Roma 2012: Michele Placido presenta fuori concorso Il cecchino

Presentato a Roma il nuovo film d'azione diretto da Michele Placido che vede impegnato un grande cast internazionale ma anche la figlia Violante e Luca Argentero.

In francese si intitola Le guetteur ("la vedetta") ma in Italia uscirà grazie a 01Distribution come Il cecchino: si tratta del nuovo film di Michele Placido girato interamente a Parigi, da lui stesso definito "il mio Romanzo Criminale francese", che insieme alle dinamiche poliziesche e allo spionaggio che coinvolge i servizi segreti offre anche una riflessione sul mondo dei giovani reduci dell'Afghanistan e sulla corruzione di cui è intriso il mondo occidentale. Co-produzione franco-italo-belga costata circa 14 milioni, Il cecchino è a tutti gli effetti un polar, un mix tra il noir e il poliziesco, che vede impegnato un grandissimo cast con alcuni tra i più grandi nomi del cinema francese come Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz e Olivier Gourmet affiancati dai 'nostri' Violante Placido e Luca Argentero con un piccolo cammeo anche per il regista e Fanny Ardant.

Auteuil interpreta il capitano Mattei che, durante una retata mirata ad incastrare una pericolosa gang di rapinatori, vede i suoi uomini soccombere sotto il fuoco nemico proveniente dall'arma di un cecchino, Kassovitz, appostato sul tetto. La concitazione del momento costringe sia i malviventi che la polizia ad un cambio di piano con un conseguente coinvolgimento di persone estranee ai fatti ma i cui destini finiranno col rimanere legati a doppio filo con quelli delle due parti in lotta. Un film che analizza la fase distruttiva che stanno attraversando oggi i rapporti umani e che racconta la psicologia contorta di uomini e donne che si ritrovano loro malgrado al centro di una lotta tra il bene e il male. Presenti alla conferenza stampa di presentazione del film il regista e interprete Michele Placido insieme agli attori Violante Placido e Luca Argentero accompagnati dai produttori Paolo Del Brocco per Rai Cinema e Fabio Conversi per BabeFilms, quest'ultimo produttore e distributore italiano di adozione francese quasi esclusivamente di film italiani. Il cecchino, che in Francia è già uscito vendendo più di 400 mila biglietti, è stato già venduto in 22 paesi ed arriverà presto nelle sale italiane distribuito da 01Distribution.

Il cecchino sancisce definitivamente il suo stretto legame con il cinema di genere, con l'action e con il poliziesco. A cosa dobbiamo questa sua insolita scelta di realizzare un film di genere in Francia?
Michele Placido: Sono cosciente del fatto di non essere un autore alto come i grandi che hanno reso questo genere uno tra i più affascinanti del cinema e questa mia presa di coscienza mi porta spesso ad accettare di dirigere film non miei anche fuori dall'Italia. In questo caso a chiamarmi è stato Conversi, un italiano in Francia, che mi ha fatto da tramite in questa operazione internazionale. Non ho scritto un rigo di questo film ma ho voluto lo stesso buttarmi in quest'avventura francese che io ho reputato essere figlia di Romanzo Criminale. Nasce tutto da lì, nell'ambiente fortunatamente lo hanno visto tutti, a partire dai grandi attori che hanno preso parte a questo progetto che probabilmente hanno accettato la parte proprio perché l'hanno amato. Ho cercato di guidare le scene e gli attori in questo viaggio unicamente attraverso le mie emozioni e le mie sensazioni ed è stato cruciale in questo senso il mio rapporto personale con Daniel Auteuil e Mathieu Kassovitz.

Una storia e tanti personaggi che hanno una forza interiore e che sono spinti da un'etica e da una morale molto spiccate che li spinge a fare scelte molto difficili, è questo che l'ha attratto verso il film o c'è dell'altro?
Michele Placido: Avevo diversi progetti da valutare in Francia, tutte proposte arrivate da parte di produttori francesi che però non mi hanno affascinato come questo. La scelta è ricaduta su Il cecchino principalmente per il mio amore nei confronti del genere, sono un grande amante di Jean-Pierre Melville e di Michel Audiard padre e delle loro storie, ma sono anche i volti degli attori a rapire la mia attenzione. I due giovani sceneggiatori del film Cédric Melon e Denis Brusseaux hanno voluto me per dirigere il film ed io ho accettato con piacere. E' stata una bella esperienza per me, anche perché sono riuscito nell'intento di approfondire maggiormente l'aspetto etico e morale dei personaggi, molto più importante rispetto a quello politico.

