Le mie ragazze di carta, la recensione: un incerto coming-of-age

La recensione di Le mie ragazze di carta: tante, troppe suggestioni nel film di Luca Lucini. Un dramedy che insegue una poetica onesta e sentita ma sfilacciata e irrisolta. Con uno spunto: forse, una sceneggiatura del genere avrebbe reso meglio come serie televisiva.

Le mie ragazze di carta, la recensione: un incerto coming-of-age

È innegabile che Le mie ragazze di carta di Luca Lucini sia mosso da uno spirito garbato e sincero. Un film che ha lo scopo di porre l'attenzione verso un delicato e nevralgico incrocio: il passaggio tra la pubertà alla preadolescenza. Un tema che il cinema ha affrontato milioni di volte, spingendo spesso su quello che oggi chiameremo linguaggio dramedy. Un linguaggio colto in pieno dallo stesso regista. Tra l'altro, il film è anche quello più intimo di Lucini, che apprezziamo per la sua onestà e il suo sguardo (come potete leggere nella recensione del suo precedente film, Io e mio fratello, o la nostra disamina lucida di un cult chiamato Tre metri sopra il cielo). Per Le mie ragazze di carta ha attinto a quel cassetto dei ricordi che, quando aperto, rivela emozioni sopite, in bilico tra nostalgia e malinconia. Perché il tempo passa e non torna, ma forse il cinema può aiutare ad annullare il confine tra realtà e irrealtà.

Le Mie Ragazze Di Carta 17
Le mie ragazze di carta: una scena del film

L'ispirazione gli arriva dai suoi ricordi, che per la prima volta hanno preso "vita" in un vecchio cortometraggio scritto da Mauro Spinelli (che ha vinto il Solinas), che segnò - di fatto - l'inizio della carriera di Luca Lucini; corto che oggi diventa materiale per un lungometraggio. Per questo lo ripetiamo: Le mie ragazze di carta è un film che andrebbe maneggiato con cura per i riverberi personali del suo autore, e per quanto ogni scena insegua intellettualmente la poesia che vorrebbe mettere in scena. Così, scrivendo la recensione, ci rendiamo conto (accade spesso, ragionandoci a freddo) che i molti fili narrativi messi in moto sono il frutto della voglia di raccontare, di confidare, di ricordare. Lo comprendiamo, e potendolo valutare singolarmente, non potremmo che essere empatici verso una storia in cui ritroviamo noi stessi, i nostri genitori, i nostri nonni. Tuttavia, il bisogno di raccontare - che pervade ogni dettaglio de Le mie ragazze di carta - tende, al contrario, a smorzare la potenza narrativa che offrirebbe la sceneggiatura. Tradotto: il film segue troppe tracce, e tutte potenzialmente interessanti (diremmo cinematiche), senza però approfondire la loro unicità.

Le mie ragazze di carta: dalla campagna alla città

Le Mie Ragazze Di Carta 14
Le mie ragazze di carta: una scena del film

Per capire meglio il concetto, bisogna partire dalla trama: siamo alla fine degli Anni Settanta, il mondo è cambiato, e con lui sta cambiando (poco a poco) anche l'Italia. "I giovani oggi vogliono l'appartamento, la macchina, la televisione... dove andremmo a finire", bofonchiano i parenti campagnoli della famiglia Bottacin, composta da Primo, dalla moglie Anna, e dal figlio Tiberio (Andrea Pennacchi, Maya Sansa, Alvise Marascalchi). Una famiglia del trevigiano che, come tante all'epoca, ha scelto di "emigrare" dalla campagna alla città. Due mondi paralleli che finiranno per incontrarsi in nome del progresso e dell'autonomia. Ciononostante, la vita di città non è facile. Primo fa il postino, e lascia andare i suoi pregiudizi stringendo amicizia con Claudio (Cristiano Caccamo), trans che vorrebbe volare a Casablanca per "l'operazione".

