Scrivilo sui muri: la Capotondi e i suoi amici writer

Il regista Giancarlo Scarchilli con l'attrice e gli altri interpreti della pellicola in conferenza stampa a Roma.

La prima commedia italiana della nuova stagione ad arrivare al cinema è l'ennesimo tentativo di raccontare i giovani d'oggi e il loro bisogno di espressione. In Scrivilo sui muri un gruppo di writer va in giro di notte per firmare muri e vagoni dei treni di Roma con la propria arte, accompagnati da una ragazza curiosa che farà breccia nei cuori di due di loro, mettendo in crisi la loro grande amicizia. Ad interpretare Scrivilo sui muri, in uscita il 21 settembre in oltre 300 copie, Cristiana Capotondi, Ludovico Fremont, Primo Reggiani, Daniele De Angelis e l'esordiente Mattia Braccialarghe. Il cast ha incontrato a Roma la stampa insieme al regista Giancarlo Scarchilli.

Giancarlo Scarchilli, com'è nata l'idea del film?

Giancarlo Scarchilli: La genesi di un film è sempre qualcosa di molto misterioso. Credo che non ci sia mai un motivo che ti porti a fare un film, ma è il film che alla fine ti porta a scoprire il motivo per il quale ho lai fatto. Un giorno a Roma ho visto passare un treno della metropolitana con un vagone tutto ricoperto da graffiti e mi ha affascinato molto l'idea di un'opera d'arte che attraversa la città. Ho cercato perciò di capire a chi appartenessero le sigle di quegli artisti invisibili, per creare un collegamento coi ragazzi che vogliono comunicarci qualcosa che fatichiamo a comprendere. Penso che questi disegni sui muri e sui treni rappresentino dei prodotti della società di oggi, nella quale se non appari non esisti. Quello che mi chiedo è perché non abbiamo fatto niente per far sì che i ragazzi tornino a credere che il futuro è nelle loro qualità? All'inizio della mia carriera sono stato aiutato da Sergio Citti e Vittorio Gassman che mi hanno dato l'opportunità di fare questo lavoro. Perché oggi non facciamo lo stesso coi più giovani, riconoscendo le loro capacità?

Cosa pensa lei dei writer?

Giancarlo Scarchilli: Una volta leggendo un giornale mi ha colpito molto la lettera di un padre di un writer. L'uomo raccontava che la sua prima reazione quando era venuto a conoscenza di questa passione del ragazzo era stata di rabbia, per poi rendersi conto che preferiva sapere suo figlio in giro per la città a scrivere sui muri piuttosto che in casa a guardare per quattro ore la televisione. I writer sono persone che rischiano ogni giorno per lasciare un segno. Anche l'Osservatore romano se n'è occupato chiedendosi qualche tempo fa se questi graffiti non fossero in realtà una forma di comunicazione da parte de ragazzi per esprimere qualcosa che non riusciamo a comprendere.

Nel suo film si presentano valori contrastanti. Qual è allora il messaggio che lei vuole dare ai giovani?

Giancarlo Scarchilli: Il compito di un film non è dare risposte, ma porre interrogativi. Scrivilo sui muri non è un film sui writer, ma un film sui ragazzi, con tutti i problemi familiari che questi possono avere. Non voglio prendere una posizione col mio film, ma mostrare una realtà per raccontare uno spaccato di società, per emozionare e per divertire.

Lei nel film sfiora anche il tema del suicidio, anche se poi non va fino in fondo. Perché?

Giancarlo Scarchilli: L'età in cui si viene più attratti dalle poesie sulla morte e sul suicidio è sicuramente l'adolescenza. Due anni fa sui giornali si leggevano spesso notizie di numerosi suicidi tra i giovani e io mi sono chiesto più di una volta se potevo fare qualcosa per salvare quei ragazzi. L'ultima scena, quella che farebbe presumere un suicidio da parte dei due amici, è in realtà risolta in una risata liberatoria che rappresenta la liberazione dei due ragazzi da tutti i sentimenti negativi che li avevano fatti allontanare negli ultimi tempi, allontanandoli di conseguenza dalla vita.

