L'estate di Cléo, la recensione: un film intimo e delicato per la regista Marie Amachoukeli

La nostra recensione di L'estate di Cléo, film d'apertura della Semaine de la Critique, sezione parallela del festival del cinema di Cannes 2023.

L'estate di Cléo, la recensione: un film intimo e delicato per la regista Marie Amachoukeli

Non sono solo i legami di sangue a fare una famiglia e come si dice spesso, al mondo esistono figli di pancia e figli di cuore. L'estate di Cléo di Marie Amachoukeli racconta proprio questo: un legame forte e intenso che non conosce razza, religione o cultura; un sentimento quasi primordiale, istintivo e potentissimo in grado di unire due persone a vita.

Presentato come film d'apertura della Semaine de la Critique, quella della regista francese è una pellicola di grande impatto sia emotivo che visivo, un racconto intimo e delicato della relazione materna tra una tata e una bambina che, con la sua disarmante semplicità, offre allo spettatore uno spaccato vivo dell'anima dei due personaggi. In questa recensione de L'estate di Cléo speriamo di riuscire a raccontare i tanti elementi interessanti di una produzione che ci ha veramente colpiti dritti al cuore e che ha funto da apripista per questa sezione parallela del settantaseiesimo Festival di Cannes che quest'anno sembra promettere titoli estremamente interessanti.

Amore e distanza nella trama

Lestate Di Cleo
L'estate di Cléo: una scena

Cléo è una bambina sveglia e vivace che dopo la perdita della madre vive da sola con suo padre e la tata, Gloria, originaria della Repubblica di Capo Verde emigrata in Francia. Tra le due c'è un'intesa e un affetto meravigliosi: Gloria è a tutti gli effetti la madre che la piccola non ha avuto, protagonista di una quotidianità fatta di tanti piccoli momenti preziosi. La donna ha però una famiglia nel suo paese che, dopo un lutto, ha bisogno della sua presenza: sua figlia più grande è in procinto di avere un bambino, mentre quello più piccolo l'ha vista pochissime volte e fatica a riconoscerla come genitore. La separazione è inevitabilmente straziante e proprio per questo il padre di Cléo le dà il permesso di trascorrere un'ultima estate con l'amata tata lì a Capo Verde, un luogo con caratteristiche quasi diametralmente opposte a quelle della Francia borghese in cui la bambina è abituata a vivere.

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La riflessione sulla maternità

Lo abbiamo accennato nella nostra introduzione: L'estate di Cléo è un film che parla di rapporti familiari, legami che travalicano non solo il focolare domestico ma le stesse differenze culturali. Il rapporto tra Cléo e Gloria è fatto di sguardi, carezze, complicità e moniti, una fisicità materna e magnetica che le avvicina l'una all'altra e costruisce mattone dopo mattone un rapporto che piano piano si fa sempre più forte e saldo. La donna sente la voglia e il dovere di tornare dai suoi figli e al contempo è provata dal dolore che sente per la separazione dalla bambina che ha accudito per anni e da quello che nel tempo è diventato qualcosa di più di un semplice impiego full time. La sua famiglia è sempre stata divisa, proprio come il suo cuore e questo lo comprendiamo meglio quando è lei ad ospitare Cléo a Capo Verde luogo in cui Gloria diventa fulcro di legami affettivi dettati tanto dal sangue quanto dal cuore.

In questa dimensione puramente intimista le inquadrature si fanno più strette, la camera si avvicina ai volti e ai corpi quasi per accarezzarli con tenerezza commovente. Allo spettatore è consentito uno sguardo delicato, mai invadente, su un equilibrio precario, su personaggi così ben scritti che non fatichiamo a pensare possano essere reali, perché la storia raccontata da Marie Amachoukeli (anche sceneggiatrice del film) è tanto comune quanto eccezionale. Nell'avvicinarsi alle protagoniste la regista mostra sempre riguardo ma allo stesso tempo, in più occasioni, lascia fuori il contesto per metterle al centro della scena, per rendere manifesto e ribadire il punto di vista del racconto.

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Gli inserti animati a servizio dei personaggi

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L'estate di Cléo: una foto del film

Per offrire maggior supporto alla costruzione dei personaggi sono stati inseriti dei frammenti in animazione che aprono una finestra sull'animo e il passato delle due protagoniste. Lo stile grafico dal forte sapore pittorico, rimanda immagini oniriche e ricordi che trasportano chi guarda nella mente di Gloria e Cléo. Le paure, i desideri e il passato si fondono in pennellate decise di colore mutevoli e tumultuose come l'animo umano, scandendo i tempi di una narrazione essenziale, asciutta ed equilibrata; una storia commovente ma priva di pietismo che ribadisce l'ottima mano della sua creatrice, una regista con una sua visione e un suo stile ben preciso in grado di rendere immense anche le piccole storie comuni.

Conclusioni

Nel riassumere la nostra recensione di Àma Gloria non possiamo non sottolineare l'eccellente scrittura di un film che porta su grande schermo una storia semplice e intesa. Marie Amachoukeli parla di maternità e famiglia in modo efficace e per nulla retorico scegliendo inquadrature strette, sempre vicine ai suoi personaggi ma mai invadenti, intervallandole con inserti animati atti ad approfondire lo sguardo sull’animo delle due protagoniste.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • La narrazione, asciutta e intima.
  • Le regia sempre vicina ai personaggi ma mai invadente.
  • Gli inserti animati, vere finestre sull'animo delle protagoniste.

Cosa non va

  • Il film potrebbe non piacere a chi non ama i racconti delicati.