Recensione Mamma Mia! (2008)

Si è virato verso un confronto tra due generazioni di donne che contenesse al suo interno riflessioni più o meno plausibi sui passaggi fondamentali della vita: l'amore, i tradimenti, l'identità, l'incoscienza della gioventù e i conti da fare con l'età adulta.

Il mio loffio, gaio matrimonio greco

A quasi dieci anni dal debutto londinese sul palcoscenico del teatro Prince Edward, Mamma Mia!, il musical basato sulle canzoni culto della band svedese degli ABBA, impacchetta gridolini ed entusiasmo e si sposta sul grande schermo. A dirigerne la versione cinematografica è la stessa Philippa Lloyd, regista del musical teatrale visto finora da 30 milioni di spettatori in tutto il mondo. La commediografa Catherine Johnson, chiamata a giustificare l'utilizzo di canzoni come Dancing Queen e The Winner Takes it All con una storia credibile che non si limitasse a essere soltanto un omaggio agli ABBA, si è trovata a dover scovare un possibile filo conduttore nei brani della band e ad annodarlo attorno a personaggi che ne esprimessero l'essenza. Difficile trovare il bandolo della matassa, perciò si è virato verso un confronto tra due generazioni di donne che contenesse al suo interno riflessioni più o meno plausibi sui passaggi fondamentali della vita: l'amore, i tradimenti, l'identità, l'incoscienza della gioventù e i conti da fare con l'età adulta, le seconde chance e la lotta per la realizzazione dei propri sogni.

La scelta del periodo in cui si svolge l'azione è caduta sulla fine dello scorso millennio, e in particolare nel 1999. Degli anni in cui spopolavano gli ABBA resta solo il ricordo di un tempo ormai lontano che i protagonisti rivangano con un misto di nostalgia e rimorso. D'altronde a quei tempi la protagonista più attempata della storia, interpretata dalla sempre brava Meryl Streep, nel giro di pochi giorni s'era data da fare con tre uomini diversi, rendendo la sua futura bambina orfana di padre fin dalla nascita, a causa dell'impossibilità di identificare con esattezza il proprietario del girino fatale che aveva portato al suo concepimento. L'azione muove perciò dal desiderio della ragazza di dare un volto e un nome al buco nero nella sua storia. Ecco quindi tre inviti per altrettanti possibili padri al suo imminente matrimonio, da celebrare sull'isola greca dov'è cresciuta e dove attualmente vive con la madre che gestisce un hotel, per trovare finalmente risposte alle domande di una vita. Comincia così Mamma Mia!, seguono quasi due ore di canzoni e balletti che ci ricordano che bisogna stare attenti a come ci comportiamo, perché le conseguenze delle nostre azioni ricadono sulle persone che amiamo, e che la vita non è sempre facile, ma che in fondo la possibilità di essere felici prima o poi viene offerta a tutti.

Ora, che il successo della pop band svedese sia solo un grande Abba-glio collettivo è sicuramente eccessivo sostenerlo. In fondo ci hanno lasciato una manciata di motivetti orecchiabili che hanno caratterizzato un decennio (gli anni che vanno dagli inizi dei '70 agli inizi degli '80) e il fatto che sopravvivano allo scorrere del tempo vorrà pur dire qualcosa. Gli ABBA rappresentano, infatti, un vero e proprio simbolo per una certa generazione, esattamente come i fittizi Bee Hive sono rimasti nei cuori di chi è cresciuto di fronte al televisore negli anni Ottanta. Provocazioni a parte, voler trovare un qualche significato recondito nei testi degli ABBA tale da giustificare un musical ad essi ispirato è forse un azzardo che non può pagare, perché l'intuizione geniale della band non può essere certo ricercata nei testi, che letti sullo schermo sono di una banalità disarmante, ma nell'aver saputo creare un pop che mettesse insieme differenti stili musicali con una semplicità tale da renderlo universale e quindi fruibile dalla massa. A differenza di Across the Universe, però, non ci si è trovati a confrontarsi con la sacralità delle canzoni, potendo perciò giocare sull'ironia, sul kitsch e sul camp. Ci si sarebbe aspettato perciò almeno un film divertente, ci si ritrova invece a sbuffare fin troppo spesso nei 110 minuti di Mamma Mia!.

In un musical balli e canti dovrebbero veicolare sentimenti, qui invece manca totalmente l'emozione, nonostante i personaggi vogliano convincerci del contrario. La storia esaurisce il suo fascino nei primi minuti, quando è ormai palese dove andrà a parare, risultando un pallido pretesto per le esibizioni del cast. A livello spettacolare Mamma mia! è praticamente nullo: la regia è piatta e tende a un seccante effetto cartolina nell'illustrazione del paesaggio greco, l'organizzazione coreografica è impacciata e mai degna di nota, e sebbene apprezzabile l'imperfezione delle esecuzioni a livello vocale, talvolta si ha l'impressione di una fastidiosa approssimazione, anche a causa di un cast totalmente sballato, in particolar modo nelle scelte maschili. Meryl Streep si da da fare, ma non riesce proprio a

trattenersi ed è sempre pronta a scoppiare in lacrime tra una nota e l'altra nelle sue salopette scucite. Le sue due comari, Julie Walters e Christine Baranski, risultano godibili ogni volta che entrano in scena, anche se in più di un'occasione si lasciano prendere troppo dall'entusiasmo e ne viene fuori un eccesso di urla, mentre la protagonista Amanda Seyfried ha dalla sua due begli occhioni blu sempre spalancati. Come già detto, da dimenticare i protagonisti maschili: Pierce Brosnan sembra vergognarsi di quello che fa e la sua voce à la Elvis Costello non c'entra davvero nulla con lo spirito giocoso degli ABBA, Colin Firth è semplicemente un pesce fuor d'acqua, di Stellan Skarsgard invece nessuna traccia, o forse ci piace pensare che sia così.

A fronte di un coinvolgimento davvero scarso, Mamma Mia! si lascia comunque apprezzare quando si trasforma in un inno alla vita della mezza età, con queste quasi-sessantenni che zompettano ululanti e sbarazzine sullo schermo, che sicuramente si sono divertite a interpretare i loro ruoli molto più di quanto non faccia lo spettatore vedendo il risultato sullo schermo. Nella coda il film getta finalmente la maschera per concedersi un revival cristallino del fenomeno ABBA, con un'ironica esibizione on stage dell'intero cast in preda a un delirio puro anni Settanta, con acconciature e costumi meravigliosamente kitsch. A fine proiezione però, il giudizio in merito al film si scopre essere racchiuso già tutto nel titolo stesso: Mamma mia...