Roma Fiction Fest: la divertente masterclass di James Belushi

Nel primo giorno della kermesse romana dedicata alla fiction, la star ha incontrato il pubblico dell'Auditorium per una interessante e divertente Masterclass.

E' stato l'evento di apertura di questa quinta edizione del Roma Fiction Fest, la Masterclass con un gigante del cinema e della televisione come James Belushi. Un istrione come lui, personaggio inoltre estremamente comunicativo, era particolarmente adatto ad un confronto a tutto tondo col pubblico: l'attore non si è risparmiato, deliziando anche la platea dell'Auditorium Santa Cecilia con un pezzo blues suonato con la sua armonica a bocca, parte del repertorio della sua band, i Sacred Hearts. Prima dell'incontro, coordinato da Marco Spagnoli, è stato proiettato un episodio della popolare serie tv La vita secondo Jim, telefilm con cui l'attore, per ben otto stagioni, è entrato nelle case degli spettatori di tutto il mondo con un personaggio, quello dello scontroso ma simpatico capofamiglia omonimo, tuttora molto amato. Riportiamo, quindi, il resoconto dell'interessante incontro tra l'attore e il pubblico della manifestazione romana.

La magia del tuo lavoro la insegui attraverso vari media (il cinema, la televisione, il teatro, la tua band). Quanto è importante, per te, continuare ad esprimerti attraverso media differenti?

Come attore mi sento pronto ad esprimere qualsiasi cosa, una vasta gamma di emozioni attraverso mezzi differenti. Sono stato fortunato ad avere la possibilità di fare tutte queste cose, compresa la musica: per fare un esempio, la musica di La vita secondo Jim è eseguita proprio dalla mia band.

Quanto sei legato al mondo della televisione?

Io adoro la televisione, credo che attualmente sia il massimo per un attore. Amo anche il cinema, ma adesso la tv è su un altro livello: il cinema ha difficoltà ad essere finanziato, con l'eccezione delle grandi produzioni hollywoodiane, mentre la televisione è l'unico posto in cui le menti creative possono esprimersi. Non a caso, attualmente, i migliori registi hollywoodiani, come Martin Scorsese ed Oliver Stone, stanno lavorando in televisione. La tv via cavo ormai è l'equivalente del cinema indipendente, il futuro di questo mestiere sta lì.

Com'è nato il personaggio di Jim? Volevi raccontare qualcosa?

Il pilot della serie inizialmente l'ho dato da leggere a mia moglie, che ha detto subito "è quello giusto". La ABC voleva una serie in cui io fossi il padre, c'erano due sceneggiatori, che mi hanno presentato la serie, ed ero contento. C'era una cosa che però non mi piaceva: nell'ultima scena Jim si scusa, ed io ero stanco di vedere uomini rappresentati come idioti che si scusano sempre con le loro mogli. Volevo una serie che non rappresentasse, come al solito, la donna come una stronza e l'uomo come un cretino. E' vero, spesso gli uomini sono stupidi, ma lo sono solo agli occhi delle donne! Alla fine di un episodio di questa serie, non vedrete mai Jim dire che gli dispiace. Ho dato questo compito agli sceneggiatori, ho chiesto loro "siete in grado di evitare che Jim dica 'mi dispiace'?" Ho reso loro la vita molto difficile. Per me, però, era importante vedere come la coppia protagonista riuscisse di volta in volta a negoziare per risolvere i suoi problemi, piuttosto che affidare la risoluzione della storia a delle scuse fatte dal protagonista.

Come hai lavorato con gli sceneggiatori?


In realtà in tv sono spesso i produttori a scrivere, sono loro che hanno più potere. Quando un programma però inizia ad avere successo, anche la star acquisisce potere. Via via che cresceva il mio successo, quindi, cresceva anche la mia influenza sui produttori, e ho potuto impormi maggiormente. Ho anche diretto 35 episodi, e la mia mano si è sentita. I produttori stessi, che dapprima non amavano questa mia libertà, alla fine sono stati d'accordo.

Quanto è importante seguire un personaggio, e una serie, per così tanto tempo?

E' il bello della tv, puoi seguire a lungo un personaggio, tutta la sua evoluzione. Il personaggio di Jim ha acquisito tanto nei rapporti umani, è cambiato profondamente, e il bello è stato proprio seguirlo in questa sua evoluzione e in questo percorso di cambiamento.

Si sa che stai preparando un nuovo show. Puoi dirci se si tratterà di un concept show?