Si sente un regista migrante che va dove porta il lavoro e cioè anche fuori dall'italia? E' una scelta che ha fatto perché ha trovato degli ostacoli nel nostro Paese nel portare a termine i progetti che più le interessano?
Michele Placido: Ci sarebbero tantissimi progetti che mi piacerebbe realizzare in Italia e portare avanti con lo stesso ardore di Romanzo Criminale, se pensiamo ad esempio alla cronaca giudiziaria e politica del paese ed ai legami tra Stato e mafia ce ne sarebbero di storie mai raccontare da portare sul grande schermo. Io sono pronto a mettermi in gioco ma in questo momento vige ancora una sorta di autocensura da parte degli autori italiani, è come se aspettassero dei segnali di apertura per poter entrare più dentro alla Storia del nostro paese. Faccio un esempio, gli americani avrebbero fatto già un film su Marcello Dell'Utri ma nessun autore italiano si è ancora cimentato. Ovviamente se io lo facessi non mi concentrerei tanto sulle sue colpe o sugli scandali quanto più sulle motivazioni per cui i giudici hanno ritenuto di metterlo sotto osservazione.

Lei pensa che, con tutto quello che stiamo vedendo di questi tempi, i film di denuncia politica e sociale in Italia non vengono realizzati per mancanza di produttori coraggiosi oppure per mancanza di autori che prediligono la commedia che è un genere assai più semplice anche da vendere?
Michele Placido: Sono convinto che si ritornerà a fare quello che si faceva tanti anni fa, ad entrare nel vivo di quello che è successo negli ultimi anni nel paese. Confido nei giovani autori che hanno senz'altro più fantasia e più voglia di me che sono già piuttosto anziano (ride), quelli della mia generazione ormai si sono un po' seduti e guardano quello che succede con una certa assuefazione. Ritengo che questo sia un male, che dobbiamo tutti fare uno sforzo da questo punto di vista e ripeto, è attraverso la cultura che il governo deve dare segnali di ripresa e deve far ripartire il cinema raccontando la storia civile della nostra Italia. Sarebbe grande segnale per i giovani ed anche un bel modo per ricominciare.

Com'è stato per Violante tornare a lavorare con papà e con Argentero sul set addirittura in Francia?
Violante Placido: Per questo film mi sono ritrovata sul set per la seconda volta sia insieme a mio padre che a Luca e nonostante si tratti di un film tutto al maschile ho trovato molto belli tutti i piccoli personaggi femminili che raccontano purtroppo la loro storia attraverso scene molto intense ed a tratti violente. Per me è stato bello avere la possibilità di confrontarmi per la prima volta con il cinema francese ed attori straordinari come Daniel Auteuil e Mathieu Kassovitz, con loro ho girato solo poche scene ma mi è rimasto qualcosa di molto costruttivo dentro. Sia con mio padre che con Kassovitz ho condiviso un'esperienza intensa perché con loro ho in comune un approccio istintivo e viscerale ed a volte si scatena quasi un terremoto durante le riprese. Un processo creativo potente che mi mette in subbuglio ma mi arricchisce anche moltissimo. A colpirmi è stata anche la forza magnetica di Daniel Auteuil, un attore molto serafico che sferra il suo colpo potente quando meno te lo aspetti.

Anche Luca Argentero torna a lavorare con Michele Placido dopo qualche tempo, com'è stato questo ritorno?
Luca Argentero: Una chiamata di Michele è un po' come una chiamata alle armi per me (ride), è impossibile dirgli di no, specialmente dopo l'esperienza vissuta con lui ne Il grande sogno, film dopo il quale non sono mai più stato lo stesso attore che ero prima. Quando lavori con Michele sai che imparerai tante cose e che la tua carriera in qualche modo subirà dei miglioramenti. Quando è arrivata questa chiamata mancavano solo pochi giorni all'inizio del film ed avrei risposto sì a qualsiasi ruolo, ma quando ho saputo che avrei dovuto impugnare una pistola e sparare in qualità di membro di una banda di rapinatori allora mi ci sono buttato con tutto me stesso senza neanche pensarci.

Il cecchino rappresenta un passo molto importante verso una produzione italiana che guarda con fierezza anche al mercato internazionale, è pensabile un'apertura del nostro cinema all'esterno proprio attraverso il genere?
Michele Placido: Certo che sì, potrebbe essere un'idea per cominciare a lavorare in questa direzione ed io stesso ho già diversi progetti in cantiere che mi piacerebbe proporre ad alcuni produttori francesi, vediamo come procederanno le cose.
Paolo Del Brocco: Questo è stato un film impegnativo che ha impiegato una compagine produttiva enorme ed è chiaro che in Italia non si producono più ormai da anni film di genere. Motivo principale è che non c'è da parte del pubblico la giusta attenzione verso prodotti diversi e meno commerciali. Dobbiamo lavorare in questa direzione per poter riconquistare il pubblico in un momento in cui anche il film d'autore puro sta scomparendo dalle sale e la commedia viene ipersfruttata e spesso in malo modo.