Man Down: Shia LaBeouf va alla guerra nel dramma di Dito Montiel

Man Down è tutt'altro che perfetto, ma la carica vitale e la sincerità contenuta nel film traspaiono da ogni inquadratura rendendo la visione sorprendente.

L'eclettismo ha portato Dito Montiel a sperimentare differenti carriere artistiche. Musicista hardcore punk, romanziere e infine regista, Dito ha trasportato questo stesso eclettismo nella sua esplorazione dei generi cinematografici. Giunto al sesto film, il regista ha all'attivo un dramma autobiografico, un action, un crime movie, un poliziesco e il recente Boulevard, dramma intimo completamente fuori dai canoni del suo cinema ruvido e violento che vede il grande Robin Williams in una delle sue ultime interpretazioni.

Man Down: una scena di combattimento tratta dal film
Man Down: una scena di combattimento tratta dal film

Con Man Down, Montiel cambia ancora registro confezionando un war movie post-apocalittico che nasconde più di una sorpresa. A nove anni di distanza da Guida per riconoscere i tuoi santi, il regista torna a lavorare con Shia LaBeouf. Di acqua sotto i ponti ne è passata e quello che si presentava come uno dei più promettenti virgulti di Hollywood si è rivelato un giovane uomo problematico, la cui lunga lista di intemperanze ed eccentricità ha invaso le pagine dei giornali. La dedizione al lavoro di Dito Montiel, però, hanno permesso di riallacciare il rapporto con LaBeouf, che torna a essere diretto dall'amico in un ruolo delicato e complesso.

Guerra totale

Man Down: Gary Oldman nel nuovo film di Dito Montiel
Man Down: Gary Oldman nel nuovo film di Dito Montiel

Se nel privato Shia LaBeouf ha attraversato momenti difficili, la sua maturazione attoriale si è compiuta grazie a una serie di scelte lavorative non banali. L'attore oggi è dotato di una notevole presenza scenica che, di recente, abbiamo potuto apprezzare nello scabroso Nymphomaniac. Ne è ulteriore conferma l'ottima performance in Man Down nei panni del marine Gabriel Drummer, amorevole marito e padre, nonché amico fraterno del commilitone Devin (Jai Courtney). Fin dai primi fotogrammi, LaBeouf ci trascina nel suo personale inferno della mente in un thriller psicologico composito e frammentario. Tre sono i filoni principali che si intrecciano nel plot: nel presente post-apocalittico vediamo Gabriel e Devin vagare armati fino ai denti tra palazzi diroccati e strade deserte in cerca della moglie e del figlio di Gabriel. A prima vista la sensazione è quella di trovarsi dalle parti di The Road o Codice Genesi, ma ben presto Man Down svela la sua natura. Il film è costruito come un puzzle e nel presente bellico, in cui l'America sembra stata rasa al suolo da un nemico misterioso, si incastrano altre linee temporali in cui si racconta il menage familiare di Gabriel con la moglie (Kate Mara) e il figlio piccolo prima della sua partenza per l'Afghanistan, l'addestramento per entrare nel corpo dei Marines e un misterioso interrogatorio condotto dal suo superiore (Gary Oldman) in cui ci viene rivelato che il soldato è affetto da sindrome da stress post-traumatico in seguito a un incidente occorso durante una missione. La fotografia livida del presente, contrapposta ai colori tenui del passato, aiuta lo spettatore a districarsi tra le varie sequenze, stimolandolo a una ricostruzione parziale del plot. Ma Montiel ha in serbo una svolta narrativa che cambierà le carte in tavola.

L'inferno della mente

Man Down: un momento bellico del film
Man Down: un momento bellico del film

Dito Montiel non è un cinefilo né un intellettuale. Il suo cinema rispecchia la genuinità della sua persona, è immediato, ruvido, a tratti ingenuo, ma sempre sincero. La sua adesione alla sofferenza del protagonista è totale, così come il dramma vissuto da Gabriel rispecchia quella di tutti i soldati affetti da disturbi mentali dopo il ritorno alla vita civile. Per questo è fondamentale la presenza di un attore come Shia LaBeouf, un interprete capace di infondere tutto se stesso in un ruolo, senza filtri né compromessi. Shia è l'anima del film, la sua performance è immersiva, ben supportata dal solido Jay Courtney, che prossimamente vedremo nell'atteso Suicide Squad, e dall'incisiva Kate Mara, che dà corpo alla moglie, partecipe e, al tempo stesso, indipendente. Se nella prima parte, Man Down soffre della mancanza di sottigliezza nella gestione del racconto, nella seconda parte si risolleva con alcune trovate che lasciano il pubblico a bocca aperta, dando senso all'insieme. Il ritmo narrativo elevato e il crescendo della tragedia personale, raccontata in una concatenazione di flashback, coinvolgono progressivamente il pubblico grazie anche alle musiche efficaci di Clint Mansell, collaboratore abituale di Darren Aronofsky, e alla post-produzione contenuta, ma efficace, che ovvia con arguzia alla carenza di budget. Man Down è un film tutt'altro che perfetto. I difetti di scrittura non mancano e si ripercuotono nella gestione del racconto visivo, ma la carica vitale e la sincerità contenuta nel film traspaiono da ogni inquadratura rendendo la visione piacevole e sorprendente.

Man Down: Kate Mara e Shia Labeouf in un'immagine del film
Man Down: Kate Mara e Shia Labeouf in un'immagine del film

Movieplayer.it

3.5/5