Sarà un sit-com realizzata sempre per la ABC, con le stesse persone de La vita secondo Jim: si baserà su un raporto tra padre e figlia, ma non posso dire di più sul concetto, visto che può essere rubato molto facilmente. Questa è una professione in cui ci sono molti ladri... d'altronde lo sono anch'io!

In Italia il personaggio di Jim è doppiato da Massimo Rossi. Cosa puoi dirci della sua voce?

Lui ha fatto un lavoro straordinario nel ricreare il personaggio di Jim, c'è un ritmo molto specifico, un tono di voce e un'ironia che lui ha colto molto bene. Questo ha contribuito molto al successo della serie in Italia.

Chi erano i tuoi idoli all'inizio della tua carriera?

Nel mio lavoro c'è l'impronta di Jackie Gleason, visto che sono cresciuto vedendo The Honeymooners, ma c'è anche anche Marlon Brando e Rod Steiger: quest'ultimo, poi, è stato anche imitato da John.

##Qual era il tuo obiettivo quando hai iniziato?## Al liceo giocavo a football, e il mio ruolo era quello del tackler. A quel tempo, le ragazze uscivano con i miei compagni perché loro erano quelli che acchiappavano la palla, ma non con me. Eravamo 7 maschi e 21 femmine, ma io le ragazze le ho avute solo recitando! Il mio obiettivo era conoscere ragazze.

Cosa ricordi delle tue prime esperienze al cinema e in tv?

Mi ricordo bene l'esperienza in teatro a Chicago, lavoravo nel teatro di improvvisazione e lì c'erano tutti quelli del Saturday Night Live, da lì sono partite le prime offerte dalla tv e dal cinema. Il mio primo film è stato Strade violente, diretto da Michael Mann, ed è stata un'esperienza emozionante: lì morivo, ed era una morte meravigliosa, una scena di morte è importante per un attore. Dovevo pure baciare il seno di una ragazza: morire e baciare il seno, erano obiettivi semplici! Un bel ruolo. Comunque tornavo a casa sempre con un senso di insicurezza. Pensavo "non ti pagano per la recitazione, ma per quello che pensi dopo, per l'incertezza che ti porti dentro: non sai mai se quello che dovevi dire l'hai detto bene o no".

Tra i tuoi tanti film c'è Danko, in cui hai recitato a fianco di Arnold Schwarzenegger. Com'era il tuo rapporto con lui?

Io amo i film di Schwarzenegger, penso sia uno dei più geniali uomini che abbia conosciuto; è un grande amico che è stato straordinario con i suoi film. Lui mi insegnava molto di affari e investimenti, mentre io gli insegnavo cose sui ritmi comici. Un giorno ricordo di aver pensato: "quest'uomo sarà senatore". Non so se mi stesse in qualche modo programmando telepaticamente! Quando si è candidato a governatore abbiamo fatto una festa per lui. Ho sempre pensato che gli attori non debbano fare politica, ma lui era un amico.

Hai ricordi dell'Italia, dopo aver interpretato il film Dimenticare Palermo di Francesco Rosi?

Prima del film di Rosi ero già stato in Italia, era il 1986. E' stata una grande esperienza, e Paolo Ferrari della Warner è stato il miglior padrone di casa possibile: è lui che in un certo senso mi ha rubato il cuore, da allora sono stato molto legato al vostro paese. Solo dopo ho interpretato Dimenticare Palermo: Rosi lo chiamavo il professore, perché mi ha insegnato parecchie cose su Roma e sull'Italia. Poi ho interpretato Sette criminali e un bassotto con Dino De Laurentis, uno dei più grandi produttori cinematografici di tutti i tempi. Ai tempi di Dimenticare Palermo ho avuto anche la fortuna di incontrare anche Federico Fellini, gli ho stretto la mano e parlato: mi sentivo emozionato come un bambino.

Girerai un altro film in Italia?

Magari! Sarebbe una gran bella cosa. Qualcuno per caso mi sta offrendo qualcosa? Comunque, una delle cose che mi piacciono degli italiani è la serietà con cui prendono l'intrattenimento.

Cosa puoi dirci sulla tua esperienza come musicista?

Nel 1993-94 abbiamo iniziato il progetto di The House of Blues. Danny (Dan Aykroyd, ndr) me l'ha chiesto, io ho pensato che questa era una cosa di John, ma lui ha insistito e alla fine mi ha convinto. Ho iniziato a cantare con una band di blues e così ho imparato, abbiamo fatto tre album. La mia musica è il blues, ma ultimamente apprezzo anche il rap. La musica ha creato una spiritualità dentro di me che non pensavo di avere. Nella band suono l'armonica e canto.

