Recensione Predators (2010)

Ci piace definire Predators come un B-movie di lusso, crudo, senza troppi fronzoli e maschio quanto basta: perchè non rispetta regole e archetipi di mercato, perchè non ci mostra quello che altri mille film ci hanno già mostrato, ma ci offre quel sequel atteso per anni dagli appassionati e che arriva solo ora, quando è di gran lunga fuori moda, nell'accezione più positiva del termine.

Predators vs. Predators

Un tonfo improvviso, poi un uomo viene gettato fuori da un aereo e fatto precipitare nel vuoto. Sta per schiantarsi al suolo ma in extremis il suo paracadute si apre e gli evita di impattare violentemente a terra nel mezzo della giungla. Si tratta di un mercenario ex-guerrigliero americano, un seminatore di morte spietato e senza sentimenti, uno che non sopporta di non avere la situazione sotto controllo. Spaesato e impaurito egli inizia a guardarsi intorno, pensa di essere solo, non comprende chi l'abbia condotto fin lì nè il perchè. Qualche secondo ed ecco che dal cielo piomba qualcun altro a pochi metri da lui, poi ancora un altro, e chissà quante altre persone sono state gettate dall'alto in altri punti della foresta. Stessa la sorte toccata a un soldato ceceno, a un elegantissimo killer della Yakuza giapponese, a un serial killer pieno di tatuaggi proveniente dal Braccio della Morte, a un dottore dal passato misterioso e a una donna, una tiratrice scelta delle forze militari israeliane.
Qualcuno li ha condotti in quel posto dimenticato da Dio, qualcuno li osserva, qualcuno ha piazzato trappole e sparso gabbie ovunque ed è chiaro che intende giocare al gatto col topo, studiarli, carpire informazioni, metodi di combattimento e allenamento. La presenza di mostruose bestie zannute, uccelli deformi e orribili guerrieri programmati per uccidere, fa pensare ad una sorta di evoluzione che ha dato vita ad una nuova razza di predatori, perfezionati nella difesa, dotati di dispositivi di occultamento e rilevamento sofisticatissimi, di una forza sovrumana che li rende pressochè infallibili...
Cascate altissime, vegetazione fitta e terreno inospitale, una natura selvaggia che nasconde una verità impensabile fino a quel momento, una verità che la luce del sole porterà presto a galla: il gruppo di predatori umani è stato accuratamente scelto e condotto lontano dalla Terra, su un altro pianeta, una sorta di riserva in cui tutti cacciano tutti ed in cui è quasi impossibile sopravvivere. Un'evoluta specie di Predators sta per iniziare la sua battaglia contro gli umani ma la battuta di caccia è solo all'inizio...

Robert Rodriguez come Tarantino, un autore che va per la sua strada, che fa un po' quello che gli pare e piace, come gli pare e piace, senza preoccuparsi di essere demodé o ridondante, magari anche poco originale. Quel che interessa entrambi è riportare in auge un cinema ormai passato, fatto di sentimenti, di passioni, di nuove idee che sembrano vecchie e di vecchie idee che sembrano nuove di zecca. Un po' il cane che si morde la coda, ma per gioco, per sfida e si diverte pure nel farlo e non lo fa mai per noia.

Ventitre anni dopo l'originale con Arnold Schwarzenegger e diretto da John McTiernan tocca a Robert Rodriguez e al suo amico Nimròd Antal, cui è affidata la regia, dar vita a un progetto che da più di quindici anni gli ronzava in testa senza trovare mai una precisa identità su carta.
E' dolceamaro il retrogusto lasciato dalla visione di questo Predators, il film cui viene affidato il difficile compito di riportare sulla cresta dell'onda uno dei miti fantascientifici degli anni '80 e di dare nuova linfa alla saga iniziata nel 1987 e proseguita negli anni grazie a improbabili sequel contaminati in modo talvolta un po' bizzarro e cafone. Il merito è del fascino romanticamete vintage e della concezione 'manovalistica' di un cinema che punta tutto sull'introspezione dei singoli personaggi, sul mistero, sulla tensione, sulla continua fuga e sui combattimenti che non hanno molto di spettacolare o di costruito ad arte con effetti speciali all'avanguardia, ma che riescono proprio per questo ad essere più efficaci, addirittura credibili. Su tutti spicca l'indimenticabile momento topico dell'incontro ravvicinato tra un predatore alieno iperaddestrato e un killer ninja, uno cui non servono granate o grilletti da premere per colpire a morte...

