Qui rido io, la recensione: essere regista della propria fiera parodia

La recensione di Qui rido io, il nuovo film di Mario Martone con Toni Servillo, presentato in concorso a Venezia78, che racconta il personaggio di Eduardo Scarpetta.

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Qui rido io: Toni Servillo al trucco nei panni di Edoardo Scarpetta

Mentre iniziamo la nostra recensione di Qui rido io, sentiamo l'eco degli applausi vigorosi a conclusione della prima proiezione per la stampa al Festival di Venezia 2021, dove il nuovo film di Mario Martone è stato presentato in anteprima (uscirà in tutte le sale italiane il 9 settembre). Applausi che sanciscono definitivamente l'importanza del teatro napoletano popolare di Eduardo Scarpetta, poi ereditato dai figli Titina, Peppino ed Eduardo De Filippo, tutt'oggi ricordato e parte fondamentale della nostra cultura, e che confermano la qualità intrinseca di uno dei film più belli del concorso visti finora. Attraverso il ritratto di Scarpetta, qui interpretato da Toni Servillo, e la storia di una lotta in tribunale contro Gabriele D'Annunzio, si mette in scena una riflessione sull'arte popolare, sulla risata e la parodia, sulla libertà di espressione (in più sfumature, ne parleremo nei prossimi paragrafi) e sul tempo che scorre inesorabile.

Padri severi e figli ribelli

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Qui rido io: una scena

Eduardo Scarpetta è il commediografo di punta del mondo teatrale napoletano. Grazie al successo della sua opera 'Na Santarella e del personaggio da lui inventato Felice Sciosciammocca, Scarpetta vive l'apice della sua vita, come padre di una numerosa famiglia, tra moglie e amanti, tra figli riconosciuti e altri illegittimi, con cui condivide il lavoro. Regista di incredibile successo tanto da poter vivere nel lusso, Scarpetta vive il proprio tempo seguendo i valori di tradizione ed eredità: ha già deciso che i figli, che già lavorano con lui, porteranno avanti la sua opera. Durante gli anni del successo di Miseria e Nobiltà (testo di cui verrà tratta la celebre versione cinematografica di Mario Mattoli con Totò), Scarpetta rimane affascinato dall'opera teatrale scritta da Gabriele D'Annunzio, il Vate, dal titolo La figlia di Iorio, tanto da trovare subito ispirazione per farne una parodia. La sera della prima, però, questa nuova opera viene fischiata e lo stesso D'Annunzio deciderà di denunciarlo per plagio. Si aprirà così una voragine, professionale e personale, nella vita di Scarpetta che si ritroverà ad affrontare, proprio lui così puntiglioso e abituato al ruolo di regista, nella vita come sul palco, diverse ribellioni: quella di D'Annunzio, quella dei suoi colleghi letterari, quella del pubblico che sembra disinnamorarsi del personaggio, quella dei suoi figli e, infine, quella del tempo stesso. Con l'arrivo del cinematografo, il teatro di Scarpetta appare improvvisamente obsoleto.

Qui rido io, Toni Servillo: "Scarpetta era un attore che celebrava la vita."

La caduta della maschera

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Qui rido io: un'immagine del film

Qui rido io è una storia che rifugge dagli stilemi di un racconto biografico (e dando per scontato parecchi retroscena sulla famiglia), cercando di utilizzare un momento topico della vita del protagonista come metafora di una riflessione più ampia. L'interesse di Martone non è solo quello di rendere omaggio a un teatro popolare tutt'oggi molto amato e riconosciuto, ma riflettere sull'arte intera e sul bisogno della risata. Fulcro del film stesso, oltre alla dimensione più intima e personale legata al personaggio interpretato da Toni Servillo, è la semplice possibilità di poter scherzare su ciò che è serio e potente. Quella di Scarpetta non è una scrittura raffinata e colta, come quella di D'Annunzio, ma è potente in maniera uguale perché arriva a un pubblico numeroso. Il film lavora nel rappresentare uno scontro tra autorialità e commercialità (ancora presente in molte delle discussioni legate alle opere d'arte che facciamo oggigiorno) senza, però, scivolare in una retorica agiografica. Anzi, il personaggio di Scarpetta, per quanto il pubblico sia in qualche modo costretto ad abbracciare il suo punto di vista, non ne esce in maniera perfettamente positiva. Regista di talento (commediografo popolare, soprattutto: si ha una sensazione strana di disagio quando racconta la parodia a D'Annunzio) sul palco quanto regista fallimentare nella vita privata, il personaggio scritto da Martone è costretto a fare i conti con la caducità della propria maschera, spogliandosi dei suoi costumi e dei suoi trucchi per mostrare un'altra faccia egoista, reale e allo stesso tempo farlocca. Un padre padrone che, nel fare una parodia, non si rende conto di viverla davvero. E tra lo sfarzo ostentato delle cene nella Villa La Santarella e la rappresentazione di sé stesso come un essere intramontabile, Scarpetta diverrà simbolo di un nuovo Pulcinella che lui stesso aveva soppiantato.

