I sogni son desideri: il 2009 da favola della Pixar

L'anno in corso è stato quello della consacrazione mediatica di una casa che domina il mondo dell'animazione da diversi lustri. E tutto fa pensare che anche il futuro appartenga alla Pixar...

Il 15 ottobre arriverà finalmente anche in Italia il loro nuovo capolavoro, Up di Pete Docter e Bob Peterson, ma tutto il 2009 è stato per la Pixar di John Lasseter un anno indimenticabile; un anno che li hai visti (finalmente!) al centro delle attenzioni di tutto il mondo cinematografico che conta. Non solo le decine di premi vinti dallo splendido WALL·E (tra cui BAFTA, Golden Globes e un Oscar, anche se c'è ancora oggi la mancata nomination alla categoria più prestigiosa, quella per il Miglior Film), ma soprattutto l'onore di aprire il Festival di Cannes con Up, prima volta per un film di animazione per di più in 3D, ed infine con un celebratissimo Leone d'Oro alla carriera appena un mese fa alla Mostra del Cinema di Venezia.

Il celebre logo della Pixar Animation Studios
Il celebre logo della Pixar Animation Studios
Si tratta di riconoscimenti meritatissimi ed estramente prestigiosi, addirittura rivoluzionari per il genere d'animazione, ma che comunque non riescono a rendere in pieno l'importanza che la Pixar ha avuto per il cinema degli ultimi venti anni. Per riuscire forse a capire meglio bisognerebbe guardarsi intorno, esaminare le uscite e soprattutto i maggiori successi di quest'anno e dei precedenti e notare come un'enorme fetta di mercato sia ormai quasi "monopolizzata" dai film di animazione in 3D: in questi giorni L'era glaciale 3 è diventato il terzo maggior incasso italiano di sempre, Piovono polpette è tra i primi posti delle chart statunitensi ed andando indietro ci sono i vari Madagascar, Kung Fu Panda e gli altri. Nei quasi quindici anni passati da quel primo Toy Story il mondo del cinema è indubbiamente cambiato e per un intero e remunerativo settore la Pixar è il faro guida, il punto di riferimento, ancora irraggiungibile non solo per qualità del prodotto ma anche per metodologia e deontologia professionale.
Non è un caso infatti che a Venezia oltre al premio sia stata offerta a Lasseter e soci anche la possibilità di tenere una masterclass (che vi abbiamo raccontato in questo interessantissimo ed esauriente articolo) in cui hanno potuto indirizzare innanzitutto la loro filosofia che, sembra quasi un paradosso per chi ha fatto anche dell'innovazione tecnologica un mestiere, è anche e soprattutto un ritorno ad antichi valori spesso dimenticati. Basti anche riflettere sull'insuale (per i nostri giorni) sfruttamento dei franchise al cinema: dove i competitors hanno abusato di sequel finendo spesso anche col rischiare di bruciare quanto di buono avevano fatto (un esempio su tutti lo Shrek della Dreamworks), la Pixar è stata estremamente attenta e selettiva, limitandosi per ora a proseguire solo la storia di quel Toy Story che l'aveva lanciata con l'ancor superiore Toy Story 2 del 1999 e con Toy Story 3 atteso per il prossimo anno.
Anche qui però ci sarebbe da puntualizzare come entrambi i sequel siano stati in un certo senso forzati dalla Disney, un tempo casa nemica/amica. Il primo sequel fu richiesto dalla casa di Topolino come prodotto per l'homevideo ma vista la qualità del film, Lasseter decise di proseguire a modo suo il progetto e questo quasi portò ad una prima rottura; in seguito invece alla reale rottura, il mancato rinnovo dell'accordo di partnership del 2004, la Disney decise di realizzare da sola Toy Story 3 affidandolo alla propria divisione di animazione 3D. Sappiamo tutti come andò a finire, la Pixar non si riappropriò soltanto del proprio franchise ma fu clamorosamente acquisita per oltre sette miliardi di dollari nel 2006 e, cosa più importante, Steve Jobs diventò il maggior azionista della Disney e Lasseter il Direttore Creativo dell'intera azienda.

La capitolazione della Disney - che intelligentemente capì tutti gli evidenti limiti del proprio reparto creativo e dell'impossibilità di tornare ai livelli passati solamente con le proprie gambe - è forse l'esempio più eclatante e significativo del cinema di questo nuovo millennio, e rappresenta soprattutto il passaggio del testimone dal vecchio al nuovo, con Lasseter novello Walt Disney in grado di portare avanti una delle più grandi compagnie del mondo attraverso l'innovazione, creatività e soprattutto i giusti valori. Un Up non incassa quanto L'era glaciale 3 e probabilmente mai lo farà, ma crea un nuovo mondo e nuove possibilità così come in passato faceva ogni film della Disney.

Per tutti i membri della Pixar quindi il 2009 è la perfetta celebrazione di un sogno durato venti anni e che sembra destinato a durare ancora molto a lungo, ma è anche vero che Lasseter ama mettersi in discussione ed ecco che per lui questo fantastico anno si chiuderà con un nuovo banco di esame, forse uno dei più difficili dela sua carriera: il prossimo Natale arriverà nelle sale di mezzo mondo La principessa e il ranocchio, ovvero il primo progetto in 2D della Disney dal 2004 (quando si ebbe la release dell'insignificante Mucche alla riscossa) e quindi anche il primo da quando Lasseter è direttore creativo. Centrare anche questo successo vorrebbe dire davvero raccogliere a piene mani il testimone pesante e importante dal padre fondatore della Disney e riaprire un nuovo ciclo. L'impresa non è affatto facile soprattutto considerato quanto è cambiato il cinema e l'intrattenimento in questi anni, ma quello che più importa è che noi facciamo tutti il tifo per lui e - per la prima volta da tanto troppo tempo - anche per la Walt Disney Animated Classics.