Spy Kids: Armageddon, la recensione: salvare il mondo una partita alla volta

Robert Rodriguez torna dai suoi amati Sky Kids nel reboot Spy Kids: Armageddon, dal 22 settembre su Netflix, unendo la tematica della tecnologia nella quotidianità a quella dell'identità latina.

Spy Kids: Armageddon, la recensione: salvare il mondo una partita alla volta

A volte l'audiovisivo fa davvero dei giri assurdi per poi tornare a casa. È sicuramente il caso di Spy Kids, il franchise ideato e diretto da Robert Rodriguez che ora torna su Netflix con un reboot, con sempre il regista di Dal tramonto all'alba dietro la penna e la macchina da presa. Ci ritroviamo quindi a scrivere la recensione di Spy Kids: Armageddon, dal 22 settembre sulla piattaforma, con un misto di nostalgia e curiosità per questo prodotto ibrido che vuole fare idealmente da ponte tra il passato della saga e, chissà, un possibile nuovo corso nel futuro.

Mini spie, di nuovo

Spy Kids Armageddon
Spy Kids: Armageddon - una foto del film

Lo diciamo subito: la trama di Spy Kids: Armageddon è molto semplice e pressoché la stessa che ha percorso l'intero franchise e soprattutto il suo esordio. Una coppia di genitori è segretamente nel mondo dello spionaggio e non sa come dirlo ai figli, che si ritroveranno così invischiati in una missione per salvare il Pianeta loro malgrado. Dopo aver portato i sequel precedenti in tv e una serie animata su Netflix, Robert Rodriguez torna sul servizio streaming con una sorta di omaggio alla sua saga del cuore - forse anche più di quella creata con Tarantino, per certi versi, basti pensare che è qui che fece il suo debutto il Machete di Danny Trejo. Per farlo, sceglie due protagonisti carismatici e amati dal pubblico come Zachary Levi (che di spionaggio accidentale sa qualcosa dopo cinque stagioni di Chuck ed è oramai anche un supereroe con Shazam della DC) e Gina Rodriguez (celebre per Jane the Virgin e ora tornata in tv con Not Dead Yet), e quest'ultima si fa portatrice dell'anima latina che è sempre stata il 50% del successo del franchise e soprattutto di ciò a cui teneva Rodriguez.

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Parodiamoci, spie

Sey Kids Armageddon 3
Spy Kids: Armageddon - una scena del film

Questo Spy Kids: Armageddon si muove a metà strada tra la parodia di un film di spionaggio - con sequenze action che riprendono gli stilemi anche a livello registico delle più famose saghe del genere - e una grande autoironia sul potere dei videogiochi oggi, di come entrino a far parte del quotidiano dei più giovani fin da piccoli e li rendano molto più nativi digitali dei genitori, per quanto questi siano giovani e cool come la generazione di questo reboot. Non manca ovviamente l'elemento bambinesco per rendere il film davvero perfetto per tutta la famiglia, e a questo ci pensano i due ottimi giovani talenti scelti, ovvero gli esordienti Everly Carganilla e Connor Esterson nei panni dei figli. La stessa missione Armageddon - che già dal titolo prelude all'Apocalisse tipica di questi prodotti dal sapore fantascientifico - è una sorta di videogame a più livelli, con vari cattivi da affrontare per arrivare al Big Bad finale. E ancora una volta il villain - proprio come ad esempio Balthazar Bratt di Cattivissimo Me 3, per restare in tema di lungometraggi per famiglie - è un nostalgico degli anni '80 e '90 anche se ben ancorato al presente. A lui fanno da contraltare Tony e Patty, che tendono ad usare il nome americano piuttosto che quello ispanico, generando un dualismo identitario molto interessante e sicuramente attuale.

Una finestra sull'attualità

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Spy Kids: Armageddon - una sequenza del film

Questo è sicuramente l'aspetto più interessante del film, ovvero l'attualità messa in scena attraverso il piano diabolico del villain, personificato ottimamente da Billy Magnussen - che già aveva interpretato un magnate accecato dalla tecnologia in Made for Love. I genitori sono preoccupati di ridurre al minimo lo "screen time" ovvero il tempo passato dai figli davanti ad un dispositivo per non venire hackerati per via del loro doppio lavoro, ma allo stesso tempo è sottesa una riflessione sull'affidare i propri figli alla tecnologia, rischiando che ne diventino dipendenti. Eppure il messaggio finale sarà che, proprio come in Black Mirror, non si demonizza il progresso e l'avanguardia così come la comunità videoludica, celebrata con vari easter egg, bensì l'uso che l'umanità ne fa. E forse sorprenderà la risoluzione dello scontro, che potrebbe non rivelarsi tale con un messaggio di pace e armonia tipico delle nuove generazioni. Un film di spie che si fa portatore di un messaggio di speranza per il futuro - e chissà che non voglia dire una riapertura del franchise da parte del regista di San Antonio - poteva nascere solamente dalla scuderia degli Spy Kids, che salveranno il mondo una partita alla volta.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Spy Kids: Armageddon confermando come si tratti un perfetto film d’intrattenimento per famiglie che mescola bene le due generazioni raccontate insieme al lato parodistico tanto delle spy story quanto del mondo videoludico. Quattro protagonisti carismatici e un villain che funziona (forse un po’ meno il suo destino) portano ad un messaggio di fondo sull’uso della tecnologia estremamente attuale che dà una spinta in più alla pellicola. Forse è per questo che Robert Rodriguez ha deciso di reboottare la propria saga di successo.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.4/5

Perché ci piace

  • Zachary Levi e Gina Rodriguez funzionano insieme ai due bambini emergenti.
  • Il messaggio sotteso sull’utilizzo che i genitori fanno della tecnologia a discapito dei propri figli.
  • Si vede l’affetto di Robert Rodriguez dietro la macchina da presa per il franchise.
  • Billy Magnussen è un buon cattivo…

Cosa non va

  • …anche se il finale “a tarallucci e vino” potrebbe non convincere tutti, ma ricordiamoci del target.