Napoleon, la recensione: il kolossal epico (e grottesco) di Ridley Scott

La recensione di Napoleon, nuovo film sul Primo Imperatore di Francia con protagonista Joaquin Phoenix: intellettualmente ambiguo, storiograficamente preciso, dal tono schizofrenico ma esteticamente sontuoso e memorabile.

Napoleon, la recensione: il kolossal epico (e grottesco) di Ridley Scott

Figura ambigua e complessa, quella di Napoleone Bonaparte. Le informazioni sul politico e condottiero francese sono molte e spesso contraddittorie, ai limiti dell'infodemia storica, con tante prospettive differenti e in un continuo ciclo di conferma e negazione reciproca. Basso di statura o nella media, era un tiranno o un pacificatore, ansioso oppure stoico: dipende da chi lo racconta, dal modo in cui lo fa, da cosa rappresenta Napoleone dal punto di vista del narratore di turno. E per quello anglosassone, ca va sans dire, il Primo Imperatore di Francia fu uno degli incubi più terrificanti della Storia Contemporanea, l'uomo che "da solo" mise in discussione la geopolitica del Vecchio Continente, riformandola con la penna ma soprattutto con la spada, e abbattendo ogni certezza di dominio, controllo e sicurezza dei britannici.

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Napoleon: Joaquin Phoenix in una scena del film

Certo, molti elementi storiografici non possono essere cambiati a seconda del contesto, adamantini e scolpiti nel Tempo da documenti e testimonianze, ma è la figura ad essere sfumata, la sua tempra, il suo privato, il suo carattere. Ed è qui che entra in gioco il cinema, che partendo da una specifica prospettiva concettuale e tenendo comunque in conto le verità incontrovertibili sul personaggio, sceglie di operare un racconto focalizzato su parti specifiche della storia, ri-elaborandola in finzione filmica per mostrare passaggi e dettagli inerenti una precisa volontà traspositiva. In questo senso, l'ultimo e atteso Napoleon di Ridley Scott, al cinema dal 23 novembre, fa qualcosa di curioso, come vi racconteremo in questa recensione: non centra il tono della narrazione per adattarla al Napoleone che di minuto in minuto sceglie di mostrare.

Uno, nessuno, centomila

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Napoleon: una scena del film

A firmare la sceneggiatura del film troviamo David Scarpa, già autore per Scott di Tutti i soldi del mondo e del prossimo Il Gladiatore 2. Attivo nel revisionismo storico di carattere ucronico con The Man in the High Castle (tratto però dal lavoro di Philip K. Dick), Scarpa ha una concezione del ritratto biografico di carattere satirico, poco incline a descrivere i fatti con distacco e prendendo invece posizione sulla personalità e i tratti più equivoci (e dunque trattabili) ma insieme affascinanti dei personaggi che racconta. Un bene e un male allo stesso tempo, per questioni cinematografiche e di onestà intellettuale. Il suo Napoleone è quel genio, stratega, sciupafemmine e tiranno mitizzato nell'immaginario comune eppure reso politico di poco intuito (e sempre aiutato da altri), maschio tossico e possessivo e "uomo della provvidenza divina" nella stesura scarpiana. È tutto e il contrario di tutto, di posizione e opposizione, fragile e bisognoso nel privato, forte e autoritario agli occhi di nemici e alleati. Si addormenta mentre parla con Paul Barras (Tahar Rahim), Napoleone, e non trattiene sorrisi e commenti retorici quando gli chiedono di riconquistare Tolone, di diventare Primo Console, di essere nuovo sovrano di Francia.

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Napoleon: Joaquin Phoenix in una foto del film

Lui, che veniva da una famiglia della minuscola nobiltà corsa, cresciuto tra aristocratici di rango e forte delle sue "umili" origini, tanto da divenire un rivoluzionario, combattere nel Terrore e accettare anche il compito più sgradito per amore della Francia e del proprio destino. È come se Scarpa volesse raccontare le mille sfumature del condottiero e sovrano dando per scontata la sacralità della sua ascesa, rimettendo in capo all'interpretazione ottima ma non sofisticata di Joaquin Phoenix una divertita e silenziosa arroganza tipica dell'uomo che sarà - nella vittoria e persino nella sconfitta - ma non dell'uomo che era ed è lungo tutta la grammatica narrativa. Risulta però chiara la comunicazione del progetto con la riconcorsa compulsiva di tutti quei sostantivi, che dicono tutto senza dire poi nulla nello specifico.

