Recensione Drift - Cavalca l'onda (2012)

Spettacolare nella sua resa visiva, il film di Morgan O'Neill e Ben Nott cerca di delineare sogni e disillusioni di due fratelli innamorati del surf, in una realtà conservatrice in cui fa irruzione la controcultura degli anni '70.

L'onda del cambiamento

Sidney, 1960. Una madre prende i suoi due figli, Andy e Jimmy, e li porta via nel cuore della notte, sottraendoli a un padre violento e alcolizzato. I tre arrivano in una piccola città marittima, e il caso, insieme all'istinto dei due ragazzini, fa sì che vi si stabiliscano. I ragazzi sono irresistibilmente attratti dal mare, nonché dalla possibilità di cavalcare le sue gigantesche onde. Proprio in questo contesto, durante una prova di surf, Jimmy, più impetuoso, salva suo fratello maggiore Andy da un incidente che poteva costargli la vita. Più di dieci anni dopo, Andy tenterà in tutti i modi di sdebitarsi, proteggendo Jimmy, ormai diventato un campione locale di surf, ben oltre la sua volontà. Ma gli echi della cultura hippie, e di una rivoluzione dei costumi che altrove ha già raggiunto il suo culmine, stanno giungendo tumultuosi nella comunità costiera. Cavalcandola, Andy e Jimmy provano a fare della loro passione un lavoro, investendo tutto ciò che hanno in una piccola attività di produzione, e vendita, di tavole e mute da surf. Ma l'ignoranza e il conservatorismo della popolazione locale, unita all'arroganza di una gang di spacciatori, renderà il loro sogno più arduo da realizzare.


Tra tutti gli sport più "cinematografici", il surf ha sempre occupato un posto particolare, seppur decentrato. Non sono moltissime, infatti, le pellicole che, nella storia del cinema, hanno sfruttato il potenziale visivo (ed evocativo) di una disciplina la cui pratica, in molte accezioni, si lega alla controcultura e a un'idea di libertà tanto radicale quanto utopica: non è un caso, infatti, che i classici del genere, da Un mercoledì da leoni a Point Break, vivano di un afflato filosofico oltre che spettacolare, che collega le gesta dei loro protagonisti a una visione alternativa del mondo e a una concezione radicalmente libertaria della vita. E' in questo solco che cerca di inserirsi questo Drift - Cavalca l'onda (parzialmente ispirato, ci avvisano i titoli di testa, da eventi reali); il cui setting rimanda ad anni di sogni, utopie, speranze, che inevitabilmente deflagrano contro realtà socio-politiche incapaci di comprenderli. Il prologo del film di Morgan O'Neill e Ben Nott è di grande efficacia: con quel bianco e nero a restituire l'atmosfera degli anni '60, ancora conservatrice ma sul punto di essere scossa da un movimento tellurico, con le difficoltà di adattamento di due ragazzini in un contesto che riproduce le bassezze del mondo adulto; e con l'attrazione irresistibile per quelle onde che finiranno per dare colore al mondo dei due protagonisti, e per segnare indelebilmente le loro vite.

E' un peccato, quindi, che dopo un avvio tanto promettente, Drift si incanali su binari molto più risaputi, mostrando un dramma familiare dai contorni già visti. Quei primi dieci minuti restano quasi un corpo isolato dal resto della pellicola, per come questa lascia fuori praticamente qualsiasi riferimento all'infanzia dei due protagonisti, nonché alla loro vita precedente all'arrivo nella cittadina. L'unico rimando, inevitabilmente schematico, lo troviamo nei minuti finali, in una delle sequenze chiave della pellicola; ma l'intento è in realtà più spettacolare che narrativo. Per il resto, le premesse della vicenda vengono sviluppate in modo corretto, ma senza originalità; lasciando da parte qualsiasi possibile zona d'ombra dei personaggi, e delineandone le caratteristiche nel modo più semplice e stereotipato. Il fratello più giovane e dotato, generoso ma incosciente, quello più riflessivo che fatica a tenerne a freno le intemperanze, l'amico hippie privo di radici (interpretato da un Sam Worthington il cui ruolo viene dilatato oltre ogni logica narrativa) in grado di influenzare in modo determinante la vita di entrambi. Tutto già visto e povero di reali emozioni, compresa l'irrilevante love story tra Andy e la compagna dell'amico (la bella Lesley-Ann Brandt) nonché la sottotrama della dipendenza da eroina dell'altro co-protagonista, il fragile Gus.
Ciò che forse, più di ogni altra cosa, delude di Drift, è proprio l'incapacità di far emergere, per ciò che fu, la realtà del periodo, lo scontro di uno stile di vita libero e senza condizionamenti con la grettezza e la chiusura mentale di una piccola comunità, refrattaria ai cambiamenti; nonché il difficile equilibrio tra la tensione verso la realizzazione dei propri sogni e la necessità di fare i conti con una realtà che ha nell'economia il proprio motore. I ragionamenti sull'imminente trasformazione del surf in una realtà industriale, e in una fonte di guadagno per affaristi, sono appena abbozzati. Resta comunque, al film di Nott e O'Neill, un buon impatto visivo, esplicitato nelle spettacolari sequenze delle prove di surf (molto efficace quella conclusiva), nonché un discreto ritmo, che tiene vivo l'interesse malgrado il carattere prevedibile della narrazione. Le stesse prove attoriali risultano passabili, pur nella schematicità dei caratteri: ai due protagonisti danno volto, con sufficiente convinzione, gli emergenti Myles Pollard e Xavier Samuel (quest'ultimo lanciato, pochi anni fa, dal teen movie The Twilight Saga: Eclipse) a cui si somma il citato, narrativamente poco funzionale, Worthington. Agli amanti del surf, ma anche a chi cerca un approccio facile allo spettacolo cinematografico, potrà forse bastare: ma resta il fatto, indubbio, che le potenzialità del soggetto potevano portare ad altri, e migliori, risultati.

Movieplayer.it

2.0/5