Scrivilo sui muri segna il debutto sul grande schermo della cantante Dolcenera. Perché questa scelta?

Giancarlo Scarchilli: Sono abituato a prendere per i miei film sia gente della strada che professionisti, ma riesco ad assumere gli attori soltanto guardandoli in carne ed ossa. Dolcenera mi era stata proposta dal mio agente, così l'ho incontrata e ci ho fatto una lunga chiacchierata. Alla fine mi è sembrata giusta per il suo personaggio e l'ho scelta.

Perché nel film ci sono così tanti riferimenti a Il Piccolo Principe?

Giancarlo Scarchilli: A volte in un film vuoi che ci sia quello che ami. Amando Il piccolo principe ho voluto inserirlo accanto al personaggio idealista rappresentato da Alex.

Cristiana Capotondi, perché la necessità di un altro film sui giovani?

Cristiana Capotondi: Il racconto di questo film parte da uno stato dei fatti: abbiamo attinto dalla realtà per fornire uno spunto di riflessione sul mondo dei giovani. Credo che i ragazzi abbiano bisogno dell'esperienza degli adulti, perciò mi auguro che la nostra società produca degli intellettuali di riferimento che siano in grado di guidare e convogliare la creatività dei giovani che è tanta e spesso non ha possibilità di essere messa in pratica.

Non crede che in questo film si rappresenti una sorta d'eccesso del mondo giovanile?

Cristiana Capotondi: Dietro ogni forma d'eccesso c'è una richiesta d'attenzione, la necessità di trovare punti di riferimento che spesso mancano. Nella vita io ho seguito regole mie e sono stata aiutata dall'amore per il cinema, perché credo che avere una passione sia il motore di una vita sana ed equilibrata. Il sistema mediatico ama parlare degli eccessi in maniera negativa, ma spesso dagli eccessi possono nascere cose importanti.

Il writing può essere considerato una delle forme di comunicazione contemporanee da parte dei giovani che cercano modi alternativi per far sentire la propria voce?

Ludovico Fremont: Ognuno ha un proprio modo di comunicare, l'importante è comunicare qualcosa di bello e di positivo. Lo spazio migliore oggi dove comunicare è la strada. Sono molto affascinato dal mondo dei writer per i loro colori e perché esprimono sempre qualcosa di importante attraverso le loro opere. Kandinskij provocava con i suoi lavori e ognuno cercava di estrapolare da quelle opere qualcosa di singolare, di proprio, così i writer offrono un'arte da decifrare e ognuno di noi può leggere in quei disegni qualcosa di diverso. Il mondo dei writer fa parte di una cultura che racchiude tante cose, non solo il disegno.

Daniele De Angelis: Il writing, come il cinema, è una delle migliori espressioni per comunicare nel 2007. Io amo esprimermi suonando e, come ogni altra forma d'arte, penso che la musica sia perfetta per esprimere un certo stato d'animo o per lanciare un messaggio. La peculiarità dell'arte è riuscire a trasmettere rendendo noto qualcosa, magari chiedendo di scavare dietro un'immagine. L'arte per me è il linguaggio dell'anima.

Cristiana Capotondi: Se fossi una madre la cosa che mi dispiacerebbe di più sarebbe quella di vedere mio figlio rinchiuso in casa a giocare alla Playstation. Preferirei saperlo per strada a scrivere sui muri piuttosto.

C'è stato un coinvolgimento con writer reali durante la lavorazione del film?

Primo Reggiani: Sì, ci hanno aiutato molto i ragazzi che poi alla fine hanno realizzato tutti i pezzi che ci sono nel film. Prima di fare il film avevo numerosi amici writer ed ero preoccupato, perché temevo di non rappresentarli nel modo più giusto. Loro invece si sono mostrati subito molto disponibili ed erano estremamente contenti del lavoro fatto.