Recensione Marilyn (2011)

Un progetto non facile, quello di far rivivere un personaggio complesso e iconico come quello di Marilyn Monroe, ma Michelle Williams riesce ad interpretarla in modo convincente e ad essere fragile e seducente, carismatica e insopportabile. Una piacevole incursione nel mondo del cinema di quegli anni, e nella vita di una diva indimenticabile.

Tutti pazzi per Marilyn

Nell'estate del 1956, il giovane Colin Clark è disposto a rinunciare anche ad un lavoro sicuro pur di iniziare a lavorare nel cinema con quelli che sono i suoi miti del grande schermo, tra cui Alfred Hitchcock e Laurence Olivier e riuscirà a realizzare il suo sogno collaborando con il grande attore britannico che sta per dirigere e interpretare Il principe e la ballerina, un difficile (e travagliato, come scopriremo) tentativo di svecchiare la propria immagine accanto ad una star come Marilyn Monroe. Quello che Colin non immagina è che quest'occasione di lavoro, oltre a permettergli di muovere i primi passi nel cinema, gli farà vivere un'esperienza straordinaria, non sempre facile, ma sicuramente indimenticabile. Tanto che deciderà di raccontarla nelle sue memorie, quarant'anni dopo.


E' proprio il libro di Clark, scomparso alcuni anni fa, la base per My Week With Marilyn, il biopic di Simon Curtis che racconta i retroscena della lavorazione de Il principe e la ballerina, con il pretesto di fare luce sugli aspetti più discussi e privati della personalità di Marilyn Monroe, oltre che del co-protagonista del film, sir Laurence Olivier. Un progetto decisamente coraggioso, quello di Curtis, che era stato accolto con curiosità e diffidenza sin dall'inizio della lavorazione. Misurarsi con un'icona come Marilyn è un'impresa ardita e finora nessuno era mai riuscito far rivivere una personalità così complessa e amata senza scivolare inevitabilmente sui clichè. Ad interpretare un ruolo così impegnativo è stata chiamata Michelle Williams, una scelta che non ha messo d'accordo tutti (e probabilmente continuerà a far discutere) e accanto a lei ci sono Kenneth Branagh nei panni di Olivier, Judi Dench in quelli di Sybil Thorndike, Eddie Redmayne nel ruolo di Colin, oltre a Dominic Cooper ed Emma Watson in quelli di un irascibile e gelosissimo Milton Greene e di Lucy, una giovane guardarobiera dei Pinewood Studios.

Nessuna attrice potrà mai sostituire Marilyn nell'immaginario collettivo, è bene chiarire questo punto prima di affrontare il discorso sull'interpretazione della Williams, ma è anche vero che per raccontare una storia in modo convincente non c'è bisogno di cloni, ma solo di un'interpretazione convincente e una somiglianza adeguata che si prestino ad una storia che merita di essere raccontata. Sul piano interpretativo la Williams riesce a dare corpo ad una Marilyn fragile, estremamente volubile, una bambina indifesa che sapeva anche giocare le carte della seduzione a suo favore. Non siamo di fronte ad una semplice imitazione - pur riconoscendo lo studio sulla gestualità di Marilyn, oltre che sulla sua celebre camminata - ma ad una vera interpretazione che si sviluppa seguendo vari stati d'animo, dal senso di inadeguatezza schiacciante di fronte ad una personalità come quella di Olivier, alla solarità fanciullesca dei pochi momenti sereni. L'aspetto più glamorous del personaggio viene messo in disparte rispetto alla sua dimensione più intima e rivela la donna dietro lo schermo, desiderosa di essere amata dal pubblico e dai colleghi, ma succube della sua immagine pubblica oltre che di alcuni dei suoi collaboratori, tra cui la sua insegnante di recitazione, Paula Strasberg, che la affiancava come un'ombra sinistra e la rendeva ancora più insicura contribuendo a peggiorare la situazione sul set e a far ammattire tutti, a cominciare dal povero Olivier, che dopo Il principe e la ballerina rinuncerà a tornare dietro la macchina da presa.
La prima parte di My Week with Marilyn è la più ironica e divertita, ma anche quella meno riuscita. Il film migliora in seguito, quando entra nel cuore del rapporto tra Colin e la diva che lo volle sempre accanto a sè, anche nei momenti di crisi, nel corso di una intensa settimana di lavoro. Le interpretazioni sono convincenti, anche se a parte i personaggi di Marilyn e quello di Laurence Olivier, nessuno è approfondito in maniera davvero rilevante. La bella fotografia di Ben Smithard fa rivivere i colori delle immagini di quegli anni, e completa la trasformazione della Williams in una diva sensuale e infantile al tempo stesso. Con una regia più sicura, e un pizzico di inventiva, i risultati probabilmente sarebbero stati diversi, ma la storia resta comunque affascinante come incursione nel mondo del cinema di quegli anni, e nella vita di una star come Marilyn, e riesce ad equilibrare i momenti di leggerezza a quelli più drammatici senza eccessive cadute di tono.

Movieplayer.it

3.0/5