Faccia a faccia con Wes Craven

Il regista di Nightmare ha presentato a Roma il thiller Red Eye, raccontandoci la sua sul rapporto tra Hollywood e il moderno cinema horror.

Il regista di Nightmare ha presentato a Roma il thiller Red Eye, raccontandoci la sua sul rapporto tra Hollywood e il moderno cinema horror.

Come mai ha scelto di girare un thriller ad alta quota, dopo aver legato il suo nome indissolubilmente all'horror?

Wes Craven: Semplicemente perchè quando accettai, lo reputai il film più stimolante chepotevo fare. Venivo da due anni di lavorazione per Cursed e ad essere sincero non avevo assolutamente voglia di rimettermi dietro ad una macchina da presa. Leggendo lo script però mutai attegiamento e fui preso dall'entusiasmo. Specialmente mi stimolava la sfida di girare parecchie scene su un aereo al alta quota, in una situazione di altissima tensione e staticità per i protagonisti. Volevo dimostrare al pubblico e a me stesso che sarei stato in grado di mantenere l'attenzione dello spettatore su un uomo e una donna che non si muovono dalla sedia.

Lei è anoverato tra i registi più apprezzati e rispettati al mondo, eppure nche lei incontra molto spesso difficoltà nel suo lavoro. Come mai Hollywood è così "crudele"?

Cursed e Red Eye possono rappresentare un ottimo esempio. Cursed era un film che volevo fare, la sceneggiatura mi piaceva molto. Iniziammo a girare, ma dopo 11 settimane ci fermarono, praticamente senza motivo. Alla fine il progetto si è protratto per tre anni della mia vita. La regia di Red Eye invece mi è stata proposto, la sceneggiatura era già pronta, ed è filato tutto liscio dall'inizio senza che nessuno mi dicesse quello che dovevo fare, e cinque mesi dopo la firma del contratto ero al lavoro con le riprese. Tre anni di assurdità, contro cinque mesi per fare un buon film. Ci sono due problemi fondamentali con Hollywood: il primo è che spesso i produttori pensano di sapere meglio dei cineasti come fare i film e quindi pretendono di interferire. Il secondo è che il principale obiettivo, per tutti, è fare bene sul mercato - e non essere danneggiati economicamente da qualche querela. Per questo bisogna stare attenti anche alle tematiche, soprattutto nell'horror, dove è difficile toccare argomenti come il sesso o la religione senza far scattare l'allarme. L'horror non può essere una cosa di buon gusto, e per questo è antitetico a ciò che vogliono le corporation proprietarie delle case di produzione, ovvero un prodotto "sicuro", un prodotto che non possa creare fastidi e shock a nessuno. Adesso in America prevale una corrente di pensiero cristiano/destrorsa secondo la quale io non ho il diritto di produrre qualcosa che può disturbare il pubblico e i bambini. Si è addirrittra diffuso un lettore di DVD che provvede ad un editing delle scene più forti, per chi vuole vedere versioni "edulcorate" dei film.
C'è una vera battaglia in atto in questo momento tra il mercato e i cineasti che vogliono mantenere integre le proprie idee e le proprie creazioni. La richiesta che mi viene fatta più spesso ora quando giro un horror non è di eliminare particolari scene, ma di attenuare l'intensità, abbassando la colonna sonora, e la tensione.

Non crede che, alla luce del calo degli incassi di questi ultimi tempi, questa strategia sia suicida?

I produttori non sono coraggiosi e non amano il rischio. Si guardano intorno e si chiedono: "che cosa ha avuto successo?". Ne fanno una scopiazzatura e poi mandano in sala cosa che il pubblico ha praticamente già visto. Non c'è più molto di originale, anche perché i giovani sceneggiatori, anche per l'amore che hanno per i classici, tendono a fare dei "collage" di essi più che sfruttare nuovi soggetti. Agli studios non interessa, il loro unico problema è quello dei ricavi. Non è un buon momento, questo, per lavorare in questo campo.

A proposito di moderne difficoltà del genere. Con Nightmare specialmente, ma anche con altri suoi film, lei ha creato un personaggio (parlo di Fred Kruger) uscito dai confini del film e diventato un mito. L'horror moderno sembra non essere più in grado di costruire personaggi dalla così ampia valenza iconica. Cosa ne pensa?

Beh, non è una cosa che riesca facilmente, e non basta certo volerlo. Anche a me è riuscito forse un paio di volte; ad esempio credevo che Horace Pinker di Sotto Shock sarebbe diventato un altro Freddy Krueger, e invece non è successo. Il fatto che io ci sia riuscito con Freddy non significa che ne conosca il motivo!

Come mai è sempre una donna la protagonista dei suoi film - specialmente gli ultimi?

Non credo di essere il solo a preferire un'eroina, basta guardare The Ring, o The Grudge. La donna in pericolo è un archetipo che si rintraccia nel cinema muto. La chiave è nella vulnerabilità della donna, che diviene forte di fronte al rischio e alle prove che deve affrontare. Penso a James Cameron con Linda Hamilton nella serie di Terminator, all'inizio vittima indifesa, che poi diventa forzuta e in grado di maneggiare armi. In fondo le donne danno la vita, non hanno paura delle emozioni e sono le migliori custodi della vita stessa.

Crede che Red Eye possa toccare certe paure dei cittadini americani in questo periodo delicato?

Sì, credo che sia già successo. Sono stato a molte proiezioni durante questo press tour e spesso ho sentito la gente commentare positivamente l'argomento del film, e il fatto che fosse trattato in maniera da comunicare speranza.