Tarantino e Roth a Roma: è il giorno di Bastardi senza gloria

Insieme all'amico e collega Eli Roth e a Lawrence Bender, produttore di quasi tutti i suoi film, Quentin Tarantino ha presentato oggi a Roma il suo attesissimo maccaroni-combat Bastardi Senza Gloria, distribuito in più di 400 sale da venerdì 2 ottobre.

Dopo la presentazione in quel di Cannes i Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino sbarcano in Italia. Cielo grigio, più di mezz'ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia e tutte le interviste annullate: il Tarantino Day a Roma non era di certo iniziato nel migliore dei modi ma si è concluso in maniera brillante e mai banale, trattandosi di un grande cineasta come Quentin Tarantino non poteva essere altrimenti. Intelligente e con la sua aria un po' strafottente nei confronti dei cliché e del politicamente corretto, Quentin ci ha raccontato il motivo per cui ha scelto di riscrivere la Storia e la caduta del Terzo Reich, ci ha parlato del suo modo di lavorare, di scegliere e relazionarsi sul set con gli attori, della genesi della storia, dell'appassionante avventura dei suoi 'bastardi', cacciatori e sterminatori americani di nazisti, in giro per la Francia nei primi anni dell'occupazione tedesca, ma anche dell'intreccio delle loro vicende con quella di una giovane ebrea sfuggita al massacro della sua famiglia ad opera dei nazisti e del suo modo di fare cinema, di reinventarlo e di renderlo sempre nuovo e ricco di sorprese. Ad accompagnarlo in questa visita lampo in Italia il suo produttore storico Lawrence Bender e l'amico Eli Roth, regista dei due Hostel, entrambi prodotti da Tarantino, nonché co-protagonista del film nei panni dell'Orso Ebreo Donny Donovitz, sterminatore di nazisti con la sua inseparabile mazza da baseball. Nel cast anche un divertentissimo Brad Pitt, un magistrale Christoph Waltz, Michael Fassbender e la splendida Diane Kruger.

Signor Tarantino, ambientare l'attentato al Terzo Reich in una sala cinematografica è stato un segnale forte da parte sua, secondo lei il cinema ha veramente la forza per arrivare a cambiare il destino del mondo?
Quentin Tarantino: Si, lo credo fermamente, ma la mia scelta dipende dal fatto che ho sempre amato fare più cose contemporaneamente nel mio lavoro. Da un lato mi piaceva l'idea di rimarcare il grande potere del cinema in assoluto, dall'altro mi allettava anche l'idea di usarlo per cambiare la Storia facendo crollare addirittura il Terzo Reich. Non volevo usare metafore, ma semplicemente raccontare quel che sarebbe potuto succedere nella realtà se questi miei personaggi fossero realmente esistiti.

C'è un motivo per cui ha scelto di cimentarsi ora su un film pseudo-storico come Bastardi senza gloria o lo considera semplicemente una prosecuzione del suo personalissimo percorso artistico di sperimentazione cinematografica?
Quentin Tarantino: Sono sempre molteplici le ragioni che solitamente mi spingono a lavorare su qualcosa, a pensare, scrivere e dirigere film. La prima è proprio la mia grande voglia di sperimentare, una possibilità importante per me che mi consente di mettermi continuamente in gioco. Con Bastardi senza gloria ho voluto cimentarmi nel filone storico o pseudo storico per omaggiare quel sottogenere italiano che i giapponesi chiamerebbero 'maccheroni kombat', poi man mano che è proseguito il processo creativo e che ho iniziato a scrivere i personaggi la storia ha cambiato aspetto e genere, ad un certo punto sono emerse altri elementi come la guerra, i suoi protagonisti, le ambientazioni. Avevo sempre desiderato fare un film di guerra e di poter scoprire qualcosa in più di me stesso proprio analizzando la storia e il mio modo di scriverla.

Come le è venuto in mente di raccontare in una maniera così bizzarra il personaggio di Adolf Hitler e dell'ennesimo attentato organizzato per eliminarlo?
Quentin Tarantino: Non vorrei approfondire troppo questo aspetto, non vorrei che gli spettatori venissero a sapere cosa gli succede prima di vedere il film. Posso dirvi che quando ho iniziato a scrivere il film non avrei mai pensato di poter andare così lontano dalla verità storica, credevo di poterla onorare ma poi sono giunto su un'altra strada e ho deciso di percorrerla. Ad un certo punto mi sono chiesto 'ma che diavolo sto facendo?', eppure non riuscivo a fermarmi, lasciavo che fossero i personaggi a scrivere la storia, non volevo che per loro ci fosse qualcosa di proibito, di politicamente corretto o scorretto, volevo lasciarli liberi di fare e dire quel che volevano, di vivere il momento senza restrizioni o condizionamenti. Non avevo mai ragionato in questo modo come scrittore prima di Bastardi senza gloria, non avrei mai pensato di creare questa digressione storica, i miei protagonisti hanno cambiato il corso della Storia, alla fine è questo quel che è accaduto.

