Recensione 20 anni di meno (2013)

Commedia romantica francese confezionata molto bene, che riesce a somigliare tanto a quelle americane: pregio o difetto che sia, il film racconta una storia già vista ma lo fa con freschezza ed ironia grazie ai dialoghi, alla sceneggiatura e soprattutto alla bravura degli interpreti.

L'amore non ha età

Chi ha detto che solo gli americani sanno fare le commedie romantiche? I cugini francesi ci impartiscono un'ennesima lezione di come si può riuscire a realizzare un prodotto di genere in salsa europea senza cadere nella banalità e nella sciatteria, come troppo spesso capita alle commedie nostrane; riuscendo anche ad aggirare i luoghi comuni e i cliché di una storia non esattamente nuova ed originale, e di un soggetto più superato che attuale, grazie ad una confezione di buon livello, una sceneggiatura brillante e ritmata, che non si abbandona mai alla cialtroneria e tanto meno alla volgarità per strappare una risata, ma è invece costellata di dialoghi ben scritti, battute divertenti e mai troppo scontate.


Alice (Virginie Efira), 38 anni, bella, ambiziosa e totalmente dedita al lavoro, è ossessionata dalla carriera e dal posto di caporedattore della rivista di moda per cui lavora: il suo essere rigidamente borghese non l'aiuta agli occhi del suo capo che cerca invece freschezza, anticonformismo e un pizzico di follia. Matrimonio fallito alle spalle, così come una carriera da scrittrice finita ancor prima di nascere, Alice è anche madre di un'adolescente, e questo la rende ancora più senile agli occhi del suo entourage e soprattutto di sé stessa. L'occasione di svecchiare la sua immagine le viene offerta dall'incontro casuale con Balthazar (Pierre Niney), vent'anni meno di lei, che per una serie di malintesi la trasforma agli occhi di tutti da impettita working girl nella più classica delle MILF (Mother I Would Like to F***). Dopo lo shock iniziale, Alice si rende conto che invece la nuova fama giova alla sua immagine, agli occhi dei colleghi e soprattutto del suo capo, per cui inizia a fingere di flirtare con Balthazar, che nel frattempo è cotto di lei... L'effetto che il ragazzo avrà sulla sua vita però sarà alquanto imprevisto.

Come dicevamo, niente di nuovo sul fronte della commedia romantica, di cui ritroviamo elementi classici e già ampiamente sfruttati fino all'eccesso, su tutti quello del protagonista (in questo caso una donna) che si innamora per finta e con secondi fini, e che invece resta intrappolata nel suo stesso gioco, con tutte le derivazioni e le conseguenze del caso (anche se tra i tanti precedenti, in questo caso sono in vantaggio quelli che raccontano la storia da un punto di vista maschile): l'amore improbabile e inatteso che scoppia inaspettato al di là dei pregiudizi e delle convenzioni, attraverso il quale si diventa se stessi e si scopre il proprio io. Questo unito al tema della differenza di età (invece decisamente più sfruttato da un punto di vista femminile), che insieme in questo caso a quella di classe sociale e di educazione, rappresentano la diversità che fa paura, innanzitutto a se stessi, e le convenzioni da abbattere per sciogliere i nodi che ci legano e spiccare il volo verso la felicità.
Questo delle relazioni tra donne mature e ragazzi più giovani, è appunto un argomento quanto mai chiacchierato a livello di gossip e già ripreso anche da numerose serie TV, che hanno sdoganato termini come appunto MILF, cougar o toy boy, che sono ormai diventati fenomeni sociali e legati ad argomenti che non fanno quasi più scalpore. Nonostante questo, il regista David Moreau, che prima di questo esordio in solitaria aveva diretto in coppia con Xavier Palud gli horror The Eye e Them, pur cambiando completamente genere, riesce a centrare il bersaglio: mette insieme una storia che diverte e non annoia, soprattutto grazie all'alchimia dei due interpreti, che riescono nel difficile compito di arrivare al cuore dello spettatore creando personaggi che, nonostante il fisiologico distacco dalla realtà tipico dei protagonisti delle commedie di questo genere, riescono ad essere piuttosto credibili e ai quali ci sia affeziona: Virginie Efira è perfetta nel ruolo, e soprattutto Pierre Niney, spontaneo e irresistibile sullo scooter rosa di Hello Kitty ("mi hanno fregato, la foto dell'annuncio era in bianco e nero..."). Il prodotto come detto è confezionato davvero bene, dalle scenografie di Jean Rabas, collaboratore di Bertolucci e Jeunet, ai costumi di Isabelle Pannetier, che descrivono perfettamente la metamorfosi di Alice dal suo rigore serioso iniziale, all'esplosione progressiva della sua femminilità estrema. Bella la track list della colonna sonora. Il film è girato in 35 mm anamorfico, un vecchio formato che rende le immagini particolarmente belle e brillanti. Niente di clamoroso quindi, ma una ventata di freschezza il film riesce comunque a darla e alla fine tra sorrisi e un po'di romanticismo non si rimane delusi.

Movieplayer.it

3.0/5