Lech Walesa: il ritratto e l'uomo

In occasione dell'uscita italiana del film di Andrzej Wajda, si è svolto a Roma un incontro stampa che, insieme ai protagonisti Robert Wieckiewicz e Maria Rosaria Omaggio, ha visto la presenza dello stesso ex leader di Solidarnosc, Nobel per la pace nel 1983.

Dopo la presentazione, fuori concorso, all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, Walesa, l'uomo della speranza sta per approdare nelle nostre sale. Il film sullo storico leader di Solidarnosc, sindacalista, leader e uomo simbolo della lotta contro il regime comunista polacco, è diretto da un maestro come Andrzej Wajda; ispirato alla lunga intervista, poi pubblicata in un libro, che Oriana Fallaci fece a Walesa nel 1981, il film di Wajda si avvale della presenza di una Maria Rosaria Omaggio straordinariamente somigliante alla giornalista italiana, nonché di un Robert Wieckiewicz che riesce nel difficile compito di vestire i panni di un simbolo ancora vivo, la cui influenza non si è affatto spenta nell'attuale contesto europeo ed internazionale.

La recensione del film.

Malgrado l'assenza del regista, l'incontro con la stampa italiana si è avvalso di un ospite che controbilancia e fa dimenticare la sua defezione: insieme a Wieckiewicz e alla Omaggio, infatti, è giunto a Roma, in occasione della presentazione del film, Lech Walesa in persona. Arrivato una mezz'ora dopo l'inizio dell'incontro, l'ex presidente polacco, Premio Nobel per la pace nel 1983, si conferma personaggio spigoloso, senza peli sulla lingua (nell'occasione, non si è fatto problemi ad esprimere critiche sostanziali ad alcuni aspetti del film di Wajda) ma dotato di un fare divertente e autoironico; un atteggiamento che conferma la sua lontananza da un modello ingessato di leader rivoluzionario e poi capo di stato, e mette in evidenza il carattere ruspante, popolare (e un po' populista) che ne ha consegnato la figura alla storia.

Parola al portavoce

Walesa. Man of Hope: una scena del film
Walesa. Man of Hope: una scena del film

Prima dell'arrivo dell'ex presidente, il primo a prendere la parola è stato Piotr Nowina-Konopka, attuale ambasciatore polacco presso la Santa Sede e storico portavoce di Walesa: "Negli anni '80 ero in contatto col sindacato illegale di Walesa, e per anni ho svolto la funzione di suo portavoce. Nel settembre del 1980, dopo lo sciopero ai cantieri di Danzica, lui non sembrava un futuro presidente, né tantomeno un futuro Premio Nobel. Poi è successo ciò che tutti possono leggere sui libri di storia; e bisogna dire che la trasmissione di una storia come questa avviene spesso tramite l'arte. Lasciatemi salutare a questo proposito colui che non c'è e non verrà: Andrzej Wajda è uno dei pilastri del cinema polacco. Lui ha documentato tutto ciò che successo in Polonia negli ultimi 60 anni, un paese dalla storia molto difficile; ma ha raccontato anche storie più antiche, miti che costituiscono la nostra identità nazionale. I suoi film sono la prova che l'arte, a volte, sa creare essa stessa la storia. Tutti ricordano la trilogia di cui questo film è la conclusione: prima L'uomo di marmo, poi L'uomo di ferro, e ora L'uomo della speranza, ovvero Walesa. Vorrei qui omaggiare questo grande uomo, grande polacco e grande artista. La storia dell'intervista di Oriana Fallaci era molto conosciuta in Polonia: credo che ciò che la signora Omaggio ha fatto sia particolarissimo, visto che in un certo senso ha costruito un percorso attraverso il quale ci ha fatto arrivare la storia di Walesa. Per quanto riguarda Robert, quando ho saputo che avrebbe dovuto interpretare Walesa ho pensato che avrebbe avuto bisogno della chirurgia estetica: infatti non ci somiglia per niente! Ma ci sono altri metodi per interpretare una persona, che prescindono dalla somiglianza. Parliamo di una persona viva, non univoca, piena di contraddizioni, ma anche di un personaggio a cui bisogna rendere giustizia: so bene che questa è stata l'intenzione di Wajda. Questi personaggi vengono spesso criticati, contestati, ma quelli che hanno l'intuito, il dono di Dio di potersi immaginare quale sia lo scopo, loro sono capaci di portare il mondo verso questo scopo. A 25 anni da quelle prime elezioni democratiche, risulta che tutto sia possibile se si ha la forza di immaginare."

