Recensione Burlesque (2010)

Un film che piacerà ai patiti del pop e agli amanti di questo genere di spettacoli grotteschi, colorati e carichi di allusioni erotiche, nati nell'Inghilterra vittoriana ma diventati celebri negli Stati Uniti.

Life is a burlesque

Per ogni Alice che si rispetti, c'è un paese delle meraviglie. Quello di Ali, giovane, bella e talentuosissima cameriera dell'Iowa, fuggita da una vita di privazioni, si chiama Burlesque Lounge ed è un locale di Los Angeles, di proprietà dell'ex chanteuse Tess, ove ogni sera rivivono i fasti e gli antichi splendori di questa particolarissima forma di spettacolo. Ipnotizzata dai movimenti sinuosi delle ballerine e spinta da un'irrefrenabile voglia di successo, Ali scala rapidamente la scala gerarchica di quella società fondata sulle curve femminili, passando da cameriera a ballerina nell'arco di poche settimane e da ballerina di fila a star incontrastata, in meno di cinque minuti. Ovviamente non finisce qui, perché Alice trova l'amore della sua vita, il musicista-barman Jack (Cam Gigandet), salva il club di Tess dai debiti e perdona la sua cattivissima rivale Nikki (Kristen Bell).


Life is a cabaret, diceva Liza Minnelli; ancora oggi il palcoscenico è il luogo ideale per mettere in scena i desideri e i sogni di stelle e stelline dello spettacolo, magari chiudendo la favola con un lieto fine in cui tutti trovano il successo e l'amore. E al capolavoro di Bob Fosse si è in parte ispirato Steven Antin per il suo nuovo film, Burlesque, presentato fuori concorso al Torino Film Festival. Giudichiamo l'opera per quella che è, un sontuoso videoclip in cui la storia vera e propria (ragazza di provincia diventa stella della musica, rischia di perdere l'uomo della sua vita, ma non se lo lascia sfuggire) è un sottile filo che lega i vari numeri cantati, messi tutti al servizio della superba voce di Christina Aguilera, qui nelle vesti anche di produttrice esecutiva della parte musicale. Il film, dunque, è consigliabile solo ai patiti del pop e agli amanti di questo genere di spettacoli grotteschi, colorati e carichi di allusioni erotiche, nati nell'Inghilterra vittoriana, ma diventati celebri negli Stati Uniti, soprattutto tra le classi meno abbienti.

Il film in sostanza un grosso spot pubblicitario per una diva come la Aguilera, al suo debutto come attrice, ripresa da Antin in tutto il suo splendore; mai un capello fuori posto, non parliamo di make up e vestiti, perfetti anche alle 6:00 del mattino. Cher, nei panni della malinconica e anacronistica proprietaria del locale, non riesce ad infondere al suo personaggio quell'ironia che sarebbe stata giusta in un contesto in cui era troppo facile scivolare sulla melassa. Quello che manca nel film è proprio una sana ventata di leggerezza, ridotta a pochi battibecchi tra Cher e Stanley Tucci. Molto belle, invece, le coreografie di Denise Faye e Joey Pizzi, girate però senza originalità registica. Genere insidioso come pochi, il musical non conosce mezze misure: o lo si ama, o lo si odia. Si può scegliere di asciugare al massimo ogni orpello, per puntare al cuore del film, cioè le canzoni, oppure lo si stravolge senza pietà, dando vita a qualcosa di originale e un'operazione del genere negli ultimi anni è riuscita a pochi (Baz Luhrmann con Moulin Rouge, Julie Taymor e il suo Across the Universe). Tutto il resto è un gioco fine a se stesso. Un grande burlesque.

Movieplayer.it

2.0/5