Hugo Cabret 3D: il primo assaggio incanta Roma

Giudizio più che positivo dopo la visione delle prime clip dell'avventuroso film di Scorsese accompagnate a Roma dal giovane protagonista Asa Butterfield e dallo scrittore Brian Selznick.

La magia del cinema è qualcosa che cattura lo spettatore trascinandolo in un universo alternativo fatto di gioie, dolori, avventure, viaggi, esplorazioni reali o metaforiche della realtà fisica e mentale. La valorizzazione degli aspetti fiabeschi e la possibilità di trasformare in realtà cinematografica ogni fantasia più sfrenata ha spinto molti artisti a sviluppare il filone immaginifico nato dalle strabilianti opere del mago degli effetti speciali Georges Melies, pioniere e sperimentatore delle infinite possibilità della settima arte. Con il suo romanzo illustrato La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, lo scrittore Brian Selznick ha tratteggiato un appassionato omaggio a Melies e al cinema delle origini che solo un cinefilo doc come Martin Scorsese poteva portare sul grande schermo. Non solo, l'autore di capolavori come Taxi Driver e Toro scatenato a settant'anni ha deciso di misurarsi per la prima volta con un film per ragazzi e con la tecnologia stereoscopica alimentando a dismisura le aspettative sul suo Hugo Cabret 3D. Il pubblico italiano potrà vedere in film in sala a partire dal 2 febbraio prossimo, ma gli spettatori romani hanno avuto la possilbità di godere di un primo assaggio al Festival di Roma.

Ad accompagnare le straordinarie clip, purtroppo troppo brevi, sono giunti il giovanissimo protagonista Asa Butterfield, l'autore del romanzo Brian Selznick e la scenografa premio Oscar Francesca Lo Schiavo. Parlare di Hugo Cabret 3D di cui, oltre alle clip che vedono Butterfield e Chloe Moretz impegnati a far funzionare l'automa ereditato dal padre di Hugo, è stato mostrato anche un breve backstage, per adesso è impossibile, ma possiamo anticipare che l'impatto col 3D scorsesiano è semplicemente straordinario. La profondità delle immagini valorizza gli ambienti carichi di dettagli all'interno del quale vediamo i giovani muoversi protagonisti mentre le immagini proiettive vengono utilizzate per ricreare quella meraviglia tipica del cinema fantastico. Con queste premesse nnon vediamo l'ora di vedere al cinema quella che già si preannuncia come un'opera grandiosa.

Per la prima volta non sono le immagini a illustrare le parole, ma sono queste ultime ad essere al servizio delle immagini. Brian, come nasce il tuo percorso creativo e quali sono i tuoi modelli? Brian Selznick: Il mio principale modello di ispirazione per il mio romanzo è Viaggio nella Luna di Georges Melies. Ho cercato di immaginare cosa accade quando un bambino incontra Melies. Ho scoperto che il regista francese aveva una collezione di automi che sono stati buttati via al momento della sua morte così ho immaginato cosa accadrebbe se un bambino trovasse questi automi e tentasse di ripararli. Il libro è nato in modo tradizionale, con ampie parti scritte e poi alle parole ho sostituito le immagini. Essendo dei disegni molto piccoli è straordinario vederli qui al festival sul grande schermo.

E' corretto definire il libro una graphic novel? Brian Selznick: Il mio libro trae ispirazione dalle graphic novel, ma anche dai fumetti, dai libri illustrati e dal cinema. Il mio scopo era cercare di capire come fare qualcosa di diverso dalle graphic novel tradizionali inserendo una continuità spazio-temporale che costringesse il lettore a girare pagina per andare avanti nel racconto.

Quando parlano della tua opera la paragonano a Truffaut e Dickens. Ti rivedi in questi autori? Brian Selznick: Si, Truffaut è molto importante per me così come Jean Vigo. Zero in condotta e I 400 colpi sono opere chiave sull'adolescenza, ma sono molto legato anche a Dickens. Ho sempre amato i romanzi che vedono protagonista un orfano perché la linea narrativa dipende dal piccolo protagonista che diventa una figura chiave.

Ci sono elementi autobiografici nella storia? Brian Selznick: Semmai è il contrario. Da piccolo ero frustato perché non ero capace di riparare gli oggetti e anche se ero dotato di qualità artistiche non avevo manualità, così ho scelto di dotare Hugo della capacità di riparare gli oggetti. Dovendo aggiustare delle macchine così complesse era logico che provenisse da una tradizione di orologiai. Mio padre è morto poco prima che inziassi a scrivere il libro e questa è un'altra analogia col mio protagonista, perciò all'inizio non volevo che il padre di Hugo morisse. Piuttosto lo volevo far diventare un villain, ma poi ho capito che per arrivare alla fine della storia era necessrio che il padre di Hugo morisse.

