Recensione The Butterfly Room - La stanza delle farfalle (2012)

The Butterfly Room, terzo lungometraggio dell'italiano Jonathan Zarantonello, mette insieme un cast ricco di scream queen e di volti noti dell'horror di ieri e di oggi: ma il film, ben scritto e diretto, si rivela tutt'altro che un mero esercizio di citazionismo.

Il volo negato

Ann è un'anziana, solitaria signora che ha un'inquietante passione per le farfalle. La donna uccide gli insetti e ne imbalsama i corpi, chiudendoli in delle cornici e appendendoli ai muri del suo appartamento. Ma da casa di Ann, ogni notte, provengono anche strani rumori, come colpi di martello che si abbattono su un muro. Di questi rumori si accorgono Julie e sua madre Claudia, che vivono nell'appartamento a fianco: Claudia, separata e impegnata in una relazione con un nuovo compagno, è spesso fuori casa, e finisce così per trascurare la piccola Julie. Questa stringe una singolare amicizia con Ann, che inizia a sostituire sua madre nelle frequenti assenze; la ragazzina viene inoltre a conoscenza di una misteriosa bambina di nome Alice, che sarebbe la piccola figlia di Ann morta in circostanze misteriose. Durante un week-end di assenza di Claudia, durante il quale la ragazzina viene affidata ad Ann, Julie sente la voce della donna provenire dal suo studio, stanza "proibita" in cui Ann tiene le sue farfalle: l'anziana donna pare rivolgersi a una misteriosa bambina, che sembra essere con lei nella stanza. La piccola Alice è davvero morta?


E' un horror tutto al femminile, The Butterfly Room - La stanza delle farfalle, nuova pellicola del regista italiano Jonathan Zarantonello. Presenze femminili, quelle messe insieme dal regista, che provocano immediatamente un sussulto all'appassionato di horror: il cast del film riunisce infatti tre generazioni di scream queen del grande schermo, dall'indimenticata Barbara Steele (che fu lanciata da Mario Bava nel suo La maschera del demonio) alle regine dello slasher anni '80 Heather Langenkamp (la Nancy di Nightmare - Dal profondo della notte), Adrienne King (superstite nel primo Venerdì 13) e P.J. Soles (vittima di Michael Myers in Halloween - La notte delle streghe); per arrivare a quella Erica Leerhsen che è stata co-protagonista del Non aprite quella porta targato Marcus Nispel e di pellicole minori quali Il libro segreto delle streghe: Blair Witch 2 e Wrong Turn 2 - Senza via d'uscita. Un cast, quindi, che ammicca esplicitamente al fan del cinema dell'orrore (anche la presenza di Ray Wise, che il pubblico ricorda come padre di Laura Palmer ne I segreti di Twin Peaks, può essere letta in questo senso) per un film che si rifà in modo esplicito al cinema di genere dei decenni passati, italiano e statunitense.

C'è un po' di giallo all'italiana, nel film di Zarantonello, con la mano guantata di Barbara Steele in una sequenza (tesissima) ambientata su un ascensore, e un'atmosfera malata degna del miglior Dario Argento; un po' del Brian De Palma più "duro" degli inizi (vengono in mente Carrie - Lo sguardo di satana, altra lettura al femminile del genere, e il quasi dimenticato Le due sorelle); un po' delle ossessioni dei thriller anni '90 di Jonathan Demme (Il silenzio degli innocenti è il riferimento più ovvio) e David Fincher; molto, soprattutto, di quello sguardo privilegiato sull'infanzia che fu incarnato, letterariamente, da Stephen King, e che fa del bambino un elemento capace, lui solo, di fronteggiare l'orrore. Raccontato così, forse, The Butterfly Room potrebbe sembrare frutto di mero citazionismo, nonché di un certo grado di compiacimento cinefilo: ma non è così. Zarantonello, d'altronde, è regista intelligente e refrattario alle classificazioni (i precedenti Brandelli di scuola e Uncut - Member Only lo dimostrano) e il risultato qui ottenuto è frutto, innanzitutto, di un buon lavoro di sceneggiatura. Sceneggiatura che è, in realtà, una rielaborazione di una storia che ha ormai più di 10 anni di età; sviluppata dal regista prima in un suo romanzo, intitolato Alice dalle 4 alle 5, e poi in un cortometraggio del 2000 dallo stesso titolo.

Quello di The Butterfly Room è comunque, principalmente, un orrore psicologico e realistico. Lo script va a indagare, con notevole pregnanza, in storie al femminile di solitudine, devianza e abbandono: queste coinvolgono tutte le protagoniste, bambine e adulte, in un universo in cui le uniche due possibilità, per donne lasciate a sé stesse da un universo maschile che resta sullo sfondo, sembrano essere la solitudine o un distorto (e malvagio) sentimento di affetto. Di quest'ultimo fa le spese la piccola Julie, che ha sperimentato il senso di abbandono da una madre che ne è stata, a sua volta, vittima; ma la stessa Ann, una Barbara Steele perfetta nella sua aderenza al ruolo, si rivela tutt'altro che un mostro senza cuore. Piuttosto, la sua Ann è una donna caratterizzata da una visione distorta della maternità, che diviene volontà di possesso e controllo, ma che viene facilmente rivoltata contro di lei da una vittima (la piccola Alice) che si fa presto carnefice. Il sentimento di possesso che muove la donna è caratterizzato dal sogno di bloccare le sue vittime in un'eterna infanzia, di farne, loro stesse, farfalle imbalsamate, in grado di perpetrare la sua voglia di maternità. Un sentimento, quest'ultimo, probabilmente più umano (e più comune) di quanto ci piacerebbe ammettere.

Lo script racconta il tutto utilizzando un efficace meccanismo di alternanza dei piani temporali; focalizzandosi dapprima sull'incontro di Ann con Julie, per poi narrare in flashback quello della donna con Alice, e mostrare l'amicizia instauratasi con quest'ultima parallelamente a quella che vede protagonista l'altra ragazzina. La struttura narrativa della pellicola, dal momento in cui se ne colgono le coordinate, si rivela funzionale e ben congegnata; il montaggio, in particolare, riesce a mettere bene in evidenza i paralleli tra i due subplot, nonché ad aumentare il livello di tensione per la risoluzione del mistero contenuto nel titolo. Una messa in scena intelligente e d'impatto, capace di far scaturire l'orrore dai luoghi del quotidiano, e uno score dal gusto seventies, opera degli esperti Pivio e Aldo De Scalzi, fanno il resto; e va sottolineata, soprattutto, la capacità del regista di valorizzare al meglio la prova dell'ingombrante protagonista, icona del genere richiamata dopo un ventennio (e, a quanto si apprende, con soddisfazione) alla recitazione.

Movieplayer.it

3.0/5