Ivan Cotroneo a Roma con La kryptonite nella borsa

Abbiamo incontrato a Roma il cast del film d'esordio alla regia di Ivan Cotroneo, scrittore e sceneggiatore che porta sul grande schermo una storia di crescita e d'amore liberamente tratta dal suo omonimo romanzo.

Scrittore e sceneggiatore uscito dal Centro Sperimentale, Ivan Cotroneo nella sua vita ha sempre scritto molto e frequentato tante volte i set come assistente alla regia senza mai pensare di prendersi la grossa responsabilità di dirigere un film tutto suo. Almeno fino a quando i produttori Nicola Giuliano e Francesca Cima non hanno scelto di lavorare alla trasposizione cinematografica del suo romanzo La kryptonite nella borsa (edito da Bompiani), scelta che poi ha portato lo sceneggiatore, autore di Tutti pazzi per amore e co-sceneggiatore di Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, ad accettare la proposta di dirigere da solo il suo film.
Ambientato nella Napoli del 1973, La kryptonite nella borsa (titolo internazionale Kryptonite in her bag) racconta la storia di Peppino Sansone, un bambino di nove anni che non ha dalla sua quella che si potrebbe definire una famiglia equilibrata ed ha persino un cugino maggiore (Vincenzo Nemolato) che crede di essere Superman. Le giornate di Peppino si dividono tra il mondo folle e colorato dei giovani zii Titina e Salvatore (Cristiana Capotondi e Libero De Rienzo) e la sua casa, dove mamma Rosaria (Valeria Golino) si è chiusa in se stessa in preda ad una crisi esistenziale e il padre Antonio (Luca Zingaretti) cerca di distrarlo in tutti i modi e di farlo sorridere. Quando il cugino Gennaro muore, Peppino farà un viaggio fantastico reinventando la tragica realtà e riportando in vita il ragazzo nelle vesti di un superuomo napoletano dai poteri improbabili che lo aiuterà a superare tutte le sue paure e a comprendere meglio il mondo degli adulti.
La kryptonite nella borsa è stato presentato stamattina dagli attori Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero De Rienzo, Fabrizio Gifuni e dal piccolo Luigi Catani, alla sua prima volta sullo schermo. Prodotto dalla Indigo Film di Nicola Giuliano e Francesca Cima, con la collaborazione di Rai Cinema, il film sarà nelle sale a partire da venerdì 4 novembre distribuito da Lucky Red in centotrenta copie.

Ivan, ci racconti di questo particolare sguardo sulla donna, sulle parole mai dette tra marito e moglie e tra madre e figlia? Perchè hai deciso di concentrare su questa femminilità? Ivan Cotroneo: E' da sempre uno sguardo che mi appassiona, ho sempre visto questa storia come una storia di formazione di un bambino di nove anni nella Napoli degli anni '70, ma come anche il confronto tra tre generazioni di donne che hanno percorsi sentimentali e affettivi molto diversi. Io e le due sceneggiatrici con cui ho scritto il copione volevamo restituire sullo schermo dei personaggi femminili credibili, veri, ma volevamo anche farlo in maniera affettuosa mostrando le trappole familiari in cui si incappano, situazioni molto frequenti per quegli anni.

Nella storia recente abbiamo visto una Napoli immersa nell'immondizia, una Napoli maleodorante e in continuo dissesto, l'ha fatto apposta? Ivan Cotroneo: Sì, questa è la città che mi ricordo io da piccolo è quella che si vede, io ci sono nato e ci ho vissuto fino a ventidue anni, me la ricordo come una città dei sogni, dove si può immaginare una vita piacevole e al tempo stesso c'è il rischio di ritrovarsi in una realtà completamente distaccata rispetto a quella durissima della strada. La kryptonite nella borsa è un film fatto per amore, ma anche per ripulire l'immagine negativa della città comparsa sui giornali di tutto il mondo in questi ultimi mesi. La mia è una sensazione di rimpianto non di nostalgia, mi chiedo spesso perchè non possiamo averla oggi una Napoli così.

Valeria, come hai lavorato sul personaggio di questa mamma distratta e di questa moglie insoddisfatta? Valeria Golino: Non sono una che lavora molto ma cerco di farlo solo con le persone che stimo. Ricordo di essermi sentita molto protetta durante le riprese, questo ruolo mi ha dato la possibilità di recitare senza vanità, di liberarmi dell'esteticità e dei cliché. E' come se Rosaria mi avesse aiutato a dimenticarmi dei fronzoli che di solito noi attori usiamo e di tutte quelle complicazioni che ci creiamo in testa prima di girare. Ero sicura che sarebbe stato lo sguardo di Ivan ad abbellirmi più di ogni altra cosa. In questa tana che è la nostra amicizia, fatta di coccole e di attenzioni, Ivan e tutti loro mi hanno fatto sentire come in un'altra dimensione, è stato come stare a casa mia e mi sono talmente inmmedesimata nel personaggio di Rosaria che tutto quello che faceva male a lei faceva veramente male anche a me.

