La terra dell'abbastanza: amicizia, periferia e criminalità nell'ottimo esordio dei fratelli D'Innocenzo

Presentato con successo alla 68a edizione del Festival di Berlino nella sezione Panorama, La terra dell'abbastanza è una delle opere prime italiane più interessanti degli ultimi anni e rivela la presenza di due nuovi giovani autori di valore nel panorama cinematografico nazionale: Fabio e Damiano D'Innocenzo.

La terra dell'abbastanza: Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti in un momento del film
La terra dell'abbastanza: Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti in un momento del film

Christian Metz, uno dei più influenti teorici cinematografici che a partire dalla metà degli anni Sessanta diede un notevole impulso agli studi di settore (chi studia o ha studiato la settima arte deve molto a personalità come lui e Raymond Bellour), a proposito del neorealismo sottolineava la capacità di far emergere degli "istanti di verità", vale a dire dei momenti riconducibili a una "verità di un atteggiamento, di un'inflessione di voce, di un gesto, di un tono". Per il semiologo francese il neorealismo aveva l'inedita tendenza a proporre con forza degli attimi di profondo realismo che lo differenziava nettamente dal cinema fino a quel momento dominante.

Sono passati settant'anni da quando capolavori come Roma città aperta, Ladri di biciclette e Umberto D. ebbero un impatto rivoluzionario nell'ambito della settima arte e il linguaggio delle immagini in movimento nel frattempo ha conosciuto diverse evoluzioni. Eppure mentre si guarda La terra dell'abbastanza, lungi naturalmente dal poter essere definito un film neorealista, non può che tornare alla mente il concetto definito da Metz cinquant'anni fa.

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Immergersi nella periferia romana

La terra dell'abbastanza: una scena del film
La terra dell'abbastanza: una scena del film

La cosa che colpisce più di ogni altra dell'ottimo esordio dietro la macchina da presa dei gemelli trentenni Fabio D'Innocenzo e Damiano D'Innocenzo, infatti, è la loro abilità nel raccontare una storia dura e priva di retorica attraverso un approccio sorprendentemente autentico che, sprigionando un elevato grado di realismo, permette un'immersione completa dello spettatore nelle vicende narrate. Per un'ora e mezza chi guarda è portato a vivere e soffrire insieme ai due giovani protagonisti Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano), amici della periferia romana privi di prospettive che vivono difficili situazioni economiche e familiari, la cui vita cambia radicalmente dopo un incidente improvviso che li fa ritrovare invischiati nel mondo della criminalità locale.

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Delle interpretazioni sorprendenti

La terra dell'abbastanza: Matteo Olivetti in una scena del film
La terra dell'abbastanza: Matteo Olivetti in una scena del film

Questo coinvolgimento così potente è possibile grazie non solo al talento dei fratelli D'Innocenzo per la scrittura (dialoghi e situazioni sono estremamente realistici) e la messa in scena (la netta predominanza di primi piani e inquadrature ravvicinate stimola una forte immedesimazione), ma anche all'ottimo lavoro svolto dallo scenografo Paolo Bonfini (storico collaboratore di Matteo Garrone), dal direttore della fotografia Paolo Carnera (A.C.A.B., Suburra, Gomorra - La Serie) e dal costumista Massimo Cantini Parrini (Dogman, Ella & John - The Leisure Seeker, Indivisibili).

La terra dell'abbastanza: Andrea Carpenzano in una scena del film
La terra dell'abbastanza: Andrea Carpenzano in una scena del film

In più, le interpretazioni dei due protagonisti sono davvero sorprendenti in quanto a genuinità, tanto da far quasi pensare che Olivetti e Carpenzano siano attori non professionisti impegnati a portare in scena se stessi. Risultano inoltre convincenti anche le prove di Milena Mancini (la madre di Mirko), Luca Zingaretti (il boss Angelo) e Max Tortora (il padre di Manolo), questi ultimi due alle prese con personaggi molto lontani da quelli cui in passato ci hanno abituati.

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Un'opera prima notevole

La terra dell'abbastanza: Max Tortora e Andrea Carpenzano in una scena del film
La terra dell'abbastanza: Max Tortora e Andrea Carpenzano in una scena del film

Diversi sono i momenti che colpiscono per la forte carica realistico-emotiva, dalle due significative sequenze che si svolgono in macchina agli accesi scontri tra Mirko e Manolo o Mirko e la madre, così come non possono che rimanere impresse alcune scene ottimamente girate con uno stile essenziale ma sempre funzionale alla esigenze narrative (ci teniamo volutamente sul vago, come del resto abbiamo fatto anche con la trama, per evitare in qualsiasi modo di rovinarvi la sorpresa).
Presentato con successo lo scorso febbraio alla 68a edizione del Festival di Berlino nella sezione Panorama, La terra dell'abbastanza è uno degli esordi italiani più interessanti degli ultimi anni e, nonostante un finale non pienamente convincente agli occhi di chi scrive, segnala la presenza di due nuovi giovani autori di valore nel panorama cinematografico nazionale, non a caso chiamati da Matteo Garrone a collaborare alla sceneggiatura di Dogman. Di Fabio e Damiano D'Innocenzo sentiremo senz'altro parlare ancora.

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4.0/5