Recensione La furia dei Titani (2012)

Nella sceneggiatura non vi è scena che non sia stata inserita per giustificare qualche movimento di macchina dal dubbio gusto spettacolare o i durissimi scontri nei quali Perseo ha la meglio sfruttando soprattutto le sue qualità umane, cioè l'astuzia e la tenacia.

La caduta degli Dei

Dieci anni dopo l'eroica battaglia contro il Kraken (crossover con la mitologia nordica che ci faceva chiedere che c'entrassero i classici Titani del titolo), il semidio Perseo ha riposto le armi del guerriero e si è dato alla vita pacifica del pescatore insieme al figlio Elios, dopo la perdita della moglie/madre Io: è Zeus stesso (l'onnipresente Liam Neeson) a raccontarlo nella breve introduzione, volta a ricapitolare le vicende del film precedente, Scontro tra titani 3D. Naturalmente i problemi sono in agguato: la mancanza di fede da parte degli uomini ha indebolito gli immortali, siamo al crepuscolo degli dei. Se ciò non bastasse, Ade (Ralph Fiennes ai minimi storici) e Ares (uno sprecato Edgar Ramirez) hanno stretto in segreto un'alleanza per sbarazzarsi di Zeus e liberare Crono dal Tartaro. Il padre di Perseo intuisce l'imminenza dell'apocalisse e avverte il figlio prima di cadere, insieme al fratello Poseidone, nell'imboscata degli dei felloni.


Perseo si vede di nuovo costretto a brandire la spada e si serve della conoscenza con la regina Andromeda per trovare suo cugino Agenore, semidio figlio di Poseidone; insieme devono cercare il dio caduto, cioè Efesto, il quale ha le chiavi per accedere agli Inferi.
Entrati nel labirinto del Tartaro e giunti al suo centro, dove viene tenuto prigioniero, privato di ogni potere, il povero Zeus, Ade ha un moto di pentimento ma viene ostacolato dall'ormai fuori controllo dio della guerra, che ferisce a tradimento il proprio padre. Ritornati all'accampamento di Argo, Perseo sfida Ares per un duello finale mentre l'esercito di Andromeda si prepara per resistere alla furia di Crono: l'obiettivo è dare il tempo al semidio di sconfiggere il fratellastro e ricomporre la terna di armi sacre (la saetta di Zeus, il tridente di Poseidone e lo scettro di Ade), unica possibilità per uccidere Crono.

C'era nel linguaggio comune un'etichetta da affibbiare ai progetti come La furia dei Titani: si diceva infatti che era "la solita americanata". Al giorno d'oggi, dove s'è rivalutato più o meno tutto, anche le americanate non sono tali, ma sono blockbuster e, se ambiziosi, "blockbuster d'autore". Ma per il film diretto da Jonathan Liebesman occorre rispolverare questa locuzione, poiché calza come un guanto al sequel di Scontro tra Titani.
Nella sceneggiatura de La furia dei Titani non vi è scena che non sia stata inserita per giustificare qualche movimento di macchina dal dubbio gusto spettacolare o durissimi scontri, nei quali Perseo ha la meglio sfruttando soprattutto le sue qualità umane, cioè l'astuzia e la tenacia; numerosi passaggi narrativi sono necessari allo svolgimento della trama sebbene risultino stridenti sia con la fisionomia dei personaggi abbozzata, sia con le premesse del film stesso; i dialoghi, tronfi e pieni di sentenziose battute ad effetto, lasciano troppo a desiderare per realismo e efficacia.
La storia ruota intorno al classico tema del cinema americano della paternità mancata e tradita, infarcendo il mito classico di rimandi biblici: l'astio e la gelosia di Ares per il rapporto tra Perseo e il comune padre rispecchia una sorta di complesso di Caino e lo stesso Zeus è trasfigurato cristianamente. Non è la divinità superba e irascibile del mito greco, ma un padre affettuoso e un fratello che riconosce il torto compiuto ai danni di Ade, confinandolo negli Inferi; inoltre stima e ammira gli esseri umani, auspicando un futuro senza divinità. Lasciando stare la correttezza filologica alla mitologia (per non parlare anche delle insegne della regina Andromeda), la densità di epos e di ethos greco nel film di Liebesman è azzerata. Nessuno si aspettava, soprattutto considerando la pellicola precedente, qualcosa di diverso da 100 minuti di puro intrattenimento, ma l'incorreggibile tendenza dei produttori hollywoodiani a impadronirsi di storie lontane mille miglia dalla sensibilità americana e di stravolgerle pur di addomesticarle per il grande pubblico ha sempre un che di stupefacente. Anche perché siamo certi che un film di questo tipo, da godersi sgranocchiando pop corn con gli amici, troverà la sua platea, stupita non di cotanta spudoratezza ma della spettacolarità della CGI che movimenta la battaglia finale, e dei trucchetti 3D che cercano di rimediare a una profondità del tutto mancante.
Concludiamo con una scena da ricordare: Zeus che dice al fratello Ade, dopo il rappacificamento, "Andiamo a divertirci!", e scendono in battaglia contro i titani e Crono come due "bad boys" un po' attempati e dai poteri divini... Una di quelle volte in cui scegliere tra il cult e lo scult è una questione di etica individuale.