Qual è al momento il suo rapporto con la critica cinematografica?
Quentin Tarantino: Ho molti amici tra i critici, uno dei miei migliori amici fa il critico cinematografico. Ho molto rispetto per la professione, amo la carta, i giornali veri, non amo le riviste sul web e penso che se non avessi deciso di fare il regista a questo punto sarei un critico. Forse non sapete che anch'io scrivo critiche dei film, scritti mai pubblicati che magari un giorno renderò noti, quando smetterò di fare il regista e lo scrittore probabilmente mi darò al giornalismo e proverò a diventare critico. Dopo 17 anni da regista è piuttosto chiaro chi sono e quel che sono i miei film, non si può più far finta che Tarantino non esiste, semplicemente bisogna prendere una posizione in merito. Oggi come anni fa i critici o mi amano o mi odiano, il modo in cui loro mi vedono definisce il loro modo di scrivere e di vedere il cinema, sono diventato un po' una parte integrante del loro lavoro, è questo l'importante.

Ha mai colto qualche spunto interessante di crescita dalle critiche della stampa specializzata? Con la morte del critico cinematografico inglese interpretato da Michael Fassbender ha voluto in qualche modo portare a termine la sua piccola vendetta?
Quentin Tarantino: Certo che ho trovato degli spunti interessanti nelle critiche negative che ho ricevuto in questi anni. Nel 1995 quando uscì Pulp Fiction qualcuno scrisse che io non sarei mai diventato un maestro di suspense e questa critica me la sono portata dietro sempre cercando di non ripetere gli stessi errori. Con la morte del personaggio del critico non ho voluto assolutamente penalizzare la categoria, anche perchè se ci pensate bene è un ruolo fondamentale il suo, tutta la missione dei 'bastardi' dipende da lui, è lui l'unico a parlare bene il tedesco, è lui che ha nelle mani il destino del piano anti-nazista. Con il suo personaggio ho voluto un po' sovvertire la narrazione prendendo come spunto I cannoni di Navarone ed il personaggio interpretato da David Niven, negli scontri non viene mai ferito, tutto dipende da lui, l'intero film è girato in funzione del suo personaggio reso qualsi invincibile. Far morire il personaggio di Fassbender è stato il mio modo di riportare tutti alla realtà, Normalmente nei film i buoni non muoiono mai, nei miei si.

Signor Bender, lei collabora da molti anni con Tarantino, il vostro rapporto com'è cambiato negli anni?
Lawrence Bender: Il bilancio è senz'altro fruttuoso e positivo, soprattutto per quel che riguarda Bastardi senza gloria, non saremmo mai riusciti ad avere questo risultato e ad arrivare dove siamo con un film di questo genere se tra noi non ci fosse un rapporto di fiducia completa e di complicità. Questo film più di altri è frutto del nostro modo armonioso di lavorare insieme, tutto si è svolto nel giro di pochissimo tempo ed è stato un vero miracolo. Ricordo quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta, ho conservato e riascoltato tantissime volte il messaggio che Quentin mi aveva lasciato in segreteria. Mi ricordo che mi disse: 'Ho finito il film, che ne pensi? Secondo te andremo a Cannes?'. Dopo qualche settimana eravamo già sul set a Berlino per le riprese, abbiamo fatto tre diversi casting, uno a Parigi, uno in Germania, l'altro negli Usa. Lui si fida di me dal punto di vista creativo e io mi fido ciecamente di lui. E' uno che sa sempre quello che vuole, solo insieme riusciamo a fare del nostro meglio.

