Recensione Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento (2010)

L'esordiente Yonebayashi adatta i temi portanti della poetica di Miyazaki (l'ecologismo, la simbiosi con la natura, il rispetto per le diversità) a un soggetto di cui si nota la matrice occidentale, proveniente da un libro dell'autrice inglese Mary Norton.

Piccoli furti equi e solidali

La piccola Arrietty ha 14 anni ed è alta circa un pollice. La ragazza fa infatti parte dei "rubacchiotti" (Borrowers), una specie di minuscoli individui che vivono nascosti nelle case e si nutrono di piccole parti del cibo umano, quelle che gli uomini neanche si accorgono mancare, sottratte con rapide incursioni in cui i piccoli esseri sono sempre attenti a non farsi scoprire. Alla vigilia della prima incursione di Arrietty, che vive con i genitori in una casa posta dentro uno scatolone nascosto, nella dimora arriva un ragazzo solitario e malato, che sembra avere un sentore particolare della presenza dei piccoli esseri. Dopo l'iniziale diffidenza, aumentata dal divieto impostole dai genitori di farsi vedere dagli uomini, Arrietty si avvicina al ragazzo e stabilisce con lui una singolare amicizia, che tuttavia metterà in pericolo la vita dei suoi genitori e la loro permanenza nella casa.
Dopo il successo di Ponyo sulla scogliera, Hayao Miyazaki recupera con questo film un'idea che risale addirittura a 40 anni fa: quella di adattare sotto forma di film animato i racconti del libro The Borrowers, scritti dall'autrice inglese Mary Norton nel 1952. Per farlo, Miyazaki ha scritto una sceneggiatura che sposta l'ambientazione dall'Inghilterra degli anni '50 al Giappone moderno, aggiungendo alcuni elementi (come il personaggio del giovane Sho) e lasciando infine la regia al giovane Hiromasa Yonebayashi, già animatore di La città incantata - Spirited Away e qui al suo esordio come regista.


E' singolare, e assolutamente da rimarcare, la continuità che emerge dai prodotti dello Studio Ghibli a prescindere dai singoli autori, sia a livello di temi forti che soprattutto dal punto di vista qualitativo. Quella di Miyazaki e Isao Takahata, maestri dall'esperienza ormai pluridecennale, è una vera e propria factory in cui i giovani autori crescono all'ombra dei loro mentori, assorbendone la visione e rielaborandola con la propria sensibilità, mantenendo vivo il filo rosso di una vicenda artistica che dura ormai da quattro decenni. Qui, Yonebayashi adatta i temi portanti della poetica di Miyazaki (l'ecologismo, la simbiosi con la natura, il rispetto per le diversità) a un soggetto di cui si nota la matrice occidentale, sia nelle scelte scenografiche (l'interno della casa rimanda a certe fiabe nordiche) sia nella colonna sonora che riecheggia suggestioni celtiche, in cui il consueto contributo di Joe Hisaishi viene sostituito da quello, comunque notevole, della compositrice francese Cécil Corbel. Si prova un senso di inesausta meraviglia a vedere il mondo con gli occhi dei piccoli Borrowers, con i chiodi che diventano gradini da cui stare attenti a non cadere, mensole da scalare come montagne, zollette di zucchero grandi come sacchi, insetti da coccolare come animali domestici. La voglia di avventura della protagonista, caratteristica di tutte le favole con protagonisti adolescenti, trova il suo naturale complemento nel carattere da sognatore di Sho, nella sua curiosità e nel suo amore per la natura, risultandone in un'amicizia trattata con delicatezza e misura.

Il tema della simbiosi con il mondo naturale è evidente nello stile di vita dei piccoli protagonisti, che vivono in una dimora in cui crescono piante di ogni genere, rispettano gli equilibri naturali e si sostentano rubando agli umani ciò che non è necessario, e che forse senza il loro intervento andrebbe sprecato. E' fin troppo evidente il motivo della critica al modello consumistico, della richiesta di una diversa e più equa distribuzione delle risorse, di un consumo critico che consiste anche nel riadattare (creativamente, come fanno i Borrowers) gli oggetti a un diverso uso, piuttosto che liberarsene. E un elemento che accomuna questo film alle opere del maestro Miyazaki è anche l'assenza di una divisione manichea tra buoni e cattivi, la ricerca di una componente umana, e non del tutto negativa, anche negli antagonisti: il personaggio della governante, in fondo, è anch'esso spinto dalla curiosità di vedere i piccoli esseri di cui ha sempre sentito narrare nei racconti.
Il livello tecnico del film è come sempre altissimo, con colori pastello, un uso parco e molto limitato del digitale, e immagini che grondano poesia e meraviglia da ogni singolo fotogramma. Pur non raggiungendo l'intensità immaginifica delle opere del maestro, quella peculiare visionarietà unita alla lucidità nel messaggio che ha vivificato i suoi migliori lavori, questo The Borrower Arrietty rappresenta quindi un'opera preziosa, una prova promettente per uno degli autori destinati a raccogliere un'eredità pesante, che è più che mai necessario tenere in vita.

Movieplayer.it

4.0/5