City Hunter, la recensione: un film live action che omaggia il manga e l’anime

La recensione di City Hunter: il film live action che adatta il celebre manga va necessariamente preso come un omaggio all'insegna dell'intrattenimento. In streaming su Netflix.

City Hunter, la recensione: un film live action che omaggia il manga e l’anime

Non viviamo solo in un periodo storico di reboot e remake, ma anche di adattamenti da un medium ad un altro. In special modo per la cultura nerd, trasportando manga e fumetti sotto forma di live action, con attori in carne ed ossa. Alcune trasposizioni partono però già svantaggiate, poiché un manga permetterebbe le più disparate follie pur rimanendo assolutamente realistico nella sospensione dell'incredulità richiesta. Soprattutto considerando un lungometraggio che poi arriva sul grande schermo. Il discorso si fa ovviamente diverso, ma in questo potrebbe aiutare l'essere stato pensato per Netflix e non per la sala cinematografica, come nel caso di City Hunter, che raccontiamo nella nostra recensione. L'occasione? Il 35° anniversario che non ha portato solamente l'anime Angel Dust al cinema, ma appunto anche questo ultimo live action approdato in streaming.

Una trama che guarda alle origini

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City Hunter: Misato Morita e Masanobu Ando nella scena al ristorante

La trama di City Hunter viene dal manga di Tsukasa Hōjō e dalla serie anime successiva: Ryo Saeba (Ryohei Suzuki), tiratore dalla mira infallibile, tanto abile nel proprio lavoro di detective privato quanto playboy impenitente con l'altro sesso, perde improvvisamente il socio Hideyuki (Masanobu Ando), fratellastro della giovane Kaori Makimura (Misato Morita) subendo un attacco da una misteriosa organizzazione che sta diffondendo un virus in città. Star del quartier Shinjuku di Tokyo, Ryo deve imparare a bilanciare i vari aspetti della propria vita mentre corre dietro a qualsiasi gonna gli si presenti davanti, e mentre istruisce e protegge Kaori, che vuole scoprire la verità sulla morte del fratello e ne vuole vendicare l'assassinio.

City Hunter: perché è uno shōnen anime che ha fatto la storia

Un neo-noir direttamente dagli anni '80

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City Hunter: una sequenza action del live action Netflix

City Hunter, merito forse del genere noir a cui si rifà unito all'action orientale che all'epoca diede una marcia in più ed un carattere peculiare agli shōnen, non ha su Netflix l'effetto cosplay di Cowboy Bebop e, per alcuni, di One Piece. Anche in quest'ultimo adattamento si mescolano i generi, tanto nel racconto quanto nella messa in scena, con delle acrobazie action abbastanza rocambolesche e spettacolari, volte a sensazionalizzare i momenti come faceva l'anime. Anche la caratterizzazione dei personaggi mantiene quello spirito, essendo eccessivamente sopra le righe, con momenti comici e battute sardoniche spesso inserite per smorzare la tensione, proprio come accade di solito negli anime. In un live action l'effetto non è esattamente lo stesso ma se lo si guarda nell'ottica del contesto in cui è realizzato acquista un proprio senso, e secondo noi con questo City Hunter ci troviamo in quella situazione. Non manca nulla tra easter egg e omaggi, compresa l'automobile del dinamico duo e il martellone di Kaori, che ha fatto la storia e che la ragazza utilizza per redarguire il socio quando si comporta troppo da dongiovanni (vi lasciamo scoprire l'escamotage di dove lo troverà guardando il film, omaggiando la cultura nerd).

Personaggi sopra le righe

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City Hunter: Ryohei Suzuki in una scena

È proprio qui che si fa molto sottile la linea tra realismo e imitazione, omaggio e parodia, anime e live action: gli interpreti dimostrano di saper bilanciare i diversi toni del racconto, nonostante il rischio del proverbiale salto dello squalo si sfiori più volte. Ryohei Suzuki è un Ryo Saeba convincente, così come gli altri interpreti (forse un po' meno quella di Kaori, anche se ancora deve diventare quella giovane donna determinata che tutti conosciamo); su tutti sorprende Masanobu Ando nei panni del defunto socio da cui parte l'origin story dei City Hunter che verranno.

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City Hunter: Misato Morita è un'ancora ignara Kaori

C'è quello che diventerà il quartier generale di Ryo e Kaori. C'è la femme fatale di turno il cui caso mette in pericolo entrambi i protagonisti, Kurumi, una famosa cosplayer (altro omaggio alla cultura nerd). C'è la ricerca della verità sulla morte di Hideyuki e delle misteriose trasformazioni che stanno colpendo diversi abitanti in città che acquisiscono strani poteri di forza bruta e abilità ginniche potenziate. E c'è una misteriosa organizzazione, come da copione, dietro a tutto che opera nell'ombra ed è proprio nella sua crudezza che il live action acquista spessore, portando plot twist ben assestati e morti anche inaspettate, per ricordare come nessuno sia davvero al sicuro e questo non sia un gioco. Nota finale: diretto da Yūichi Satō, il film è ambientato ai giorni nostri, quindi ha dovuto attualizzare stilemi e caratteristiche, e andando su una piattaforma sempre attenta ad alcuni temi, ha in parte edulcorato la sfumatura "stalker" del protagonista, adattandola ad una più stretta contemporaneità. Ciononostante, nel complesso c'è tutto quello che serviva per celebrare City Hunter.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di City Hunter, il film live action su Netflix, confermando come si tratti di un bell’omaggio che intrattiene e restituisce gli intenti dell’opera originale, ma bisogna fermarsi lì e non cercare qualcosa di più. Ha tutti i limiti dell’adattamento in carne ed ossa del 2024 in cui si cerca di edulcorare e attualizzare qualcosa di storico e così legato agli anni ’80 e ’90.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.7/5

Perché ci piace

  • Ryohei Suzuki, carismatico e bravo nelle scene action, ma soprattutto Masanobu Ando.
  • L’origin story, il caso e l’agenzia segreta.
  • L’omaggio ai generi e alla serie originale.

Cosa non va

  • Misato Morita non convince totalmente come Kaori.
  • Corre tutti i rischi dell’adattamento live action, comprese le esagerazioni e l’effetto cosplay, anche se riesce ad evitarlo.