The Bourne Legacy presentato da Gilroy, Renner e Norton

Il nuovo episodio del franchise di spionaggio, a metà tra sequel e spin-off, è stato presentato in conferenza stampa dal regista e dai due protagonisti.

Una presentazione ufficiale a due mesi di distanza dall'uscita in sala del film, e soprattutto senza che questo sia stato effettivamente mostrato (con l'eccezione di una selezione di scene della durata complessiva di 40 minuti) non è cosa usuale. Lo confessiamo, anche alle luce del buon livello del materiale mostrato, del "peso" dei nomi coinvolti, e del carattere inusuale dell'operazione (una via di mezzo tra sequel e spin/off) ci sarebbe piaciuto vedere questo The Bourne Legacy per intero. Ma tant'è: l'appuntamento è soltanto rimandato. A settembre, precisamente: e non è certo un esame di riparazione per il film di Tony Gilroy, con un nuovo eroe braccato dall'intelligence del suo paese impersonato da Jeremy Renner, e un villain di lusso come Edward Norton. Le loro risposte alle numerose domande dei giornalisti presenti hanno illuminato molti aspetti di questo nuovo episodio del franchise, oltre ad accrescerne ovviamente l'attesa.

Gilroy, com'è stato il suo ingresso nella saga da regista? Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo episodio della serie?
Tony Gilroy: Ci saranno cose già conosciute, familiari: tante location, viaggi, azione, e poi qualcosa di diverso, ovvero una prospettiva più ampia per quanto riguarda i luoghi, un panorama un po' più epico. Alcuni dei personaggi saranno analoghi a quelli che conosciamo, ma ci sarà un nuovo rapporto tra i personaggi nuovi e quelli vecchi.

C'è un confronto forte tra i personaggi di Edward Norton e Jeremy Renner. Cosa vi affascinava di questo tema?
Jeremy Renner: Ci sono un paio d'ore di fantastico cinema. Nonostante il forte tema del confronto tra i due, ci siamo trovati a lavorare alla stessa scena solo per una giornata. C'è un grande scontro di intelligenze, e questo dà facilità al film, lo fa fluire bene.
Edward Norton: Io sono un grande ammiratore di entrambi i personaggi, e penso che quando si salta dentro una storia già serializzata ti chiedi cos'è che permette di continuare a svilupparla, e come questa diventi qualcosa di nuovo. Tony aveva forse l'interesse a sviluppare la storia in direzioni diverse, proprio perché ci viveva da molto tempo. Mi è piaciuto il modo in cui ha utilizzato quest'episodio per tuffarsi in elementi diversi, nelle zone grigie della moralità dei personaggi. Ha aggiunto una dimensione nuova, emotiva e morale.

Renner, lei ha già fatto film d'azione, e tra questi ci sono Mission: Impossible - Protocollo Fantasma e The Hurt Locker. Che differenza c'è tra l'eroe di quest'ultimo film e quello di Bourne? Jeremy Renner: Se bisogna parlare di eroi... non saprei molto di loro. Non saprei come si possano paragonare due film, è come paragonare due quadri, parliamo di cose diverse. Io non vedo questi due personaggi come degli eroi, sinceramente. Non credo di essere in grado di rappresentare un eroe, io cerco solo di essere credibile; così come, allo stesso modo, nel film non c'è un cattivo con la faccia da cattivo. E' un film che mostra un'intelligenza nella gestione dei personaggi: forse il mio è più un anti-eroe, una vittima delle circostanze.

Mentre un franchise come quello di James Bond cerca di rinnovarsi, vediamo un personaggio come questo. Forse si potrebbe parlare di un nuovo Bond, un Bond più moderno? Tony Gilroy: Questo è un momento interessante: ci sono grandi film serializzati, e credo che molti cineasti stiano cercando di scrivere storie serialmente. Si sta quasi tornando negli anni '30 in cui c'erano lunghe serie di film, ci si pone sempre il problema di come continuare una storia. Una possibilità è quella "alla Bond", un'altra quella della Marvel; noi invece abbiamo visto ciò che avevamo fatto prima, c'era appetito e voglia di continuare, e quindi abbiamo pensato: se decidessimo che abbiamo mostrato solo una piccola parte, e che c'è un quadro molto più grande? Contemporaneamente alla nostra storia scorre The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo, e quello è il catalizzatore dei nostri eventi. Se funziona, vorrà dire che avremo costruito una nuova metodologia per i sequel.

