Recensione Il rosso e il blu (2012)

Emozionante, divertente e appassionato,quello di Piccioni è il film che non ti aspetti e che è capace di toccare il cuore dello spettatore di ogni età.

Insegnando s'impara

Giuliana è preside di un liceo romano che non attraversa un momento facile, lei fa quel che può per far andare le cose come dovrebbero andare, per aggiustare e pianificare tutto, ma i suoi sforzi sono spesso vanificati da una situazione di abbandono da parte delle istituzioni che si è ormai incancrenita. La sua delusione si ripercuote anche sulla sua vita privata, un po' troppo trascurata, ma a dare una scossa alla sua deprimente situazione sarà uno studente della sua scuola che viene misteriosamente dimenticato dalla madre ed abbandonato a sé stesso. Tra i banchi si incrociano poi le storie di due insegnanti, quella del giovane supplente di italiano Giovanni Prezioso, un ottimista che vede l'insegnamento come un modo per salvare delle vite, come un modo per poter rompere la barriera generazionale e spingere i ragazzi a ragionare con la propria testa, e quella del vecchio professor Fiorito, un professore di storia dell'arte amareggiato e disilluso dalla vita e dalle nuove generazioni, una figura che si aggira tra i corridoi portandosi dietro lo scoramento, la rabbia e la cattiveria di chi ha visto fallire tutte le speranze. Tutti e due dovranno fare i conti con la realtà, con le proprie convinzioni e con un dato di fatto incontrovertibile: la vita è fatta di alti e bassi, di sfumature, di motivazioni, di passioni e di sogni infranti, talvolta basta semplicemente abbandonarsi, lasciarsi travolgere e sorprendere dagli eventi e dalle persone che ci circondano per trovare la forza di andare avanti.


Emozionante, divertente e appassionato, Il rosso e il blu è il film che non ti aspetti e che è capace di toccare il cuore dello spettatore di ogni età. Con cinismo ed ironia a fare da filo conduttore delle vicende dei tre personaggi principali, il film di Giuseppe Piccioni è sempre al limite tra dramma e commedia, due generi amalgamati dallo stesso regista (anche sceneggiatore) e dalla co-sceneggiatrice Francesca Manieri con una sensibilità davvero rara. Senza mai essere schematica, la storia si dipana tra le mura di una scuola romana mettendo in evidenza la distanza spesso incolmabile tra adulti e ragazzi, con maggiore attenzione al punto di vista del professore, una figura che negli anni ha perso tutto il suo carisma ed ha assistito negli anni ad una progressiva perdita di autorevolezza. E' emblematica l'insolente disillusione del professor Fiorito, personaggio geniale e decisamente centrale della storia, un uomo che ha in odio tutto quello che lui stesso ai suoi tempi ha già vissuto, un uomo che ha come compagni di vita alcol e sigarette, che porta sulle sue spalle il peso della solitudine e non riesce ad accettare il fatto che nessuno sembra interessarsi oggi all'istruzione e all'importanza della cultura. In lui non c'è soltanto la delusione dei 'vecchi' professori, c'è qualcosa di più raffinato ed elegante nel suo essere, qualcosa che lo rende quasi leggendario, dickensiano. Il professor Fiorito interpretato magistralmente da Roberto Herlitzka è quasi un fantasma satirico che aleggia nell'istituto riemerso da un passato ormai dimenticato per rivendicare il diritto universale dell'essere umano al disincanto.

Il duello attoriale con Riccardo Scamarcio è assolutamente improponibile, ma c'è qualcosa di magico e potente nel giovane professor Prezioso che va a contrapporsi in maniera del tutto naturale alla figura del suo anziano 'avversario'. Non vi è tra i due un conflitto di metodi ma di posizioni, è difficile per Fiorito accettare che ci sia ancora qualcuno che abbia passione e voglia di insegnare qualcosa agli altri, è difficile per lui vedere un giovane che si predispone ai suoi stessi fallimenti ed allora tenta di dargli una scossa prendendosela con la persona anziché fornire una spiegazione esaustiva sul suo comportamento, preferisce distruggere il suo pensiero piuttosto che aprirsi e raccontarsi. Tra i due non è mai scontro violento, ma piuttosto una buffa sequenza di scaramucce che strappano più di un sorriso. Poi c'è Giuliana, la preside della scuola, una donna che tenta in tutti i modi di pianificare, di tirare avanti alla meno peggio, di smussare gli angoli ed attenersi alle regole, di non arrendersi e di guidare la zattera il più possibilmente al riparo dalle correnti. Non potrà che arrendersi di fronte agli eventi che la porteranno a prendersi cura di un suo studente abbandonato dalla madre e senza un posto in cui andare. E' proprio nel momento in cui tutto sembra proseguire per inerzia che la donna si rende conto di essere cambiata, di non poter controllare la sua vita e quella degli altri e di doversi arrendere alle sorprese che si nascondono dentro la vita stessa e che mettono a soqquadro la nostra esistenza quando meno ce lo aspettiamo. La speranza e lo sguardo di attesa di un'intera generazione sono racchiuse nello sguardo del ragazzo che, in una delle scene finali, fruga nella borsa della donna chiedendo "cosa mi hai portato?". E' in quel momento che Giuliana capisce che qualcosa si è mosso dentro di lei e che nel suo cuore c'è una voglia inarrestabile di renderlo felice e non solo di sgridarlo per la sua insolenza. Quell' "ora ti faccio vedere cosa ti ho portato", accompagnato da un sorriso di una bravissima Margherita Buy, la dice lunga sul tono lieve che Piccioni è riuscito a dare al suo film.
Il cinema italiano di qualità esiste e in questi ultimi tempi ci sta dando grandi soddisfazioni. Dopo il brillante exploit veneziano de L'Intervallo di Leonardo Di Costanzo e la potenza emotiva e mediatica della Bella Addormentata di Bellocchio arriva in sala Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni, il film sulla scuola che non ti aspetti, fuori da qualsiasi cliché, dalla retorica che spesso accompagna l'argomento sul grande schermo e immune da qualsiasi rischio di ammiccamento all'attualità drammatica che il mondo scolastico sta vivendo. La dinamica centrale dell'opera che emerge ed agisce in modo più profondo durante la visione è senz'altro il contrasto tra illusione e disillusione, un contrasto che è dentro ognuno di noi e si muove a fasi alternate come un pendolo: alla fine gli opposti si attraggono, si toccano, si comprendono, si scambiano di posto, perché è proprio dalle grandi disillusioni che nascono i più grandi sentimenti nei confronti della vita, in un altalenante susseguirsi di inganni e meraviglie.

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4.0/5