Asa, cosa hai provato interpretando Hugo Cabret? Asa Butterfield: Quando ho sostenuto le prime audizioni ero a Londra, ho mandato un videotape a Martin e lui mi ha chiamato per recarmi a New York e provare di fronte a lui. Due giorni dopo è arrivata la notizia che mi aveva scelto e mia madre mi ha fatto uscire da scuola per comunicarmelo.. Io non sapevo chi fosse realmente Martin Scorsese, conoscevo il nome e avevo visto alcuni film, ma non avevo collegato le due cose. Poi ho capito quanto era importante dalle reazioni delle persone che erano intorno a me. Dei film di Martin ho visto quelli che non sono vietati ai minori, The Aviator, The Departed - Il bene e il male, e credo che siano meravigliosi.

Scorsese è noto per assegnare i compiti a casa ai suoi attori. Asa, a te cosa ha chiesto di vedere? Asa Butterfield: Un sacco di film, soprattutto opere di Georges Melies, film che lo avevano ispirato e lo avevano spinto a diventare regista da giovane. Non ho ancora finito i compiti, ma mi sto impegnando.

Chi è il tuo attore preferito? Asa Butterfield: Sigourney Weaver.

Questa è una risposta strana per un ragazzo della tua età.
Asa Butterfield: Lo so. I miei coetanei preferiscono Brad Pitt, Angelina Jolie o Keira Knightley, ma io ho visto Sigourney in molti film come Avatar, Alien. Non so spiegare perché mi piaccia così tanto, ma è così.

Cosa pensi di avere imparato durante la lavorazione di Hugo Cabret 3D? Asa Butterfield: Ho imparato che bisogna impegnarsi fino in fondo e non mollare mai.

Come è stato il rapporto con Chloe Moretz? Asa Butterfield: Ottimo, abbiamo la stessa età e gli stessi interessi quindi siamo diventati subito amici.

Ti sembra di assomigliare al ragazzino delle illustrazioni del libro di Brian? Asa Butterfield: Si sono abbastanza simile, anche se lui ha il naso più grosso del mio. Non è la prima volta che interpreto un personaggio letterario, ma questo è stato un caso un po' particolare. Il racconto mi ha fornito tutti gli spunti necessari per il ruolo.
Brian Selznick: Il personaggio del mio libro di cui temevo maggiormente la trasposizione era proprio Hugo perché è frutto della mia fantasia, ma ora che ho incontrato Asa sono felice di aver passato del tempo con lui e di averlo conosciuto come è realmente e non nei panni di Hugo. La prossima volta prometto di creare un personaggio con un naso più piccolo.

E tu Asa, eri preoccupato? Asa Butterfield: No, non sono mai stato preoccupato, perché mi è capitato di incpontrare molte persone importanti, molti divi e quando li conosci e diventi amico non ci sono problemi.

Francesca, ci può spiegare come avete creato le meravigliose scenografie di Hugo Cabret 3D? Francesca Lo Schiavo: Per me è emozionante vedere per la prima volta le clip del film insieme a voi. Questo è un piccolo assaggio del film in cui i due ragazzi passano attraverso le cantine della Parigi dei primi del '900. La stazione non è una copia di un luogo esistente, ma ho preso vari elementi dalle quattro stazioni di Parigi ricostruendo un luogo ideale con dettagli molto precisi. E' stato un miracolo aver ritrovato un piccolo documentario del 1926 in cui veniva illustrata una delle stazioni. Scorsese voleva che tenessimo sempre presente che questa è una storia ispirata a Melies, uno degli inventori del cinema, il creatore dei primi effetti speciali. Quello che voleva fare era mantenere il film sul filo tra realtà e fantasia, così io ho dovuto dilatare le dimensioni di certe costruzioni. Ho arredato molti set con tantissimi orologi di grandi dimensioni. Anche per me questa era la prima volta col 3D, come per Martin, e ho imparato che gli ambienti sembrano molto più vuoti perciò occorre arredare con una maggrio quantità di oggetti e cercare di creare differenti posizioni in modo da dare profondità all'immagine. I colori devono essere più forti e decisi, evitando però il rosso e verde.
Brian Selznick: Prima dell'inizio delle riprese Francesca e Dante Ferretti e mi hanno mostrato la stanza in cui stavano costruendo gli oggetti, un magazzino enorme pieno di oggetti fantastici. C'erano dei lampioni per la stazione molto alti e mi hanno spiegato che questo era solo un quarto di ciò che serviva per il film. Anche per il casting Martin e il casting director hanno guardato attentamente i miei disegni per scegliere gli attori. Ben Kingsley è identico al vero Melies, ma il più somigliante alle mie illustrazioni è Sacha Baron Cohen. Nel libro il perosnaggio dell'ispettore è appena tratteggiato, mentre Sacha ha omaggiato il mondo del muto con un'interpretazione perfetta.

Non hai mai avuto il desiderio di partecipare alla sceneggiatura? Brian Selznick: Non ho avuto problemi. Quando ho saputo che il film sarebbe stato diretto da Scorsese ho capito che la mia opera era in buone mani perché lui è uno dei migliori registi di tutti i tempi. Anche John Logan, come sceneggiatore, era una garanzia. Se posso dare un consiglio agli scrittori delusi dalle trasposizioni dei loro romanzi, la prossima volta devono esigere Scorsese come regista.