Come le è venuta l'idea dell'incendio nel cinema causato dalla combustione delle pellicole dei film?
Quentin Tarantino: Ogni sceneggiatore o semplice scrittore ha di tanto in tanto delle idee eccezionali, intuizioni incredibili che possono aprire scenari impensabili, in quei momenti è come se Dio ci mettesse una mano sulla spalla e ci facesse un regalo, più si è bravi e più intuizioni di questo tipo si riescono ad avere. Quando mi venne in mente la storia delle pellicole esclamai 'Eureka!!', ho trovato il modo di eliminare esplosivi e di trasformare una storia semplice in qualcosa di davvero fuori dal comune, è stata una folgorazione, un'idea fantastica. All'epoca quando si gestiva un cinema era assolutamente necessario impedire che si potesse verificare un incendio che distruggesse i film e uccidesse gli spettatori chiusi in sala, ho voluto usare l'idea opposta, cioè quella di incendiarlo di proposito per tentare di debellare il Terzo Reich. Volevo che la giovane ebrea protagonista del film portasse personalmente a termine la propria vendetta incendiando con le sue mani il cumulo di film, poi ho cambiato idea. Sono stato indeciso anche se far si che bruciassero tutti o solo alcuni...

Tanti i film usciti negli anni sui massacri degli ebrei ad opera dei nazisti, sembra quasi che esistano solo ebrei vittime della Shoah in queste storie. Poi nel recente Defiance e nel suo Bastardi senza gloria cambia tutto, l'ebreo imbraccia le armi, decide di vendicarsi. Pensa di aver in qualche modo contribuito a sovvertire questo cliché?
Quentin Tarantino: Volevo fare un film che avesse come protagonista un gruppo di persone in missione, come nel famoso film di Enzo Castellari Quel maledetto treno blindato o Quella sporca dozzina. L'idea era di realizzare un maccaroni combat, non mi interessava molto chi fossero gli uomini in questione e quale potesse essere la missione. Stabilito questo ho pensato: 'perchè non raccontare le gesta di un gruppo di americani ebrei che alla maniera dei guerrieri Apache vanno alla riscossa contro i nazisti?'. Mi pareva fantastica l'idea di creare la leggenda dei 'bastardi senza gloria', un gruppo di vendicatori che scatena il terrore tra i nazisti in Francia, senza dubbi omi era venuta un'idea fichissima! Le solite storie sugli ebrei le avevo già sentite all'infinito, volevo scandagliare l'altra faccia della medaglia, esaminare l'altro lato della faccenda.

A tal proposito, come si è trovato Eli Roth a recitare nella parte del 'bastardo' anti-nazista?
Eli Roth: Come saprete tutti io sono ebreo e sono cresciuto guardando agli ebrei come la parte offesa, come le vittime sacrificali di una furia inspiegabile. Interpretare questo ruolo è stato per me un modo per cambiare visuale, una cosa intima, non posso negare che l'Ebreo Orso ha cambiato per sempre questa mia percezione.

Come sceglie l'attore giusto per ognuno dei suoi personaggi?
Quentin Tarantino: Gli attori sono tutti diversi, il meglio da ognuno di loro lo si ottiene lavorando separatamente con ciascun interprete, ascoltando le sue esigenze, cercando di conoscere i suoi metodi e le sue abitudini. Ognuno ha le proprie caratteristiche, ognuno ha il suo punto di forza, ognuno ha la sua personalità, ma io fondamentalmente sono uno scrittore, creo i personaggi ed è come se fossero miei figli, li amo, li offro al mondo, li creo dal nulla, da un foglio di carta vuoto, ed è questa una delle cose più preziose che ho. Per questo quando si fa il casting di un film pretendo attori che possano rendere al meglio quello che io scrivo, uomini e donne che possano trasformare i miei personaggi da immaginari a reali. Se qualche anno fa mi avessero chiesto 'ma tu ci lavoreresti con Brad Pitt?' io avrei risposto di si, ma solo se avessi a disposizione per lui un personaggio adatto, non riesco a fare il processo al contrario, non funzionerebbe altrettanto bene.

Qual è la cosa che più la affascina del processo creativo?
Quentin Tarantino: Il segreto è che io conosco alla perfezione ogni singolo personaggio, ogni sfaccettatura della sua personalità, so tutto di ognuno di essi, so cosa succede loro, mi sento un po' come un cronista che racconta quello che i personaggi decidono di fare. In Bastardi senza gloria sono i personaggi a scrivere la storia. Ricordo che mi successe la stessa cosa con De Niro per Jackie Brown, lui ha basato le informazioni solo su di me, mi ha fatto mille domande, gli ho spiegato io cosa fare, come e perchè, non gli è servito documentarsi in altro modo. Solo così riesco a legare un personaggio con l'attore che lo interpreterà, è un processo che non ha nulla a che fare con il pubblico, non ve lo posso neanche spiegare, vi basti sapere che io so quel che faccio e come regalarvi il meglio. La scena iniziale del film, quella dell'interrogatorio durante il quale Landa tira fuori la pipa di Sherlock Holmes è stata a lungo discussa tra me e Waltz, è grazie a lui che ho deciso di strutturarla in quel modo, sia per me che per Christoph infatti la scena dell'accensione della pipa doveva servire solo ad intimorire il contadino ebreo a sfiancarlo psicologicamente, in realtà al colonnello nazista Hans Landa neanche piace fumare la pipa, lo fa solo perchè anche la sua 'vittima' fuma la pipa, perchè ha studiato tutto nei minimi particolari prima di interrogarlo e sa che in quel modo può metterlo in soggezione.