Hai detto che il futuro dell'intrattenimento è in tv. Quali sono, attualmente, le serie che più ti piacciono?

A me piace perdermi nelle serie, in questo senso per esempio ho amato Lost, ma sono anche un fan di Dexter. Dopo The Defenders ho fatto una festa, e c'erano Dexter e Batista! (gli attori Michael C. Hall e David Zayas, ndr) A Dexter ho chiesto se potevo farmi una foto con lui, ero molto emozionato! Mi piacerebbe essere ucciso da lui in un episodio della serie. Mi piacciono anche Sons of Anarchy, I Tudors - Scandali a corte, The Borgias, quest'ultima soprattutto per questa mia affinità con Roma. La cosa bella della tv via cavo è che non è necessario avere un grandissimo pubblico per poter fare una serie, c'è veramente un'ampia possibilità di scelta.

Quando Dan Aykroyd ti ha chiesto di far parte di quei concerti, cosa ti ha convinto, alla fine a salire su quel palco?

Proprio Danny, lui è una persona che ha un grande potere: ha creato un nuovo personaggio per me, quello di Z Blues, il fratello perduto albanese.

Hai sottolineato più volte l'importanza della ricerca, per un attore, il porsi il problema del pubblico e di come recepirà il tuo lavoro. Cosa ne pensi di quegli attori che invece non se ne curano e pensano solo al successo?

E' difficile rispondere, questo si chiama show business, oltre allo show c'è anche il business. Noi attori non sappiamo abbastanza di questo aspetto, ma quando diventi famoso hai più possibilità: io credo che tutti studino, in realtà, solo che ognuno ha il suo modo. Nel Saturday Night Live, per esempio, la parte di programma più ambita era la prima mezz'ora: all'inizio io ero diventato molto combattivo per poter rientrare in quella prima mezz'ora. Solo in seguito ho iniziato a lavorare di più sui miei personaggi. E' un doppio lavoro quello dell'attore, devi recitare e pensare al business. Tutti gli attori passano una fase in cui pensano solo al successo, poi se ne accorgono e tornano a fare semplicemente il loro lavoro.

##Tra le serie televisive che segui ci sono cose italiane?## L'unico prodotto "italiano" che conosco è proprio A proposito di Jim, con Massimo che fa la mia voce. Durante il film a che ho girato a Palermo ho visto in tv la trasmissione Colpo Grosso, volevo comprarmi i diritti! Scherzi a parte, conosco di più il cinema italiano, rappresenta la base del nostro mestiere, si insegna nelle scuole di cinema. Mi auguro comunque che un festival come questo rappresnti un modello anche negli USA, visto che ora la tv è un modello, è al suo massimo.

Perché ti diedero il ruolo di Jim? Non era una scelta così immediata, vedendo la tua carriera.

La serie era basata su film Return to Me, in cui recitavo insieme a Minnie Driver. Io interpretavo ruolo del marito operaio, così il mio agente ha preso 8 minuti di quel film ed è andato alla ABC, proponendogli il personaggio per una serie. Loro hanno subito accettato.

Puoi dirci qualcosa sulla serie tratta da The Blues Brothers?

Mia cognata è tra gli sceneggiatori che ci stanno lavorando da un paio d'anni, ma io non sono coinvolto, non ne so molto. Il titolo porta con sé un grosso fattore di riconoscimento, il brand può aiutare, ma credo che alla fine debba venirne fuori un prodotto impeccabile. I Blues Brothers, per il pubblico, sono John e Danny.

Tre anni fa hai avuto la cittadinanza onoraria albanese. Perché era così importante per te? Le tue origini sono albanesi, ma hai sempre vissuto in America.

Mi manca mio padre. Io ho amato tantissimo mio padre, lui veniva da lì, da un piccolo villaggio contadino di montagna, ed erano 60 anni che non ci andava più: io ce l'ho portato nell'ultimo anno della sua vita. Era un uomo un po' burbero ma è stato molto felice di tornare in quel villaggio, anche per come ci hanno accolto: è stata un'esperienza bellissima. Ripensando a lui, nonostante le sue pecche, credo fosse un'anima gentile, un uomo buono. Negli ultimi 10 anni della mia vita mi sono veramente innamorato di mio padre, quando arriva Natale ripenso sempre a lui, e anche mia moglie dice che le manca. L'Albania rappresenta, per me, la ricerca dell'amore che sentivo per mio padre. E' un paese emergente, queste persone sono state punite terribilmente per 50 anni, ma sono persone calde, buone: sono state veramente sfortunate.