e di molto coinvolgente. Ero molto affascinato dal conflitto morale che il personaggio è capace di scatenare nello spettatore che si ritrova più volte a parteggiare per César e quindi per il male, senza capirne bene il motivo. Ho pensato sin da subito che sarebbe stata una grossa sfida dal punto di vista registico, mi intrigava questo dover cercare la chiave giusta per raccontare una storia dallo schema narrativo piuttosto classico in un modo accattivamente e socialmente attuale. In Bed Time lo spettatore è quasi obbligato a partecipare a questo gioco pericoloso tra César e il mondo, nella parte iniziale del film soprattutto; poi si arriva al male vero, alla morte, al sangue ed é in quel momento ci si pone il problema e ci si rende conto che si sta tifando dalla parte sbagliata.

Qual'è il suo punto di vista sull'infelicità? Pensa che possa essere una sorta di malessere congenito?
Penso che sia piuttosto l'incapacità di essere felici ad essere una patologia clinica perché a mio avviso è qualcosa di totalmente contro natura, qualcosa che travalica le emozioni primarie dell'essere umano. Penso che tutti prima o poi nella vita ci chiediamo "siamo felici o no?" e tutti abbiamo dei dubbi nel dare una risposta. Chi di noi non ha mai sperimentato una soddisfazione negli insuccessi di qualcuno che non ci sta simpatico? Questo aspetto è ovviamente portato all'estremo nel film e ben altra cosa è causare infelicità degli altri per alleviare la propria. Quel che voglio dire è che in forma minore tutti abbiamo provato un sentimento paragonabile a quello che prova César, e ritengo che ai minimi livelli è da considerarsi assolutamente normale.

In Bed Time c'è un salto di qualità notevole a livello registico rispetto ai suoi film precedenti, qual è stato dal suo punto di vista il cambiamento più significativo nel suo modo di lavorare che ha portato a questo risultato?
Ogni progetto è diverso dall'altro, ogni film richiede un modo di dirigere diverso perché è la storia ad essere diversa. Anche Rec non aveva nulla a che vedere con i miei film passati ed è considerato come un elemento di rottura. La verità è che la storia di Bed time richiedeva una concentrazione maggiore, diversi movimenti e diversi emozioni erano in ballo, la suspense è altissima e c'è anche un diverso coinvolgimento dello spettatore. A fare la differenza anche il fatto che per la prima volta mi occupo di un film basato su un solo personaggio, un elemento fondamentale per costruire la regia, un esercizio complesso per un regista che andava calcolato nei minimi dettagli.

Il suo prossimo film sarà dunque il quarto capitolo della saga di Rec intitolato Rec 4 Apocalypse, è per questo che ha ceduto a Paco Plaza il terzo capitolo Rec 3 Genesis?
Sì (ride), il quarto lo farò io da solo e lui si è preso il terzo, ci siamo divisi i compiti semplicemente per darci la possibilità di lavorare anche ad altro e non fossilizzarci per anni e anni solo su virus e zombie.