David Fincher a Roma presenta Millennium - Uomini che odiano le donne

Abbiamo incontrato a Roma il regista di Denver candidato all'Oscar l'anno scorso per The Social Network, autore della trasposizione americana di Uomini che odiano le donne, il best seller di Stieg Larsson già al cinema nel 2009 per mano del danese Niels Arden Oplev.

Dark, violento, elegante, avvincente, ricco di emozioni. La versione cinematografica di Uomini che odiano le donne firmata da David Fincher (titolo originale The Girl with the Dragon Tattoo) è un viaggio nei meandri della corruzione, della perversione e dell'inganno ma è soprattutto un'esperienza avvincente che riesce con un tocco marcatamente dark e una strabiliante potenza emotiva a raccontare i delicati equilibri che si instaurano nei rapporti tra uomini e donne. E' toccato al pluripremiato regista di The social network, Seven e Fight Club il difficile compito di raccontare per immagini al pubblico americano l'intricata e torbida storia concepita e ambientata nella fredda Svezia che su carta ha fatto il giro del mondo con 65 milioni di copie vendute per la trilogia di Millennium in 46 paesi, ma che su pellicola ha avuto una diffusione piuttosto limitata. Interpretato da un tenebroso brit Daniel Craig, che veste i panni del giornalista Mikael Blomkvist, e dalla bravissima attrice americana Rooney Mara, vera rivelazione del film nel ruolo dell'indomita investigatrice hacker tutta tatuaggi e piercing Lisbeth Salander, il film ha rappresentato per Fincher una sfida inedita perchè per la prima volta il regista si è trovato a raccontare in profondità un personaggio femminile, una ragazza poliedrica, combattiva, dalla lucidità impressionante, una vittima dal passato difficile che si trasforma improvvisamente in una sorta di guerriera vendicatrice di tutte le donne perseguitate. Questo è quello che ci ha raccontato David Fincher sul suo Millennium - Uomini che odiano le donne dopo aver precisato in maniera divertente tramite una nota scritta di suo pugno sul pressbook che "si augura di conquistare il pubblico ma se ciò non accade non dipende certo dalla mancanza d'impegno da parte sua".

Perchè ha deciso di lanciarsi in una nuova trasposizione a così breve distanza dal primo film tratto dal romanzo di Larsson, uscito nel 2009?
David Fincher: In realtà non l'ho deciso io, o meglio l'ho deciso io, ma solo perchè mi è stato chiesto di farlo. Non ero di certo nuovo a storie di questo tipo che parlano di assassini seriali, di violenza e di perversione ma ero del tutto entusiasta all'idea di cimentarmi in una storia che approfondisse un rapporto complicato tra una ragazza di ventiquattro anni ed un uomo adulto, due personaggi assai ben rappresentati nel libro di Larsson, un romanzo che ho molto amato. Mi intrigava molto provare a raccontare a modo mio la relazione tra i due, due individui così complessi ma diversi tra loro. Era una cosa che non avevo mai fatto e che non vedevo l'ora di fare con in mano la storia giusta.

I titoli di testa del film sono molto particolari, dove ha preso l'ispirazione?
Sono un omaggio a Maurice Binder, il creatore di molte delle sequenze dei titoli di testa dei film più celebri di James Bond a partire dagli anni '60, un vero genio. Volevo che essi rappresentassero più di ogni altra cosa il punto di vista di Lisbeth sul rapporto uomo/donna, volevo che rappresentare al meglio i suoi incubi e le sue debolezze, ma soprattutto la sua oscurità.

Qual è stata la cosa più difficile da trasporre dal libro al film?
La cosa più complicata è stata sicuramente riuscire a fare le scelte giuste in modo da concentrare in un film di due ore e mezza abbondanti l'essenza di una storia raccontata in 600 pagine di cui 450 sarebbero per forza di cose state metaforicamente buttate nel cestino. Una delle scene più difficili da girare è stata quella dell'inseguimento finale, primo perchè per sua natura è complicato riprendere una moto che insegue una macchina a grande velocità di notte, secondo perchè lo devi fare ad una temperatura rigidissima con un clima che è di molti gradi sotto lo zero.

