Recensione Clip (2012)

Vincitore nel 2012 al Festival di Rotterdam, il lungometraggio d'esordio della regista serba Maja Milos esce ora in sala grazie alla neonata distribuzione di Il Kino: un ritratto dolente e disturbante su una quattordicenne autodistruttiva.

La ragazza che amava troppo

Per un film come Clip - vincitore nel 2012 al Festival di Rotterdam e distribuito in Italia da Il Kino a partire dal 13 dicembre - è inevitabile pensare a Spring Breakers - Una vacanza da sballo di Harmony Korine, visto lo sguardo che entrambi i film posano su delle adolescenti votate al sesso e alla droga e dimentiche di un'infanzia appena passata. Eppure, là dove Korine arrivava a fare un ritratto acido di un'America luccicante e dis-umanizzata descrivendo dei personaggi volutamente di superficie perché ormai inevitabilmente proiettati in un'altra dimensione (quella dell'edonismo che sostituisce la legge e arriva a regolarla), Maja Milos - trentenne regista serba esordiente al lungometraggio - con Clip ci proietta ben presto nel singolo ritratto di una ragazza, Jasna, in cerca di qualcosa di diverso, dell'amore e di un sicuro rifugio familiare.


La regista evita ogni forma di moralismo sulla condotta della sua protagonista (che passa dalla droga al sesso orale nel bagno della scuola), incollandosi addosso a lei, beandosi della sua bellezza ma allo stesso tempo suggerendone ogni debolezza caratteriale. La scena è interamente occupata infatti, dall'inizio alla fine del film, dalla splendida Isidora Simijonovic (effettivamente quattordicenne al momento delle riprese), che gioca intorno al suo personaggio costruendolo su una serie di contrasti: fiera e servile, icona sexy e bambinetta spaventata, cinica e innamorata, gelida e sentimentale; contrasti che però, grazie alla straordinaria interpretazione della Simijonovic, non sono vissuti come tali ma, in qualche modo, riescono a convivere tra loro come in un inestricabile coacervo di personalità.

In tal senso, l'ossessione della protagonista per le "clip" che danno il titolo al film, brevi video osé che gira da sola o con delle sue amiche o con il suo ragazzo, non valgono assolutamente come riflessione autoreferenziale sul mezzo da parte della Milos, quanto invece come esibizione performativa del corpo adolescenziale, come ossessa esposizione del sé, come scenografia irreale e insistita di una vita in realtà inesistente.
Porno domestici in cerca dell'osceno, queste clip in realtà provano a nascondere, nelle intenzioni non verbalizzate della protagonista, il vero osceno, la sua vita quotidiana, spersa in una abbrutente periferia (quella di Belgrado), in una scuola in cui i ragazzi comunicano a pugni, in una casa povera con un padre precocemente malato. Ecco che allora il vero orrore, la vera oscenità emerge in quei momenti in cui Jasna riprende con un iniziale divertimento, invece del suo corpo perfettamente modellato, gli interni fatiscenti del suo appartamento e i corpi e i volti sfatti dei suoi familiari o una bambina che viene provvisoriamente affidata alle sue cure (la sequenza nell'orfanotrofio è forse la più drammatica dell'intero film, il vero buco nero in cui Jasna trova e rivive tutte le sue paure e gli orrori per un vita senza legami e senza rapporti).
Cominciata come una esibita storia di sesso poi, la relazione che Jasna instaura con Djordje, un suo compagno di scuola, diventa allora nella sua immaginazione l'unico possibile appiglio a un qualcosa che possa divenire un rapporto normale. Approdo che però il suo compagno rifiuta con disprezzo e che lei invece continua a inseguire, come un cagnolino disperato in cerca del completo annullamento del sé e dell'autodistruzione.
Il processo di autodafé di Jasna, proprio perché portato alle estreme conseguenze, diventa metafora di un doloroso auto-dissolversi di una società, quella serba che, persa ogni illusione imperialista ("il Kossovo è della Serbia", urla uno degli studenti), è diventata l'orribile periferia di un'Europa senza centro e senza direzione. Invece di un grido lacerante, Clip è uno sconvolgente processo di auto-implosione, uno dei ritratti femminili più belli, sinceri e dolorosi di questa stagione, forse paragonabile al solo Blue Jasmine di Woody Allen.

Movieplayer.it

4.0/5