Recensione Candidato a sorpresa (2012)

La commedia di Roach non ambisce certo ad essere un'analisi satirica di un meccanismo politico discutibile e di quegli elettori che in fin dei conti chiedono inconsciamente di essere gabbati e si limita a qualche sporadica zampata contro il famigerato sistema.

American Idiots

Una telefonata oscena diretta alla sua amante, ma finita per sbaglio sulla segreteria telefonica di una famiglia molto bigotta, getta il candidato democratico al Congresso Cam Brady nella disperazione più totale. La campagna stampa nei suoi confronti non è tenera e, soprattutto, i suoi munifici finanziatori, i fratelli Motch (Dan Aykroyd e John Lithgow), speculatori della peggior specie, decidono di puntare su un altro cavallo per riuscire a piazzare un proprio uomo a Washington. Si tratta dell'ingenuo Marty Huggins, direttore dell'Ufficio del Turismo di Jefferson, in North Carolina, un serafico buontempone, figlio di un politico vecchio stampo che non ha mai apprezzato quel primogenito così gentile e strano. Nelle mani del famigerato Tim Wattley (Dylan McDermott) lo strambo Marty diventa una perfetta macchina da guerra elettorale, creando più di un grattacapo all'oppositore Cam che dal canto suo continua ad inanellare figuracce su figuracce. Come quando per sfregiare l'avversario ne circuisce la moglie e mette on line il video, o quando in piena campagna colpisce per sbaglio un neonato e un cane (quello di The Artist). Quando Marty decide di abbandonare l'impresa di diventare un Membro del Congresso, raccapricciato dal progetto dei Motch di trasformare quel distretto in una succursale di una fabbrica cinese, sfruttando la manodopera orientale per pochi centesimi e licenziando tutti gli operai americani, Cam sembra avere la vittoria in pugno, forte del sostegno di tutti quelli che lo avevano abbandonato in precedenza. A sparigliare di nuovo le carte ci pensa però Marty, che in un sussulto di coscienza morale e desideroso di fare del bene alla comunità, ammette pubblicamente le proprie colpe, toccando nel profondo lo stesso Cam.


La finezza non è mai stata il forte di Jay Roach, regista e produttore noto per film dalla comicità grossolana come Austin Powers la spia che ci provava, Austin Powers in Goldmember e Ti presento i miei e Mi presenti i tuoi?. La sua visione del mondo sfacciata e un po' cialtrona si esalta anche in questa sua ultima fatica cinematografica, Candidato a sorpresa, in cui si prende in giro, senza graffiare troppo, il circo della politica americana. La nazione da cui dipendono le sorti dell'umanità, la superpotenza a cui si guarda con rispetto e deferenza, è composta anche da piccoli uomini che interpretano il ruolo del politico in maniera molto singolare e libera, rispolverando vecchi fantasmi (i nemici non sono solo i comunisti, ma anche i cinesi con cui tuttavia si continuano a fare affari milionari) e cadendo sulle solite bucce di banana (focose biondine discinte). Non è certo un bel ritratto della società a stelle e strisce quello che emerge dal film di Jay Roach, che rappresenta una popolazione di creduloni, facilmente abbindolabili, affascinati più dallo spot di turno che non dal reale programma politico dei deputati. La disamina è per forza di cose superficiale e non ambisce certo ad essere una feroce analisi satirica di un meccanismo politico discutibile e di quegli elettori che in fin dei conti chiedono inconsciamente di essere gabbati; proprio per questa bonarietà sostanziale qualcosa stona nella commedia, che non approfondisce mai con la necessaria cattiveria tutto ciò che ha portato i contendenti ad essere tali e soprattutto quali forze li governino, limitandosi a qualche sporadica zampata contro il famigerato sistema.

La sceneggiatura non obbedisce al classico schema che vede i due oppositori accumulare una lunga serie di nefandezze compiute ai danni dell'altro, ma sceglie di concentrare tutta la catena catastrofica di avvenimenti solo su di un protagonista, il povero Cam, trasformato sadicamente da Roach nel cretino assoluto, un politico idiota che noi spettatori guardiamo annaspare e annegare in un mare di letame con profonda soddisfazione. E' di fatto la scelta vincente dello script firmato da Chris Henchy e Shawn Harwell, e permette alla regia di caricare a dovere i pochi momenti davvero esilaranti, come il pugno rifilato per sbaglio da Cam a Uggie e al povero lattante e l'outing finale di Marty, che innesca una reazione a catena imprevedibile e divertente. Squinternato, sballato, squilibrato, il film di Roach resta un prodotto godibile soprattutto grazie alle interpretazioni dei due attori principali, Will Ferrell e Zach Galifianakis, in parte nonostante i loro personaggi siano stati caratterizzati poco, in favore di tic e manie molto riconoscibili e decisamente inflazionati; se il primo è il donnaiolo impenitente che si trincera dietro ad una famiglia finta, il secondo è il classico impacciato a disagio col mondo, vittima di un padre dispotico (Brian Cox). Togliamo ad un film del genere la loro carica eversiva e resta davvero poco

Movieplayer.it

3.0/5