Per questo ci piace definire Predators come un B-movie di lusso, crudo, senza troppi fronzoli e maschio quanto basta: perchè non rispetta regole e archetipi di mercato, perchè non ci mostra quello che altri mille film ci hanno giò mostrato, ma ci offre quel sequel atteso per anni dagli appassionati e che arriva solo ora, quando è di gran lunga fuori moda, nell'accezione più positiva del termine.
A ulteriore testimonianza di tutto questo anche la scelta della produzione di assumere come condottiero della brigata della morte sul pianeta dei Predators l'attore sulla carta meno indicato, quell'Adrien Brody che ha stretto milioni di cuori in un solo abbraccio con la sua interpretazione da Oscar ne Il Pianista di Polanski ma che successivamente ha collezionato una serie di flop davvero da record. Nel tentativo di dare una svolta all'andamento discendente della sua carriera decide così di mettere su qualche chiletto di massa muscolare e di avventurarsi nei meandri della fantascienza action guidando un'assortita squadra di predatori umani spedita su un pianeta alieno pieno di brutte sorprese. Come un pesce fuor d'acqua Brody non riesce a convincere appieno né a farsi apprezzare per le sue straordinarie doti interpretative nei panni di un guerrigliero saccente e spocchioso che, come per magia, sembra sempre avere in tasca la soluzione di tutti i problemi. Assai meglio riuscito il personaggio di Alice Braga, forse l'unico spiraglio di vera umanità in un pianeta popolato da orde di mostri e di maschi con manie di protagonismo. Registriamo anche, con grande rammarico, come sia necessario attendere un'ora di proiezione per vedere all'opera il grande Laurence Fishburne, sacrificato nei panni di un umano un po' fuori di testa che da anni vive sul pianeta nascondendosi in grotte e vecchi laboratori scientifici nutrendosi di carogne, un piccolo personaggio dalle grandi potenzialità decisamente mal sfruttato.

Se dunque la mano ferma e decisa di Nimród Antal - regista dell'imminente Blindato, del thriller Vacancy e del low budget d'esordio Kontroll - aiuta di molto nella realizzazione di un impianto visivamente 'tosto' e realistico, manca d'altro canto una sceneggiatura capace di mantenersi interessante, lineare e vivace per tutta la durata del film. Ottima l'idea di Rodriguez di spostare l'ambientazione su un pianeta ostile apparentemente familiare, come anche la morale insita nella storia che vede un gruppo di spietati assassini, predatori predati che combattono contro un nemico che detta le regole del gioco senza renderle pubbliche dei quali il pianeta Terra fa volentieri a meno, uomini e donne sottratti ad una realtà che non meritano e catapultati in un inferno senza fine da cui non possono fuggire ma in cui possono solo lottare per la sopravvivenza. Apprezzabile anche la messa in scena di stampo tradizionalista, ma sicuramente meno buona la scrittura affidata a Alex Litvak e Michael Finch. Nonostante i punti morti, le lunghe pause caffè che i due sceneggiatori si ritagliano insieme a qualche oscuro passaggio narrativo, Predators riesce a non annoiare lo spettatore, sfoggiando un irresistibile look 'sporco' e puntando più sul gruppo che sul singolo.

Un film controcorrente, non riuscito al 100%, dedicato ai fan dell'originale e a quelli che all'azione forsennata e scriteriata dei blockbuster action di oggi preferiscono un malinconico tuffo in un passato cinematografico non troppo remoto, non privo di difetti, ma destinato a rimanere nella leggenda.

Movieplayer.it

3.0/5