Recensione Nothing Bad Can Happen (2013)

La Gebbe è abile nel colpire lo spettatore allo stomaco con una messa in scena curata, riuscendo nell'intento di trasmettere e far provare la sofferenza del suo protagonista.

La passione di Tore

Giovane e solo, Tore è alla ricerca del suo posto nel mondo, ma ha una certezza nella sua vita: la fede. Appartiene ad un gruppo che si fa chiamare Jesus Freaks e crede fermamente in sentimenti di tolleranza e fratellanza, mosso da una pulsione verso l'amore e l'accettazione universale che Gesù Cristo predicava.
Accolto da una famiglia in una casa di campagna estiva, il ragazzo si trova ad affrontare i comportamenti violenti del capofamiglia, tra scatti d'ira, costrizioni e privazioni sempre più opprimenti, soprusi sia fisici che psicologici rivolti non solo nei suoi confronti, ma anche verso Sanny, l'adolescente di casa con la quale stringe un forte legame.

Unico film tedesco tra tutte le sezioni di Cannes 2013, Nothing Bad Can Happen della giovane regista Katrin Gebbe, presentato nell'ambito della sezione Un Certain Regard, si ispira a fatti reali ed esplora il mondo della fede, rifugio per molti in un mondo che spinge a reazioni estreme, nel bene e nel male. Lo fa attraverso lo sguardo sereno di Tore, la calma tolleranza con cui affronta tutto quello che gli capita, senza risparmiarci nulla delle sue sofferenze e dei maltrattamenti che subisce, in una sorta di Funny Games alla rovescia, in cui è l'intruso ad essere vittima della violenza dei padroni di casa.
Uno sguardo, quello di Tore, che il giovanissimo Julius Feldmeier indossa alla perfezione, costringendoci ad entrare nel suo mondo di serena sofferenza e pacata tolleranza. Una bravura che si manifesta allo stesso modo nell'esprimere il conflitto che vive in alcuni snodi drammatici della storia.
La Gebbe è abile nel colpire lo spettatore allo stomaco, con una messa in scena curata e ben gestita, che gioca con la messa a fuoco e che risulta a tratti insopportabile proprio perchè così sa rappresentare così bene le situazioni vissute dal protagonista, riuscendo nell'intento di trasmettere e far provare la sofferenza di Tore, di sentire sulla propria pelle la sua sofferenza.
Un approccio diretto, duro, schietto che ci pone di fronte alle azioni insane degli ospiti del ragazzo, via via sempre più esplicite, ma anche l'inspiegabile, almeno per molti, assenza di reazioni di lui persino nelle situazioni più estreme.
Il porgi l'altra guancia che si manifesta in Tore sottolinea non solo la sua fede in Cristo, ma anche il suo parallelo con il Messia cattolico. Un parallelo che si concretizza, seppur in scala minore, in un finale che vede il ragazzo sacrificarsi per il bene altrui, per salvare il prossimo.

Movieplayer.it

3.0/5