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"Francia, esercito, Giuseppina"

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Napoleon: Joaquin Phoenix durante l'iconica incoronazione dell'Imperatore

È nelle ultime e famose parole di Napoleone che si cela comunque l'intenzione cinematografica del film. "Francia, esercito, Giuseppina": erano questi i capisaldi napoleonici. Per il suo paese prese decisioni terribili (come quella di sparare sulla folla durante le rivolte dei realisti), guidò il suo esercito in campagne trionfali e amò più di tutte Giuseppina de Beauharnais, interpretata nel film da un'imperturbabile Vanessa Kirby. Il paradosso è che, al netto di una centralità evidente nella grammatica del racconto, la donna viene in realtà messa spesso in secondo piano nonostante sia presentata con un'aura di regale santità. È descritta invece come traditrice e fonte di vergogna e disonore per Napoleone (che tradiva comunque a sua volta, da vero donnaiolo impenitente) e costantemente oggettivata, resa strumento del sesso per l'Imperatore. Anzi, è proprio in questi siparietti privati che emerga la natura più grottesca, satirica e a volte infelice del progetto, perché anche Napoleone è reso goffo e sbrigativo amante, poco incline al dialogo, inebriato di passione come un toro da monta.

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Napoleon: un'immagine del film

Ma Giuseppina diventa ancora più oggetto quando è il momento di dare un erede al marito, per lei impossibile. Ed è qui che la parte si fa in realtà più interessante e la Kirby può sbocciare nella sua bravura interpretativa, dando grazia, forza e sensibilità a un personaggio destinato al sacrificio per il bene della Francia, ennesimo agnello d'altare per l'Uomo della Provvidenza. Da considerare inoltre la parte epistolare del racconto, con scambi di lettere e punti di vista di un machiavellico Napoleone e di un'afflitta Giuseppina, le loro verità, le loro bugie, i loro sentimenti.

Tre atti

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Napoleon: Joaquin Phoenix di fronte alla Sfinge

Tutto quanto detto finora è narrato con tono schizofrenico, scostante, a volte coadiuvato da scelte di montaggio del tutto opinabili (soprattutto alcune sfumature in bianco) e pezzi del racconto persino fondamentali che vengono messi da parte off screen (pensiamo soprattutto al fratello Giuseppe). Guardando alla prospettiva anglosassone e all'impossibilità - quasi oggettiva - di mostrare un Napoleone storiograficamente e notoriamente univoco, il film funziona in quanto lettura cinematografica esaltata e kafkiana del Primo Imperatore di Francia. Non si approccia alla sua figura con spirito documentarista né pretende per un istante di volersi soffermare su di un Napoleone già noto o già visto. Quello di Scott è il Napoleone che racchiude tutti i napoleoni e non accetta nemmeno il confronto (ha detto il regista degli storiografi: "Mi criticano per la precisione? Gli rispondo che non possono sapere nulla perché non erano lì"), che segue un rigido percorso di ascesa, affermazione e caduta e che in questa compartimentazione trova la sua esatta dimensione filmica cadenzata in tre atti.

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Napoleon: un momento del film

Per questo dopo la presa del forte di Tolone non vengono mostrate le conseguenze della sua amicizia con Robespierre; si dimentica totalmente la Campagna d'Italia (con la decisiva Battaglia di Marengo al seguito); si mostra solo la fine della Campagna d'Egitto e non vediamo le ribellioni interne prima dell'esilio all'Isola d'Elba. Semplicemente, non erano elementi e passaggi adeguati ai diversi momenti del racconto, che avrebbero dato un'idea molto meno suggestiva di Napoleone come essere provvidenziale, o fortunato o sfortunato, tant'è che persino il risaputo tentativo di suicidio con l'arsenico è completamente rimosso dalla storia (un suicida non può essere riconosciuto dalla bontà divina).