Come si è trovato Eli Roth a lavorare con Tarantino sul set? Ci racconta la sua esperienza?
Eli Roth: Posso parlare sia da attore che da regista, ho lavorato con lui sia nell'una che nell'altra veste. La mia esperienza di Bastardi senza gloria è stata per me come un corso di regia con un Maestro, in certi momenti mi rendevo conto che non stavo prendendo la parte troppo sul serio perchè il personaggio richiedeva proprio questo. In questo film ho dato tutto quello che avevo da dare, mi ricordo che un giorno Quentin mi disse: ' Eli, il DNA del tuo personaggio sta lì su carta, è tutto lì quello che devi sapere, cerca di conoscerlo a fondo come conosci il tuo migliore amico. Mi ricordo che il primo giorno di riprese mi ha chiesto: 'chi sei? descriviti...', se rispondevi qualcosa di diverso da quel che lui voleva sentirsi dire ti cacciava.

Ci racconta un aneddoto, qualcosa che può farci capire meglio questo processo di interazione?
Eli Roth: Vi posso dire che alla fine gli unici attori rimasti sul set per le riprese erano quelli che si conoscevano meglio tra loro, si crea tra noi attori un feeling incredibile e poi alla fine arriva Quentin, solo molto dopo, al contrario di quanto accade con altri registi. Sono i suoi personaggi e i suoi protagonisti che fanno tutto senza di lui, è a questo che reagisce meglio il pubblico, perchè capisce che lui ascolta noi e noi ascoltiamo lui, si decide sempre insieme se quella che si è appena fatta è o meno la scelta migliore. Sui set di Quentin non esistono cellulari, né computer, sei lì per fare il film e basta, se fai qualcosa fuori posto ti caccia fuori, in quel momento noi siamo i nostri personaggi, diventiamo quello. non pensiamo ad altro.

Secondo il produttore dei suoi film, perchè Tarantino ha così tanto successo?
Lawrence Bender: Perchè crea un enorme fiducia con gli attori, perchè è questo il segreto per fare film sempre grandiosi, gli spettatori ormai si fidano di lui, sanno che Quentin si prenderà cura di loro, che li farà divertire, ridere, che li farà innamorare dei suoi personaggi, tifare per loro. Si capisce che il suo lavoro funziona perchè anche lui ride sul set quando vede Brad Pitt o Eli Roth recitare nei panni dei personaggi che lui stesso ha scritto, nel girato si sente la sua risata in sottofondo molto spesso. Quentin sta a fianco della telecamera e guarda la scena con gli attori, partecipa in prima persona e questo crea un diverso tipo di recitazione, più reale del solito.

Come si rapporta Quentin Tarantino alle differenza di platee che la acclamano? Lei è amato sia da un pubblico più sofisticato che dallo spettatore pop appassionato di gadget e di citazionismi, come si spiega questa cosa?
Quentin Tarantino: C'è qualcosa nel cinema italiano che divide a metà due mondi cinematografici, il cult con il classico in senso stretto, a me piace sovrapporre un po' tutte e due le cose e fonderle insieme. Non mi considero un cineasta americano, sono americano di nascita ma faccio film per il mondo, per me l'America è solo un mercato. Prenderò come esempio Le Iene, un gangster movie che gira intorno ad una rapina. Crescendo sono stato influenzato da tutto il cinema del mondo, dai B-movie all'exploitation passando per i polizieschi italiani e i film sulle triadi e sulle arti marziali. Tutte queste influenze ci sono nel mio cinema, sono presenti, non mi scervello affatto per renderli come sono, è tutto nella mia testa come in quel che scrivo e in quel che creo su pellicola. In America come qui in Italia oppure in Cina o in Giappone gli spettatori riscontrano delle analogie con il proprio cinema, con quello insieme a cui è cresciuto. Mi sento un po' come un aspirapolvere, ho preso tutte queste cose e le ho messe nei miei film regalando al mio pubblico dei film di genere nuovi, atipici, non americaneggianti. Per questo il pubblico risponde riempiendo le sale, ognuno ci vede un po' di quello che ama, ed è giusto e bello che sia così.