Recensione Terraferma (2011)

Terraferma conferma il talento purissimo di un regista capace di narrare storie dalla grande forza emotiva, attraverso immagini nitide e incisive, che senza concessioni ad una banale spettacolarità toccano lo spettatore nel profondo.

In mezzo al mare c'è un'isola così piccola da non essere disegnata su alcuna carta geografica. In questo posto lontano da tutti vive Filippo, un ventenne che dopo la morte del padre prosegue la tradizione di famiglia lavorando sulla barca di nonno Ernesto. L'uomo, pescatore dalla solida moralità, poco comprende i tentativi dell'altro figlio, Nino, di dedicarsi esclusivamente al turismo, scarrozzando orde fameliche di spensierati vacanzieri. Il ragazzo vive con tranquillità la sua condizione particolare, preoccupato solo dagli atteggiamenti della madre Giulietta, propensa ad affittare la sua abitazione ai villeggianti, per guadagnare i soldi che finanzieranno la fuga dal paradiso.

Quando Ernesto e Filippo soccorrono una zattera di migranti durante una battuta di pesca, portando a casa una donna incinta e l'altro suo figlio, Giulietta mal sopporta quella pericolosa convivenza forzata. Sconvolto dal primo grande turbamento amoroso della vita e dal contatto con una tragica realtà che non aveva mai considerato, Filippo non comprende subito i suoi sentimenti, ma grazie alla più imprevedibile delle scelte riesce a trovare la sua strada.

Vecchio mondo

Primo film italiano in concorso al Festival di Venezia Terraferma di Emanuele Crialese conferma il talento purissimo di un regista capace di narrare storie dalla grande forza emotiva, attraverso immagini nitide e incisive. La sua è un'opera che senza concessioni ad una banale spettacolarità riesce a toccare lo spettatore nel profondo, trasformando la fredda cronaca di un argomento così delicato, come lo sbarco dei migranti, in un poetico racconto di formazione. Girato tra mille difficoltà a Linosa, 250 abitanti e pochi collegamenti con la Sicilia, il lavoro di Crialese non è (solo) un atto d'accusa contro la strategia del terrore che trasforma lo straniero in invasore. L'autore capitolino, infatti, rifiuta l'approccio 'politico' in senso stretto per soffermarsi invece su come il contrasto tra culture diverse, diventato via via scoperta, vera accoglienza, cambi nel profondo le dinamiche di questo piccolo gruppo sociale.

L'isola di Nino

Una immagine del film Terraferma di Crialese
Una immagine del film Terraferma di Crialese

L'isola è il minuscolo palcoscenico in cui si scontrano due modi opposti di intendere la vita. Se i padri riconoscono solo la legge del mare, che li spinge a tendere sempre la mano ad un uomo in difficoltà, affrontando ogni eventuale conseguenza di quell'azione, i figli preferiscono non vedere, cambiare rotta, ignorare quello che non può essere ignorato, chiudendosi al rapporto con l'altro da sé. Il regista drammatizza con misura e senza forzature questo conflitto tra vecchio e nuovo o meglio, tra quello che sembra vecchio e quello che sembra nuovo, esaltando la forza di ciascun personaggio da ogni primo piano, soprattutto quando in scena ci sono le figure femminili principali, Giulietta e Sara, due madri, due donne che non possono ignorare quello che sta accadendo alle loro esistenze e istintivamente scelgono l'apertura, il rispetto reciproco, anche grazie alla nascita di una bambina.

Restare umani. Sempre

Una scena del film Terraferma di Crialese
Una scena del film Terraferma di Crialese

L'arrivo del gruppo di clandestini in questa isola è quindi la miccia che fa deflagrare tutte le certezze dei protagonisti e diventa l'occasione per una rielaborazione delle proprie convinzioni. Chi, come Giulietta, la misurata Donatella Finocchiaro, sogna di viaggiare, di allontanarsi da quel posto in cui la bellezza della natura non basta più a dare un senso alla vita, finisce forse per restare, mentre Filippo, interpretato da Filippo Pucillo, il vertice verso cui tende tutto il racconto, abbandona la sua quieta immaturità per diventare finalmente grande. In mezzo a questi due estremi c'è la dignitosa sofferenza di Sara (Timnit T.), la profuga etiope che conosce perfettamente la sua direzione e la insegue con commovente ostinazione.

Il ventenne poco sa dei rapporti umani e della vita, isolato da tutto e da tutti, indeciso se seguire la strada del nonno (Mimmo Cuticchio), vegliardo signore che nella sua testarda distanza dalla modernità riesce a mantenere accesa la fiamma della vera umanità e quella dello zio Nino (Beppe Fiorello), desideroso, al contrario del padre, di sembrare al passo con i tempi, involgarendosi senza rimedio. Sarà un bellissimo bagno notturno, che svela a noi spettatori un fondale carico di relitti, di storie e identità ormai arenate, a chiarire le idee di Filippo e a spingerlo sulla rotta giusta. Quella che porta verso un vero nuovo mondo. Il suo.

Movieplayer.it

4.0/5