La recensione di Goool! (2014)

Inedita incursione nell'animazione per il regista argentino premio Oscar Juan José Campanella, con un film che, tra il biliardino e lo stadio, trasuda passione vera per il calcio come metafora della vita.

Oscar del calcio

Nel 2010 Juan José Campanella, talentuoso regista argentino, si portò a casa l'Oscar come miglior film straniero con Il segreto dei suoi occhi, battendo concorrenti anche più accreditati e celebrati come Il profeta di Jacques Audiard o Il nastro bianco di Michael Haneke trionfatore a Cannes l'anno prima: il premio fu tanto meritato quanto sorprendente, anche se solo due anni prima ci era già andato vicino con la nomination per Il figlio della sposa.

Ancora più sorprendente, per certi versi, è vedere il nome di Campanella dietro questo progetto di animazione da lui scritto e diretto e con il quale torna al cinema a quattro anni di distanza dall'Oscar. Un progetto che nasce sicuramente dalla dichiarata passione del regista per il calcio, da buon sudamericano che si rispetti, un amore che già faceva capolino ne Il segreto dei suoi occhi con la memorabile scena della cattura di Gómez da parte di Esposito e Sandoval durante la partita del Racing.

Cartone d'autore

Metegol: il regista Juan José Campanella sul set del film
Metegol: il regista Juan José Campanella sul set del film

Per Campanella, che prima del cinema ha lavorato negli USA per serie televisive cult come Law & Order e Dr. House, è del tutto inedita invece l'incursione nel campo dell'animazione, che in questo caso possiamo definire più che mai d'autore, visto che questo Metegol, ovvero il calcio balilla in spagnolo (e titolo originale col quale il film è stato presentato lo scorso novembre al Festival di Roma, che per la sua uscita italiana è diventato semplicemente Goool!), oltre ad avere un regista "oscarizzato", è tratto da un racconto del grande scrittore e vignettista Roberto Fontanarrosa, "Memorie di un'ala destra". Inedito e curioso se vogliamo è anche il soggetto sportivo di questa produzione ispano-argentina, raro da trovare in un film di animazione, in particolare quello calcistico, sicuramente più di appeal per il pubblico europeo o latino piuttosto che per quello americano.

Il buono, la bella, il bullo...

Metegol: una scena tratta dal film d'animazione
Metegol: una scena tratta dal film d'animazione

Il timido Amadeo è il miglior giocatore di biliardino del suo villaggio, introverso e imbranato nella vita, diventa un fenomeno quando ha in mano la manopola coi suoi amati pupazzetti del calcio balilla: nessuno è in grado di batterlo, compreso il Grosso, il bullo del paese, a cui tocca per la prima volta in vita sua l'onta della sconfitta. Una sconfitta che brucia ancora dopo anni, quando il Grosso, che nel frattempo è diventato il più forte e idolatrato giocatore di calcio del mondo, torna al paesello con l'idea fissa di vendicarsi e di portare via ad Amadeo tutte le cose a lui più care: il bar dove lavora, l'amata Laura, persino il villaggio stesso, che vuole demolire per trasformarlo in un parco a tema e in uno stadio a lui dedicato. Amadeo dovrà reclutare un'improbabile squadra tra gli stralunati abitanti del paese per giocare stavolta una partita vera, salvare il villaggio e tutto ciò che ama. Ad aiutarlo saranno proprio gli omini del biliardino, che prendono magicamente vita per aiutare Amadeo e giocare per la prima volta una partita in un vero stadio di calcio.

...e i pupazzetti

Metegol: una scena del film d'animazione
Metegol: una scena del film d'animazione

Con in campo un budget di 20 milioni di dollari, il film di Campanella rappresenta un progetto ambizioso che, anche paragonato con le megaproduzioni degli studios hollywoodiani come Pixar, Dreamworks e Blue Sky, non sfigura assolutamente anzi risulta divertente ed originale, riuscendo a stupire soprattutto dal punto di vista visivo e tecnico, grazie al lavoro del supervisore all'animazione Sergio Pablos, che rende o pupazzi incredibilmente vivi ed espressivi, ognuno col suo carattere e la sua identità, dall'egocentrico Beto, al filosofo Loco, fino al condottiero Capi. Passione calcistica e citazioni, da 2001: Odissea nello spazio ad Apocalypse Now, per un film sì pensato per tutta la famiglia, con le gag fisiche che piacciono ai bambini, ma con riferimenti che rischiano di coinvolgere sopratutto gli adulti (dalla squadra degli strapagati fenomeni che sia chiamano i Galacticos..., ai pupazzi del calcio balilla che somigliano a Kempes e Tarantini della nazionale argentina che vinse i mondiali del '78).

Goool!: Capi, Beto e Loco in una scena del film d'animazione
Goool!: Capi, Beto e Loco in una scena del film d'animazione

La squadra più scassata della storia

Nonostante il ritmo in alcuni momenti non proprio travolgente e i dialoghi non sempre irresistibili, il film è animato da uno spirito e un entusiasmo che alla fine contagiano. E poi il riscatto contro ogni pronostico dei piccoli e degli emarginati sul campo da gioco contro i favoriti grandi grandi e grossi, è un'allegoria classica del grande schermo nelle sue numerose varianti dei più classici sport movie, per cui alla fine ci si ritrova come sempre a tifare. In questo caso oltretutto la squadra dei losers del paese è veramente la più sgangherata e divertente dai tempi del fondamentale Lo chiamavano Bulldozer, e c'è un cattivo coi fiocchi definitivamente insopportabile, che di solito è imprescindibile per il successo di un cartone.

Questo è il gioco che ci piace

Goool!: Capi al momento del rigore in una scena del film
Goool!: Capi al momento del rigore in una scena del film

Il calcio come metafora della vita, per raccontare una storia d'amore e di amicizia e di come vincere le sfide della vita, anche quelle apparentemente impossibili. Con il calcio balilla che incarna il valore della tradizione nei confronti del progresso rappresentato dal parco Universal Astro Gol, "il progresso ad ogni costo, che non si può fermare davanti a nulla", che asfalta i sentimenti e calpesta le passioni. Nell'anno dei mondiali, uno spot incredibile per il calcio vero che fu, fatto di emozioni, di cuore e di bandiere, che vanno scomparendo sacrificati in nome del business sull'altare delle televisioni e degli sponsor, con i giocatori ascesi allo status mediatico di vere e proprie star, capricciose e vanesie come i divi di Hollywood. Il denaro è quello che muove tutto, e d'altronde "le stelle cadono, gli idoli perdono lucentezza, i manager sono eterni...". Qualche riferimento alla realtà? Niente male per un cartone animato.

le stelle cadono, gli idoli perdono lucentezza, i manager sono eterni...

Conclusione

Il calcio non smette mai di stupire, così come il film di Campanella che, nonostante qualche calo di ritmo, non sfigura anche dal punto di vista tecnico davanti alle megaproduzioni hollywoodiane. Alla fine diverte e coinvolge, oltre a rappresentare una metafora del calcio di oggi dove il business e il denaro asfaltano il cuore e la passione.

Movieplayer.it

3.5/5