Recensione Arance e martello (2014)

Diego Bianchi, in arte Zoro, firma ed interpreta una commedia dai toni satirici in cui una rivolta di quartiere per la chiusura di un mercato rionale si trasforma in un'ironica riflessione sullo stato di salute della sinistra italiana e sul turbolento rapporto fra cittadini, istituzioni e politica.

Diventato, a partire dal 2003, uno dei blogger satirici più seguiti d'Italia con lo pseudonimo di Zoro, e protagonista in seguito di una brillante video-rubrica intitolata Tolleranza Zoro, fino al fortunato approdo in televisione, Diego Bianchi si è dimostrato in grado di rappresentare, con (auto)ironia ed un pungente spirito caustico, crisi d'identità, idiosincrasie e nevrosi della sinistra italiana degli ultimi anni, nonché il senso di disagio di un ex militante, nonché elettore di sinistra, spettatore delle difficoltà interne del Partito Democratico, fra continui "cambi al vertice" e alterni risultati elettorali.

Un'osservazione partecipata, talvolta addirittura appassionata, che Diego Bianchi / Zoro ha portato avanti per almeno un decennio, e che ora è confluita nel suo film d'esordio, Arance e martello, proiettato fuori concorso alla Settimana Internazionale della Critica in occasione della 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

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Diego Bianchi 'Zoro' sul set del suo Arance e martello
Diego Bianchi 'Zoro' sul set del suo Arance e martello

L'estate 2011, una delle estati più afose che Roma ricordi ("l'estate più calda da centocinquant'anni", come sentenziano gli esperti). L'estate 2011 è anche quella che segna il declino del Governo di Silvio Berlusconi, minato dai contrasti interni al centrodestra e dagli scandali sessuali del Premier, e destinato a crollare di lì ad appena tre mesi. Nel frattempo, però, il quartiere di San Giovanni, nel cuore di una Roma assolata e semideserta, è in subbuglio: il mercato rionale è infatti in procinto di chiudere, e i venditori inferociti, non sapendo a chi rivolgersi, decidono di bussare alla porta della sezione del PD. Ad accoglierli, fra ritrosie e diffidenza, vi sono Trieste (Antonella Attili) e Armando (Francesco Acquaroli), una coppia di coniugi e fieri militanti, che quella stessa mattina si aggiravano per il quartiere allo scopo di raccogliere firme per le dimissioni di Berlusconi.

Fra pregiudizi, nervosismo, punti di vista opposti ed esasperazioni di vario tipo, la situazione si surriscalda sempre di più, mentre gli iscritti del PD si incagliano in una procedura burocratica lenta e farraginosa... fino a quando la tensione non esplode in un'imprevista occupazione, con tanto di "ostaggi" più o meno politicamente impegnati, ma comunque disposti a partecipare a questa lotta comune. A raccontare in presa diretta l'intera vicenda, armato di una piccola telecamera portatile e con lo stile consueto che contraddistingue i suoi videoblog (ovvero un primo piano di Zoro che lascia spazio, nell'inquadratura, a ciò che sta avvenendo in quel momento), è il protagonista Diego, il quale raccoglie umori, sfuriate e collassi emotivi: non solo da parte degli iscritti del PD, ma anche dell'anima più "popolare" e sanguigna di Roma.

Fa' la cosa giusta

Arance e martello: un'allegra scena del film
Arance e martello: un'allegra scena del film

Il modello di riferimento di Arance e martello, fra un giovane dee-jay locale (Josafat Vagni) che apre e chiude la pellicola ed un simpatico "coro" di pensionati che, dai tavolini di un bar, commentano serafici e disincantati la sarabanda in scena sotto i loro occhi, è palesemente Fa' la cosa giusta, il cult di Spike Lee del 1989, al quale Diego Bianchi rende omaggio in più occasioni e in modi diversi: dalla reiterazione quasi ossessiva dell'imperativo "Fa' la cosa giusta" (declinato anche in romanesco stretto) all'atmosfera torrida che contribuisce ad accendere gli animi, per arrivare addirittura a una citazione esplicita, con un cineforum improvvisato che vede riuniti gli occupanti e gli ostaggi. Ma se il film di Spike Lee aveva i connotati di un dramma perennemente sull'orlo della tragedia, l'opera di Zoro è invece una commedia grottesca che procede a ritmo incalzante, benché i numerosi spunti di riflessione siano virati fin troppo verso un registro farsesco che risulta da subito la cifra predominante (nonché, per certi versi, il principale limite) di Arance e martello. E sebbene Bianchi, in fase di sceneggiatura, proceda essenzialmente per cliché, il suo scatenato esordio cinematografico riesce comunque a divertire e a graffiare, anche grazie a una direzione degli attori che, in quasi tutti i casi, sa sfruttare con adeguatezza i numerosi "tipi comici" in scena. Per il resto Arance e martello ripercorre, con un'amarezza sospesa fra vena malinconica e desiderio iconoclasta, i numi tutelari e i simboli (più o meno anacronistici) della sinistra italiana, proponendo una galleria di "patroni" che va da Enrico Berlinguer a Francesco Totti; e concedendosi, nell'ambito del braccio di ferro fra militanti e forze dell'ordine, perfino una velenosa stoccata contro le parole di Pier Paolo Pasolini sulla battaglia di Villa Giulia.

Arance e martello: un'immagine della commedia di Diego Bianchi
Arance e martello: un'immagine della commedia di Diego Bianchi

Conclusioni

Una foto di Diego Bianchi sul set del suo Arance e martello
Una foto di Diego Bianchi sul set del suo Arance e martello

Diego Bianchi, noto in televisione e su internet come Zoro, porta avanti la propria riflessione sulla sinistra italiana con il suo film d'esordio, Arance e martello: un'infiammata commedia dai toni farseschi, ambientata nel quartiere popolare di San Giovanni, che fra citazioni di Fa' la cosa giusta e un'irriverente rassegna dell'iconografia della sinistra mette in scena le contraddizioni e le "crisi di nervi" di un paese la cui coscienza politica appare sempre più confusa e smarrita.

Movieplayer.it

2.5/5