Recensione L'era glaciale 4: Continenti alla deriva (2012)

Il quarto capitolo del franchise Fox acquista un surplus di spettacolarità dovuto all'evoluzione della tecnica, alla maggior cura nel tratteggio delle location e all'uso del 3D.

La difficile adolescenza dei mammuth

Finalmente possiamo far luce sull'origine del mondo conosciuto e sulla deriva dei continenti che ha portato alla conformazione geomorfologica attuale. Tutto cominciò con una ghianda... L'appeal di Scrat è inossidabile. Il pestifero scoiattolino in moto perpetuo dietro alla sua ghianda, in questi anni è riuscito a frantumare il pack, provocare lo scioglimento della calotta polare, scatenare alluvioni, maremoti e perfino accoppiarsi con una procace roditrice per poi rinnegare le gioie della vita coniugale e tornare a votarsi esclusivamente alla propria ghianda. Stavolta, per porre al sicuro il proprio tesoro alimentare, Scrat finirà per provocare un cataclisma di dimensioni tali da dare origine alla frattura della Pangea. Sfortunatamente a finirci di mezzo saranno i soliti Manny, Diego e Sid (con tanto di nonnina sdentata al seguito) che finiranno alla deriva su una zattera di ghiaccio. Presto si imbatteranno in una ciurma di pirati assetati di sangue capitanati da uno scimmione di nome Capitan Sbudella e proprio in quell'accozzaglia di brutti ceffi il celibe Diego troverà l'amore. Con la frattura del ghiaccio il povero Manny è stato, invece, brutalmente separato dalla propria famiglia, la moglie Elly e la figlia Pesca, ormai adolescente ribelle più interessata ai giovani mammuth che ai saggi consigli paterni. Ovviamente Manny farà di tutto per fare ritorno a casa, non ci sono pirati che tengano!


Nel quarto capitolo del franchise animato targato Blue Sky Studios/Fox gli autori provano a introdurre una complessità nel plot intrecciando due subplot (se si contano anche le disavventure di Scrat arriviamo a tre): da una parte abbiamo i tre amici minacciati dai pirati in mezzo all'Oceano e dall'altra Pesca pronta a rinnegare la propria natura di opossum mancato per compiacere i nuovi amici e sedurre il mammuth dei suoi sogni. Nonostante la maggiore varietà narrativa e i richiami a classici come l'Odissea omerica, L'era glaciale resta un franchise rivolto essenzialmente a un pubblico infantile. La saga, priva della profondità delle opere di Miyazaki e della moderna poesia di casa Pixar, diverte a tratti, ma senza mai risultare incisiva. L'afflato pedagogico e la morale elementare, palesemente buonista, suonano troppo 'semplici' per intrigare gli adulti che, all'ennesima scivolata sul ghiaccio dei protagonisti, cominciano a risentire della stanchezza e della ripetitività delle avventure preistoriche. Per fortuna L'era glaciale 4: Continenti alla deriva acquista un surplus di spettacolarità dovuto all'evoluzione della tecnica, alla maggior cura nel tratteggio delle location e all'uso (moderato) del 3D. Notevole lo sforzo profuso nella realizzazione della spettacolare tempesta in cui gli sventurati naufraghi incappano nel corso della navigazione, mentre il clou delle vicissitudini di Scrat è rappresentato dall'arrivo a Scratlantide, ma non vi anticipiamo cosa accadrà in quel luogo leggendario per non rovinarvi la sorpresa.

L'innesto dei personaggi nuovi nell'ensemble funziona solo a tratti. A strappare le risate più sonore è la nonnina di Sid, burbera, sorda e nemica del sapone, che dà vita a gag assai poco raffinate, mentre Capitan Sbudella, alla fine dei conti, risulta molto meno incisivo di quanto il suo nome lascerebbe sperare. Come da tradizione, la componente slapstick è affidata al logorroico Sid che stavolta si troverà a guidare un agguerrito esercito di chipmunks contro i bucanieri, finendo per mostrare il suo campionario di smorfie e versi da manuale. La versione italiana rivela la consueta perizia nel doppiaggio. Funzionano piuttosto bene le nuove arrivate Isabelle Adriani, che presta la sua voce infantile e lievemente roca a Pesca, e la cantante Ada Perotti, voce della tigre piratessa Shira (doppiata, nell'originale, da Jennifer Lopez), interesse sentimentale di Diego. Unico neo: la perfomance vocale di Filippo Timi, nuova voce di Manny, il cui timbro decisamente inadatto al doppiaggio ci fa sentire la nostalgia dello storico predecessore Leo Gullotta.

Movieplayer.it

3.0/5