Recensione Un po' per caso, un po' per desiderio (2006)

Toni lievi, quasi favolistici, per la ricerca della felicità attraverso gli occhi di una moderna Biancaneve che incanta chiunque con la sua grazia. Ma l'effetto è stucchevole e Jessica a tratti irritante, tutta occhioni e sorrisi.

Il mondo fiabesco di Jessica

La vita di Jessica è in crisi. Dietro consiglio dell'amata nonna decide di andare a Parigi in cerca di fortuna. Trovato lavoro come cameriera nel lussuoso quartiere parigino di Avenue Montagne, s'imbatterà in una serie di personaggi famosi ed eccentrici, accomunati dalla stessa spasmodica ricerca della felicità. Così il collezionista, che decide di vendere tutti i suoi averi, il pianista stanco del successo planetario e l'attrice ansiosa di cinema. Jessica sarà il vero fil rouge che ne accomunerà le vite, anche solo per pochi momenti, portando una ventata di freschezza e di speranza fra tanti affanni.

Dopo tre anni di lontananza dagli schermi, Daniele Thompson torna con una commedia sceneggiata a quattro mani col figlio Christopher, co-protagonista, in un ricco cast internazionale. Toni lievi, quasi favolistici, per la ricerca della felicità attraverso gli occhi di una moderna Biancaneve che incanta chiunque con la sua grazia. Ma l'effetto è stucchevole e Jessica a tratti irritante, tutta occhioni e sorrisi.
Se il personaggio perplime, nulla invece da eccepire agli interpreti, fra cui vecchie glorie quali Claude Brasseur e Valerie Lemercier, che illumina lo schermo con deliziosa comicità. L'Italia presta invece una splendida Laura Morante, elegante e febbrile nel ruolo di un'infelice moglie-manager, mentre per l'America Sidney Pollack nel cameo di un ipotetico sé stesso.

Meno fiabesco de Il favoloso mondo di Amelie, ma piu' ingenuo dell'americano Tredici variazioni sul tema, Un po' per caso, un po' per desiderio si colloca in quella vasta categoria di film di cui si può anche fare a meno. Nonostante la regia non manchi di momenti ispirati, ( su tutti una sequenza in cui emerge una Parigi notturna come bagliori di ninnoli d'oro) prevalgono scene banali, salvate solo da un buon ritmo scaccianoia.
E non basta il sano messaggio di inseguire i propri sogni per far digerire il buonismo che trasuda da ogni fotogramma, laddove anche il peggior torto viene dimenticato con un buffetto sulla guancia.
Poco da pretendere, certo, ma era umano aspettarsi qualcosa in più dopo Il pranzo di Natale; almeno che non si scopiazzasse l'unica idea interessante, quella del playback su pezzi di musica autentica, che rese delizioso Parole, parole, parole.

Il maestro Piovani almeno non delude e firma la musica, sobria ed ariosa, a suggerire una Parigi tutta fermenti ed arte.