Le Mie Ragazze Di Carta 1
Le mie ragazze di carta: una scena del film

Anna, invece, va a fare spesa dal macellaio, e vorrebbe avere la televisione a colori: per guadagnare si mette a fare la sarta, perché il tv color non può aspettare. Ma il vero protagonista è Tiberio: un ragazzo timido e insicuro, che si darà al rugby venendo allenato da Don Marcello (Neri Marcorè), intanto che porta avanti l'amicizia Giacomo (Christian Mancin), figlio di Bastiano (Giuseppe Zeno) il proprietario del Cinema Odeon. E no, non è finita qui (capite ora qual è il problema?): al cinema non ci va più nessuno, e il povero Bastiano decide di far diventare le sue sale un cinema a luci rosse. Lo sdegno si leva dai bigotti cittadini, intanto che Tiberio diventa assiduo frequentatore. Talmente assiduo che si infatua perdutamente della porno diva Milly D'Italia (Raffaella Di Caprio), che tanto ricorda Moana Pozzi...

Troppi spunti, poca struttura

Le Mie Ragazze Di Carta 3
Le mie ragazze di carta: una scena del film

Ecco, scrivendo il plot de Le mie ragazze di carta è abbastanza chiaro quanto nel film ci siano numerosissimi fili che si legano tra essi. E lo abbiamo detto all'inizio: narrativamente parlando, una maggiorazione di temi e di personaggi creano un generale squilibrio, rendendo sfilacciata la poetica ricercata da Lucini. Tecnicamente è un buon film (citiamo la fotografia di Luan Amelio Ujakj, ma anche i costumi di Diamante Camilla Cavalli), nonostante sia latentemente settato per una visione televisiva, ed è anche un film ricco di spunti. Ciononostante, gli input si sovrappongono creando un mix che perde di identità. Perché poi, su carta, la complessità generale dovrebbe portare ad un approfondimento che non arriva mai: ogni filo narrativo viene slacciato senza che poi venga effettivamente percorso. Presi singolarmente, offrirebbero materiale perfetto per un film a sé stante: il romanzo di formazione, e la maturità svezzata da un cinema che trasmette film vietati (e quindi un microcosmo oggi sbiadito), il primo approccio all'amore e il miraggio della sessualità; la figura del cinematografo in crisi, che fa di necessità virtù (un parallelo calzante anche oggi); la vita di campagna, l'intercambiabilità con la città, e la mentalità comunque gretta di una certa provincia.

Le Mie Ragazze Di Carta 13
Le mie ragazze di carta: una scena del film

Potremmo continuare, e citare il bel personaggio di Andrea Pennacchi: papà di un'altra epoca che si apre all'integrazione e alla comprensione, stringendo un candido rapporto con quella che una volta veniva etichettata come "travestito", o ciò che potrebbe arrivare dal malvagio chiacchiericcio, che stigmatizza ed emargina. In mente ci viene pure il prete-allenatore di Neri Marcorè: un romanzo di formazione sorretto dal rubgy sarebbe stato fenomanale. Dunque, lo ripetiamo: Le mie ragazze di carta è un film talmente pieno di spunti che finisce per scricchiolare sotto il bisogno di sovrapporre svolte e personaggi, lasciati fiorire e subito sfiorire. E ripetiamo un'altra cosa: comprendiamo (e rispettiamo) davvero i motivi che hanno spinto il regista nel delineare il suo immaginario, ma forse una maggiore sottrazione e una maggiore asciuttezza avrebbero coniugato meglio le poetiche intenzioni. Con questo, resta una suggestione: un dramedy come Le mie ragazze di carta (non è una commedia), così generazionale e così collettivo, sarebbe stato un interessante prodotto seriale, capace sì di approfondire e dare la giusta luce ad un racconto pieno di sfumature.

Conclusioni

Lo abbiamo scritto nella nostra recensione: Le mie ragazze di carta di Luca Lucini insegue una poetica fatta di ricordi e suggestioni, senza però approfondire i numerosi spunti offerti. I tanti personaggi avrebbero meritato un film "tutto per loro", e invece si ritrovano a condividere uno spazio e un tempo cinematografico che non dà loro il giusto spessore narrativo.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Un buon cast, a cominciare da Andrea Pennacchi.
  • Una buona tecnica.
  • Gli spunti...

Cosa non va

  • ... troppi spunti.
  • C'è una generale dimensione televisiva.
  • Tante storie poco approfondite.
  • Il finale allungato.