Non c'è molta distanza tra Rosaria e la madre che interpreti in Respiro... Valeria Golino: In un modo o nell'altro tutte e due si spingono ai margini, si autoescludono dalla realtà che le circonda per entrare in una parallela. Parte come una donna più equilibrata di quella di Respiro, contenta adeguata alla sua vita, ha un lavoro che fa volentieri e un marito e un figlio che ama, quando avrà questo dispiacere e dovrà sopportare questo senso di abbandono in modo del tutto improvviso, una depressione molto forte che trattiene il suo essere, vive il dolore conj pudore e con vergogna.

Com'è stato per Luca Zingaretti lavorare sul set con un esordiente Ivan Cotroneo? Luca Zingaretti: E' stata un'esperienza professionale ed umana molto bella, è raro trovare una sceneggiatura in cui i personaggi sono tutti così ben raccontati, ognuno col suo percorso, con una sua chiusura, e bravo nel trovare nel rapporto con gli altri delle indicazioni molto chiare su di sé, tutto questo da all'insieme quel senso di realtà di cui un attore ha bisogno. Nonostante sia un regista al suo primo film Ivan è un uomo di grande disponibilità, che sa ascoltare e osservare. Ti comunica una sensazione importantissima che è quella di essere parte di un progetto, di contare veramente qualcosa nella riuscita finale.

Cosa ti ha convinto a partecipare nel ruolo di quest'uomo anni '70 un po' anaffettivo? Luca Zingaretti: La cosa che più mi ha divertito del mio personaggio è stato vedere un uomo degli anni '70 così ben fotografato, inserito in una società non ancora intrisa di dottrine psicologiche o psicanalitiche, mi ha aiutato molto a capire come eravamo all'epoca e come siamo oggi. Antonio è un padre normalmente presente che però non ha a disposizione alcuno strumento di quelli che abbiamo noi oggi, gli stessi zii che portano in giro il bambino gli vogliono tanto bene ma il loro è un affetto senza pedagogia, un affetto distaccato che poi alla fine è la cosa che di più salva Peppino dal crollo.

Che ricordo hai tu degli anni '70? Cosa rimpiangi? Luca Zingaretti: Non c'è dubbio che noi stiamo vivendo in maniera assai più comoda di quel periodo, ma rimpiango il borsello (ride) pensate quante tasche in meno potevo avere, era un oggetto di una bruttezza estetica incredibile ma di grande utilità. Più di tutto però rimpiango la capacità che c'era in quegli anni di lottare per le cose che ognuno di noi voleva, oggi non facciamo in tempo a desiderarle che un minuto dopo le abbiamo già in tasca. I giovani Titina e Salvatore sognavano e lottavano per un futuro migliore, Rosaria e Antonio nel film lottano per rimanere insieme, oggi alle prime difficoltà ci si molla. Non voglio fare il nostalgico ma quasta capacità oggi è venuta un po' meno e non posso fare a meno di provare nostalgia.

Come ti ha spinto Ivan Cotroneo a rischiare in questo film? Luca Zingaretti: Credo che per un attore sia doveroso rischiare e lasciarsi andare, non sempre è possibile perchè non sempre ci sono le condizioni per farlo, magari il regista non sa dove andare e devi sceglierti tu la strada. Quando ti ritrovi in un film così ben congegnato è tutto molto più facile, il regista era colui che aveva scritto il romanzo quindi chi meglio di lui sapeva dove andare a parare. Se non ci fossimo buttati in questo film saremmo stati dei cretini.

Come si è trovata Cristiana Capotondi in un personaggio a metà tra il sogno e la realtà? Cristiana Capotondi: Titina, come anche tutti gli altri personaggi di questa storia, ha un suo percorso evolutivo, parte da una ragazza attirata dai costumi e dalle luci colorate degli anni '70 per poi finire nella trappola consueta di quei tempi, un destino di mamma che già era toccato alla nonna, alla madre e alla sorella maggiore. Una ragazza frivola che però quando si tratta di affrontare cose serie è capace di viverle in maniera profonda. La sceneggiatura era già divertente e ben costruita di suo, io dal canto mio ho soltanto cercato di parlare bene il napoletano, e penso di esserci riuscita grazie all'aiuto di Ivan.