Norton, tra i personaggi che ha interpretato, qual è il suo preferito? Come lo lega al personaggio interpretato qui? Edward Norton: Credo che in via generale ogni attore sia attratto da personaggi complessi, e questo vale per molti attori. Credo che i personaggi sui quali ho lavorato mi abbiano portato tutti un'esperienza ricca e soddisfacente: specie quando il personaggio si muoveva tra paradossi, se era difficile da ridurre a una certa categoria, se era contraddittorio. Le persone contraddittorie sono quelle più interessanti. Quello che mi è piaciuto della scrittura di Tony sul triangolo tra me, Jeremy e Rachel è il fatto che c'era un ritratto in cui ognuno prende decisioni basate sì su una serie di ideali patriottici, ma anche su una serie di compromessi, ovvero sul fare delle cose che non ricadono in quello che chiamiamo 'bene'. Ognuno di loro aveva parlato a sé stesso razionalizzando ciò che stava facendo, in modo da riuscire a farlo. Alcune persone fanno cose cattive in nome di ciò che credono sia una cosa buona, positiva, e questa è una prospettiva interessante. Molto di ciò che di cattivo succede nel mondo si basa su questa giustificazione, su questa razionalizzazione. I film di Bourne attraggono pubblico perché c'è il ritratto di un mondo che esiste, a differenza di quelli di Bond o Mission: Impossible, che sono quasi dei cartoon. Questi film, invece, sono radicati nel momento moderno, quello in cui viviamo, le cose viste nel film succedono e sono oggetto di dibattito nella nostra società.

I primi tre film si sono identificati con il personaggio di Matt Damon. Sostituirlo è stata una delle imprese più delicate, probabilmente. Com'è stato affrontato questo momento e come è stato scelto Renner? Tony Gilroy: Dall'ultimo film di Bourne è passato molto tempo, era una saga che non faceva più parte della mia vita. Finito The Bourne Ultimatum, però, tutti pensavano che in qualche modo avremmo potuto continuare. Non era facile capire cosa avremmo fatto poi con questi personaggi, sembrava tutto abbastanza completo. A quel punto tutto il team ha deciso di trovare un modo diverso per continuare, e parlando coi produttori abbiamo prospettato una serie di idee; qualcuno ha detto che non si poteva sostituire un attore, né tornare indietro nel passato. Così ci hanno proposto di fare un film che espandesse ciò che era successo prima, e noi siamo rimasti fedeli a quella metodologia, sviluppandola. Per me non c'era motivo di continuare se non c'era un personaggio equivalente a quello di Bourne, e quando ho letto quello di Aaron Cross ho pensato che era interessante perché aveva molte caratteristiche da sviluppare. La cosa difficile è stata convincere persone che inizialmente erano critiche, addirittura seccate del fatto che stessimo continuando: ma poi, quelle stesse persone sono state felici del risultato.
Quali sono le differenze principali tra Bourne e Cross? Il secondo sembra più propenso a uccidere... Tony Gilroy: In questo film, noi diciamo che il programma Treadstone in realtà è solo uno dei tanti, che c'era un burattinaio. Il personaggio di Edward in realtà è sempre stato dietro le quinte, e questo programma non era solo della CIA: lui aveva una sua agenzia a Washington, che aveva creato degli assassini, tra i quali c'era Bourne. Il problema di quest'ultimo era sempre quello dell'etica, lui "buono" che apprendeva di essere il male; il programma di Jeremy era più complesso, non doveva fare solo assassinii ma aveva incarichi di durata, più complessi. Questi nuovi agenti sono persone più sociali nel mondo, più adattive e curiose, con un'intelligenza più adattiva e per questo più efficace.
Jeremy Renner: Cross sa perfettamente chi è e cosa sta facendo, lo sa da sempre. Lui vuole essere parte di qualcosa, vuole avere una ragione per vivere: da questo punto di vista, è come tutti noi.

Norton, lei è contraddittorio, come i personaggi che le piacciono? Edward Norton: Ognuno di noi ha delle contraddizioni nel proprio essere, e spesso le forze che abbiamo si bilanciano con le debolezze: io credo di non essere diverso da qualsiasi altra persona. Sono sempre riluttante nel dire cosa porto e cosa prendo dai miei personaggi, perché la recitazione per me è un processo in cui guardo anche gli altri e cerco di comprenderli.

Come reputa il mestiere dell'attore? Edward Norton: Fare l'attore è un lavoro splendido se si riesce a farlo: nel mondo in cui viviamo oggi sei fortunato se hai un lavoro che piace. Io non sono mai cinico rispetto al fare film, per me è un apprendimento costante, per ogni film si entra in un mondo diverso che prima non conoscevamo: io mi sento quindi molto privilegiato. Il mio lavoro mi consente sempre di continuare a crescere. Raccontare storie e attrarre il pubblico è un modo per comunicare gli uni con gli altri. Le persone vanno al cinema anche per avere una maggiore conoscenza del mondo e di se stessi.

Renner, come si è preparato a questo ruolo, conoscendo quello di Matt Damon? Jeremy Renner: Ho fatto molta preparazione fisica, e questa è la cosa che si vede di più. Ciò che soprattutto si vedeva erano le caratteristiche fisiche del personaggio, la preparazione è stata tutta una questione di stretching e di lotta: è stato anche divertente.

Norton, lei ne La 25a ora interpretava un personaggio senza remore morali, qui invece è un "mangiapeccati". Pensa ci siano dei punti in comune? Edward Norton: Sono personaggi paradossali o che fanno cose cattive, che fanno del male. Il punto sta nel capire come sono giunti in quel punto nella loro vita. Credo che questo sia il tipo di caratteri interessante per me, anche se ho interpretato anche ruoli diversi: a volte si trova profondità anche in personaggi diversi, altre volte è puro divertimento. Ma è questa la cosa bella di questo mestiere. Forse, comunque, quelli che ha citato non sono i due ruoli più diversi che ho fatto.