Organ Trail, la recensione: un western horror che spara a salve

La recensione di Organ Trail, film nel quale la giovane protagonista è la sola superstite del massacro della sua famiglia, uccisa da una banda di spietati banditi, nelle zone selvagge del Montana nel 1870. Su Sky e NOW.

Organ Trail, la recensione: un western horror che spara a salve

Negli anni che seguono la fine della guerra di secessione americana, la famiglia Archer è in viaggio per il Paese in cerca di una nuova vita: un tragitto che ora li ha condotti nei territori montuosi del Montana, dove la fitta neve ha reso i paesaggi sempre più ardui da attraversare. La giovane Abigail - per tutti Abby - è insieme al padre Abraham, alla madre Celeste e al fratello Tobias, nella speranza di raggiungere un luogo da poter chiamare casa e ricominciare da zero. Durante una battuta di caccia, i due uomini del nucleo si imbattono in una carovana depredata, i cui componenti sono stati barbaramente uccisi, e trovano una ragazza ancora viva seppur ferita, la misteriosa Cassidy.

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Organ Trail: una scena del film

Come vi raccontiamo nella recensione di Organ Trail, gli Archer ignorano come Cassidy faccia parte di una spietata banda capeggiata da Logan, la quale la sera con il favore delle tenebre attacca i malcapitati soccorritori durante il sonno: la sola a sopravvivere al massacro è proprio Abby, che viene rapita dalla gang e condotta nel loro quartier generale, una sorta di cittadina fantasma in mezzo al nulla. Sarà l'inizio di una disperata lotta per la sopravvivenza nel quale Abby potrà contare sull'aiuto di Cassidy, pronta forse a redimersi e ad abbandonare per sempre quella vita di violenza.

Paura e delirio nel Montana

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Organ Trail: una foto del film

Le suggestive location, con il contorno paesaggistico bianco e desolato a far da sfondo a questa vicenda sempre più cruda e drammatica, con il sangue rosso che spicca in mezzo a tanto candore, sono probabilmente il solo motivo di potenziale interesse in un film che cade spesso nel ridicolo involontario, cercando di contaminare le classiche atmosfere da western crepuscolare con delle improbabili derive horror. Ma il regista Michael Patrick Jann - reduce da una lunga esperienza televisiva - non è S. Craig Zahler e Organ Trail non ha niente in comune con Bone Tomahawk (2015), recente cult che riusciva a contaminare i due generi con personalità. Qui la storia perde progressivamente di mordente non soltanto per via di un'evidente serie di forzature che vanno a snaturare l'incipit di partenza, ma anche a causa di personaggi poco credibili nelle loro scelte, tra repentini cambi di vedute e caratterizzazioni spesso caricaturali nel loro manicheismo.

Mostri e prede

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Organ Trail: un'immagine del film

Basti pensare che uno dei villain è affetto da CIP - ovvero l'insensibilità congenita al dolore - e questo gli permette soprattutto nelle fasi finali di sopportare il peso di profonde ferite, o peggio, senza batter ciglio, diventando una sorta di vera e propria macchina da guerra nell'effettiva resa dei conti finale. O ancora l'intervento salvifico del cowboy di colore, che si trova a passare per caso in mezzo a un ghiacciaio dal quale è appena emersa la protagonista in fuga. Poteva venirne fuori un interessante studio sui vari volti del male in un teatro quanto mai affascinante, ma il risultato è un pastrocchio senza capo né coda, dove la solidarietà femminile sembra un inutile - furbo - escamotage atto a trainare la vicenda sui binari prefissati. In versione originale gli spettatori potranno inoltre notare nei dialoghi la citazione del proverbio in lingua inglese "All work and no play makes Jack a dull boy", reso famoso da Jack Nicholson nello Shining (1980) di Stanley Kubrick.

Vendetta tremenda vendetta?

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Organ Trail: una scena drammatica del film

E invece ecco figure anestetizzate che viaggiano su stereotipi, con tanto di situazione di stallo conclusiva che cerca di innalzare un minimo il livello della tensione - fino ad allora grande assente - ma perde di ulteriore credibilità quando il "boss finale" viene eliminato in una scena sacrificale a dir poco dozzinale. Un cast anonimo e privo di grandi nomi non aiuta, così come l'essenza di quella pura anima della frontiera che tanti capolavori ha regalato alla Settima Arte: certo come detto il palcoscenico del Montana offre scorci di selvaggia bellezza, ma lo spirito del west è qui soltanto un lontano ricordo, in un revenge-movie mal assemblato, popolato da violenza e disillusione.

Conclusioni

Una giovane donna in viaggio con la sua famiglia è l'unica superstite del massacro compiuto da una gang di spietati banditi, che contano tra le loro fila una ragazza poco più grande di lei. Proprio l'unione tra le due potrà ridare a entrambe un futuro migliore, ma per sopravvivere dovranno lottare con le unghie e con i denti. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Organ Trail, ci troviamo davanti a un western che si tinge di horror in maniera improbabile, tentando di seguire una via seguita in tempi recenti da modelli ben più ispirati. Qui la violenza fisica e morale la fa da padrona, in una sceneggiatura che vive su evidenti forzature e non sfrutta appieno il fascino del suggestivo contesto selvaggio.

Movieplayer.it
1.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • I paesaggi innevati del Montana.

Cosa non va

  • Sceneggiatura forzata e a tratti trash.
  • Il mix tra western e horror è mal equilibrato.
  • Un cast poco ispirato.