Recensione Non mi avete convinto - Pietro Ingrao, un eretico (2012)

Quello di Vendemmiati è un lavoro non innovativo dal punto di vista stilistico, che però riesce a restituire tutta la complessità dell'uomo Ingrao, un anarchico per nulla innamorato del potere, capace di dire 'No' al PCI in anni in cui il dissenso veniva interpretato come un tradimento.

L'uomo che voleva la luna

'Non vorrei parlare troppo, fatemi domande'. Pietro Ingrao non è certo persona che accetta di essere il protagonista di un documentario senza chiedere all'interlocutore qualcosa in cambio, un'attenzione partecipata, viva e sincera. E' rivoluzionario anche in questo Ingrao, rappresentante di spicco del Partito Comunista e figura culturale di rilievo nella storia italiana del Dopoguerra a cui il giornalista della Rai, Filippo Vendemmiati, ha dedicato Non mi avete convinto - Pietro Ingrao, un eretico, presentato alla 69.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Giornate degli Autori. Quello dell'autore del celebrato È stato morto un ragazzo, dedicato alla tragica storia di Federico Aldrovandi, è un lavoro non innovativo dal punto di vista stilistico (interviste ed immagini sono montate con la musica dei Tetes de Bois in maniera pulita e senza fronzoli), che però riesce a restituire tutta la complessità dell'uomo Ingrao, diffidente verso la norma, anarchico, rivoluzionario, per nulla innamorato del potere, capace di dire 'No' al PCI in anni in cui il dissenso veniva interpretato come un tradimento. Pietro Ingrao è stato un politico atipico e Vendemmiati ne restituisce appieno la figura recuperando alcune registrazioni inedite di grande impatto emotivo, come il discorso da Presidente della Camera in occasione del quinto anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia o la toccante conferenza tenuta davanti ai giovani del Firenze Social Forum nel novembre del 2002.

Senza dimenticare alcuni momenti chiave della propria storia di comunista, come l'ultimo congresso del PCI a Rimini nel 1991. Dal documentario emerge la figura di un uomo dalle forti passioni: quella per il cinema dell'adorato Charles Chaplin, del Roberto Rossellini di Paisà o del Vittorio De Sica di Ladri di Biciclette. E soprattutto per la compagna di vita Carla, che lo sposò dopo essere stata impudicamente corteggiata da quel 'ragazzaccio'. Provato, com'è naturale che sia, dal passare del tempo, Ingrao resta scontroso e burbero, ma profondamente affettivo come più volte ribadito dalla sorella Giulia, dolcissima testimone delle grandi qualità del fratello, unico della famiglia a visitarla quando da bimba si ammalò di tifo, per portarle un sorso d'acqua. 'Non diceva niente, il suo era solo un movimento bellissimo', racconta la donna che si è espressa anche sui 'tormenti' politici di Pietro. 'Quando dissentì dalla linea del partito respirai perché in quel momento era lui. Aveva ripreso la sua identità', conclude. Testimone del '900, il secolo terribile che ha attraversato tutto, Pietro Ingrao racconta poche cose importanti di sé, soffermandosi sull'aspetto che più di ogni altro lo ha differenziato da tutti gli altri compagni, quella pratica del dubbio che lo ha reso riconoscibile dai suoi elettori, ma lo ha anche isolato agli occhi di colleghi assidui frequentori del teatrino della politica. Troppo poco matto per essere davvero un utopista (sue parole), Ingrao resta a 97 anni il bambino che chiese al padre di portargli la luna e davanti al comprensibile rifiuto del padre decise di trasformare quel desiderio in una ragione di vita, cambiando il mondo per sconfiggere gli sfruttatori.

Movieplayer.it

3.0/5