Sicuramente tra i suoi film precedenti è Zodiac ad essere quello più vicino per genere a Millennium, essendo anch'esso un thriller investigativo su un serial killer. Cosa la affascina di più di questo genere? Quali sono secondo lei le differenze sostanziali, se ce ne sono, tra i due film?
Questo è molto più pulp rispetto a Zodiac a mio avviso ed è per questo che lo considero molto di più un film di genere, mentre Zodiac non saprei nemmeno catalogarlo. La cosa più interessante in quest'ultimo è che i personaggi corrono dietro alla verità ma alla fine non rimangono mai soddisfatti dalle risposte che ottengono durante l'evoluzione della storia. In Millennium - Uomini che odiano le donne invece si respira sin dall'inizio la sensazione che il colpevole prima o poi non solo verrà scoperto ma verrà anche punito a dovere per quel che ha commesso. La differenza sostanziale però sta nel fatto che i due protagonisti qui riescono insieme a trovare la soluzione del mistero e contemporaneamente anche a trovare una via d'uscita dal tunnel psicologico in cui si erano rintanati.

Quando ha capito che Rooney Mara era l'attrice giusta per vestire i panni dark di Lisbeth Salander?
Quando abbiamo iniziato il casting abbiamo allestito degli uffici di selezione in tutto il mondo senza accorgerci minimamente che l'attrice giusta l'avevamo non solo 'in casa' ma sotto il naso. In quel momento infatti stavo ancora terminando le riprese di The social network e lei era nel cast in un piccolo ma significativo personaggio. Rooney è stata l'unica attrice americana a fare il provino ed è stata obiettivamente la migliore di tutte, solo che quando lanci una rete in uno spazio così ampio alla fine raccogli tante possibilità che devi comunque valutare. In The Social Network interpretava un personaggio che era l'esatto contrario di Lisbeth, ad un certo punto le ho chiesto: "riesci a fare l'opposto di quello che hai fatto finora?", la sua risposta è stata sempre affermativa, ha superato le tantissime prove che le abbiamo posto di fronte, non ha mai mollato e dopo alcune settimane abbiamo capito che era veramente disposta a fare di tutto per avere la parte. Non abbiamo saputo né voluto più resisterle...

Negli anni lei ha dimostrato di essere più affascinato dai personaggi che dalle storie, quelli dei suoi film sono sempre molto ben delineati, originali, particolari e psicologicamente perfetti. Cosa deve avere una storia per colpirla?
Io sono interessato ai personaggi in quanto parti integranti di una storia ben congegnata. Per me una storia è una somma di eventi cronologici che si amalgano alla perfezione con la caratterizzazione dei personaggi che la portano avanti, con la loro psicologia, con il tema di fondo che avvolge tutto dando un senso compiuto al tutto. L'importanza dei particolari è fondamentale per me perché solo così riesco ad attirare l'attenzione dello spettatore. Mi piace raccontare quello che succede, il come, il perché, chi fa questa cosa chi ne fa un'altra per un altro motivo, mi piace studiare nei dettagli cosa indossano i protagonisti, che luce trasmettono, cos'hanno in mano. Mi piace moltissimo studiare in modo particolareggiato l'ordine in cui tutto si concatena, ma merita un occhio di riguardo il punto di vista da cui io voglio far vedere gli avvenimenti. Provo in tutti i modi a coinvolgere il pubblico e a fare in modo che esso sospenda il giudizio fino all'istante finale. In una storia entrano in gioco tantissimi elementi e io personalmente mi sento come un giocoliere che guarda le sue biglie volteggiare in aria e le riafferra sempre in maniera diversa da come le ha lanciate.

A cosa sta lavorando in questo momento? Ci saranno i due sequel americani del film? Sono già in preparazione?
Attualmente sto lavorando ad uno show televisivo (la serie drammatica House of cards, con Kevin Spacey e Robin Wright, attrice che compare anche nel cast di Millennium - Uomini che odiano le donne nel ruolo del caporedattore della rivista Millennium), per quel che riguarda i sequel non ne ho idea, immagino che questa sarà una decisione che prenderanno i produttori.

In ultima battuta, ha mai pensato di mettersi alla prova con una commedia o con un film per famiglie?
E pensare che io ho sempre pensato che Fight Club fosse una commedia (ride), quindi pensavo di aver già dato. Ho una concezione un po' particolare sui film per famiglie, con mia figlia ad esempio ho visto al cinema tanti film diversi, da L'esorcista a Transformers.