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Il predominio dell'estetica

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Napoleon: una scena di battaglia vista dall'alto

Dove Napoleon funziona, coinvolge e sorprende senza particolari riserve è però nell'estetica, nella meravigliosa cinematografia dell'ormai feticcio Darius Wolski e nella regia delle battaglie di Ridley Scott. Nel primo caso, il direttore della fotografia si rifà a molti dipinti dell'epoca, a quelle luci, a quelle scelte compositive, citando anche direttamente il neoclassico Jacques-Louis David nella scene dell'Incoronazione di Napoleone o Francois Bouchot per quanto riguarda il subbuglio nel Consiglio dei Cinquecento. Nella regia d'azione c'è poi epica visiva e contenutistica, e una ricerca del giusto compromesso in grado di bilanciare verità storica, genio strategico-militare e potenzialità cinematografiche del prodotto. La presa di Tolone è il momento che segna il primo vero successo di Napoleone, per questo narrata sin dal momento della sua preparazione. In pieno rispetto dei tre atti sopra citati, Tolone rappresenta l'ascesa del personaggio, mentre altre due importanti battaglie segnano affermazione e caduta. Quella di Austerlitz, ad esempio, è la battaglia centrale e più bella del film, pensata quasi fosse un gelido horror-psicologico tra attesa e attacco.

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Napoleon: una foto del film

Dipinta con tinte invernali e notturne, l'intera sequenza è un'opera davvero magistrale anche nel registro di Scott, per epica e struttura, per ritmo e inquadrature. Certo, anche qui, la ripiegata della Coalizione verso il lago ghiacciato non è confermata come reale strategia di Napoleone, ma viene mostrato tutto e reso nel miglior modo possibile, avvincente ed entusiasmante. Non manca infine la Battaglia di Waterloo, trasposta con una grandeur cinematografica superlativa ed elaborata sull'attesa, determinante nella definitiva caduta di Napoleone. È anzi qui che l'orgoglio anglosassone si fa ancora più forte grazie alla guida del Wellington di Rupert Everett, che improvvisamente diviene l'eroe del film con Napoleone tirannico oppressore guerrafondaio abbandonato da Dio e dalla fortuna.

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Napoleon: una scena d'azione del film

Colui "che aveva risollevato la corona di Francia dal fango" non accetta gli errori altrui (e quelli dei suoi luogotenenti sono confermati dalla storia) ma non ammette neanche i propri (non lo fa in Egitto, non lo fa in Russia, non lo fa nella disfatta totale). Non gli viene riconosciuta la dignità nella sconfitta e, anzi, gli inglesi autoincensano le proprie azioni, censurando l'infame tradimento della parola data a un Napoleone arresosi e consegnatosi e il trattamento subito a Sant'Elena da Hudson Lowe, "duro e tirannico carceriere" dell'ex-sovrano nel suo ultimo esilio. In definitiva, un film magniloquente e nevrastenico che tra epica e grottesco prova a raccontare il controverso mito di Napoleone, in buona parte.

Conclusioni

Napoleon non è il film che ci aspettavamo, ma qualcosa di più complesso e non per forza di cose in positivo. Manca soprattutto d'onestà storiografica e percorre la strada del dipinto cinematografico in prospettiva (quella anglosassone), raccontando di fatto i tanti, controversi e contradditori volti dell'imperatore, condottiero e conquistatore senza centrarne mai realmente nessuno, esattamente come per il tono del kolossal, che spazia tra satira, epica e grottesco senza mai stabilizzarsi realmente. Ottime senza essere ricercate le interpretazioni del cast, ma dove Napoleon sorprende è nell'estetica della fotografia e nella regia delle battaglie, nella mirabolante confezione e intelaiatura del comparto artistico e visivo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • Un film di respiro cinematografico portentoso, un kolossal nel vero senso del termine.
  • Da Tolone ad Austerlin e fino a Waterloo, ogni battaglia ha un suo preciso scopo e una sua chiara identità concettuale.
  • La regia d'azione di Ridley Scott è ai massimi livelli...

Cosa non va

  • ... Meno impattante quella drammatica.
  • La scrittura di David Scarpa non può dirsi del tutto onesta in senso storico.
  • Il tono è del tutto incontrollato.