La compagnia di attori

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Qui rido io: una sequenza del film

Il cinema di Mario Martone danza spesso con una dimensione teatrale in cui la messa in scena, la cura scenografica e l'attenzione ai dialoghi la fanno da padroni. Grazie alla storia raccontata che ha a che fare con personaggi molto amati, alle tematiche affrontate e a un ritmo gustoso nella narrazione, Qui rido io si concede un dialogo maggiore con il proprio pubblico. Mantiene le caratteristiche di un cinema autoriale, ma con piacevoli intrusioni nel cinema più commerciale e popolare che lo qualifica come un'opera decisamente riuscita ed emozionante. Appare, quindi, naturale soffermarsi sul cast che compone il nutrito parco personaggi, che riserva parecchie sorprese. Non possiamo che iniziare dai giovanissimi Alessandro Manna, Marzia Onorato e Salvatore Battista che interpretano rispettivamente Eduardo, Titina e Peppino De Filippo. L'ultimo soprattutto, nonostante l'età, è capace di portare in scena un personaggio drammatico con una naturalezza che raramente si trova nel cinema italiano di bambini. Cristiana Dell'Anna, conosciuta dai più per il ruolo di Patrizia in Gomorra - La serie, qui interpreta Luisa De Filippo, l'amante del protagonista, a cui viene riservato un trattamento meno superficiale rispetto ai co-protagonisti. Perché Qui rido io è un film che si fa forza proprio grazie alla coralità dei personaggi presenti in scena, alla rappresentazione di un nucleo famigliare che si descrive attraverso le relazioni. Chiaramente, come nelle commedie rappresentate a teatro, c'è una star che catalizza l'attenzione del pubblico e a cui anche il film si piega: Toni Servillo. L'attore è fautore di una performance sentita che non lascia indifferenti. Capace di spaziare facilmente attraverso i vari registri, da attore comico sul palco a padre e regista severo sino a persona in crisi d'identità, il suo Eduardo Scarpetta è uno dei maggiori punti di forza del film. Grazie a una scena finale memorabile, con un lungo monologo, il film di Mario Martone si conclude con un apice emotivo fortissimo che non conclude solo la vicenda narrata, ma spinge alle riflessioni nel momento in cui si lascia la sala. Dimostrazione esemplare delle tematiche affrontate nel corso della pellicola.

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Il teatro della vita

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Qui rido io: una scena del film

Interessante come Martone riesca a schivare in maniera narrativamente coerente i pochi difetti del film, come alcuni momenti un po' troppo didascalici (pensiamo al tavolo degli scrittori che commentano Scarpetta) e qualche calo recitativo in cui i personaggi appaiono poco naturali, attraverso un dialogo tra la finzione e la realtà, tra il mondo materiale e il mondo mentale. Al di là delle scene di stampo più onirico che riguardano i pensieri di Scarpetta, data la mancanza di una netta divisione nel modo di recitare da parte degli attori, si ha l'impressione che il modo di reggere il palco teatrale e recitare una maschera e il modo in cui assistiamo alla vita quotidiana della famiglia Scarpetta/De Filippo non sia poi tanto diverso. Vivere per il teatro, come lo fa Scarpetta, equivale a vivere nel teatro e di teatro: le aspirazioni, i comportamenti, i fallimenti sembrano susseguirsi allo stesso modo, nella carriera così come nella dimensione domestica. Una volta presa coscienza dell'atto della storia in cui è inserito, una volta che si è capito, in una meravigliosa scena che riguarda Benedetto Croce, il ruolo che sta interpretando, Eduardo Scarpetta conclude quella parodia che sembra essere la sua vita a questo punto della sua carriera con un monologo finale. Un lieto fine in cui si trova finalmente risposta ai conflitti a cui abbiamo assistito.

Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Qui rido io non possiamo che premiare questo nuovo film di Mario Martone, a suo agio con la materia affrontata, supportato da un cast di attori bravissimi tra cui spicca, ça va sans dire, Toni Servillo. Il film unisce autorialità e cinema popolare, trovando la sintesi formale del conflitto narrativo centrale. Di stampo classico, ma capace di suscitare forti emozioni, Qui rido io è un omaggio a un genio teatrale e all’eredità lasciata, un’ode alla risata popolare e al bisogno dell’arte nella vita e un’indagine sul passare del tempo, confondendo uomini e personaggi, palco e realtà.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • Il racconto di un artista e del suo lato umano, unendo palco e realtà.
  • Di stampo classico, il film, grazie a un attento lavoro di regia, scrittura e montaggio, è capace di unire un cinema autoriale a quello di stampo più popolare.
  • Il cast regala parecchie emozioni, mettendo in scena un nucleo famigliare vivace. Da sottolineare la performance dei bambini e di Toni Servillo.

Cosa non va

  • Tuttavia sono presenti brevi momenti un po’ troppo didascalici che coincidono con un piccolo calo recitativo.