A scuola di rivoluzioni

L'arrivo dell'ex presidente polacco è stato accompagnato dal prevedibile trambusto e dalla ressa di foto all'interno della piccola sala in cui si teneva l'incontro. Walesa, da subito sorridente e rilassato, ha preso la parola esprimendo il suo punto di vista sul film. "La mia vita, e la mia patria, sono così ricche che vi si potrebbero fare ancora tanti film. Ognuno sarebbe lieto di avere un film sulla sua persona, e così è per me; anche se io personalmente avrei aggiunto alcune parti, che permettessero anche di divertirsi guardando questo film.
Per esempio, vi racconto un aneddoto: una volta, ero stato appena rilasciato dopo un arresto, così mi sono trovato su un tram e mi sono reso conto di essere senza biglietto perché non avevo soldi! Questo perché ero stato portato via di casa senza soldi. Hanno anche cercato di umiliarmi trasformandomi in un ladro: un'altra volta, mentre uscivo dal lavoro ed ero già sul tram, un mio collega è corso fuori pregandomi di tenergli la borsa, perché diceva di aver dimenticato le chiavi. Ho capito subito però che qualcosa non andava: così ho messo la borsa in un posto per i piccoli bagagli. Poco dopo si sono avvicinati due poliziotti che mi hanno chiesto se quella borsa era mia; ovviamente ho risposto di no. Loro l'hanno aperta e c'erano strumenti di lavoro che erano stati rubati. Se me l'avessero trovata in mano, come avrei potuto spiegare che non ero io il ladro? Queste piccole scene avrebbero potuto dare un altro sapore a questo film. Wajda ha messo invece l'accento sulle scene 'serie' e di lotta, ma queste scene 'ridicole', che poi in fondo tanto ridicole non sono, erano altrettanto fondamentali.
Io temo di non fare in tempo, ormai, a fare un'altra rivoluzione in questo mondo, ma vorrei trasmettere lo stesso qualche informazione 'post rivoluzione'. Tutte le rivoluzioni, secondo me, fanno due errori: il primo è quello dei rivoluzionari come Lenin o Fidel Castro, che ribaltano realtà, la cambiano, e poi si sostituiscono al potere governando peggio dei predecessori. Il secondo errore, che ho commesso anch'io, è quello di consegnare quella che è stata una grande vittoria alla burocrazia. È un errore che va evitato. Quindi, quando starete per fare la rivoluzione, ricordate le parole del vecchio Walesa."

L'alter ego

Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz nei panni di Lech Walesa in una foto promozionale
Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz nei panni di Lech Walesa in una foto promozionale

"Io sono molto felice di poter fare questa visita a Roma insieme a Walesa e a Maria Rosaria Omaggio", ha detto Wieckiewicz, trovatosi, sullo schermo, nel difficile ma stimolante ruolo di alter ego di un personaggio così popolare. "Dopo il film, ci siamo incontrati per la prima volta a Venezia per la proiezione in anteprima; ora è la seconda volta. Vorrei parlare a nome di Wajda, che oggi non è qui, ma tiene a far sapere che è felice che questo film venga proiettato in Italia, e spera che il pubblico italiano possa apprezzarlo. Sono molti i legami e le esperienze che ho vissuto durante il film, ma soprattutto questo mi ha legato profondamente a Lech Walesa: di ciò sono felice. La mia fonte principale, per interpretarlo, sono stati gli archivi e i documenti provenienti dagli anni '80. Erano piuttosto numerosi, e io ho avuto anche la possibilità di essere in presenza di Walesa per molto tempo. Un aiuto me l'ha dato anche la sua autobiografia, La strada verso la libertà: ho letto forse tutti i libri scritti in polacco che trattavano di lui, ma questo è stato il più importante per me. È il più completo, perché racconta la sua infanzia, e questo mi ha permesso di conoscere più a fondo il fenomeno Lech Walesa. Cercate di immaginarvi il suo sgomento durante la proiezione del film a Venezia: accanto a me c'erano Maria Rosaria, poi la moglie del presidente, e infine il presidente stesso. Io mi rendevo conto che lui stava guardando lo schermo, e vedeva un tizio che cercava di sembrare lui: un tizio che stava seduto proprio lì, a due posti di distanza da lui! E anch'io mi sentivo strano, ovviamente, visto che avevo proprio lì accanto la persona che cercavo di imitare. È stata una situazione assurda; io cercavo di immaginare quale sarebbe stato il mio comportamento al suo posto."

Le parole prese a prestito

Walesa. Man of Hope: Maria Rosaria Omaggio in una foto promozionale
Walesa. Man of Hope: Maria Rosaria Omaggio in una foto promozionale

Da un alter ego all'altro, la Omaggio ci ha voluto spiegare il suo rapporto con l'altrettanto difficile personaggio da lei interpretato. "Ho avuto il privilegio di interpretare Oriana Fallaci usando le parole che lei stessa ha pronunciato nell'intervista", ha spiegato. "Ciò mi ha permesso di 'fare la storia' e di impararla. Questo film è rivolto soprattutto ai giovani. Bisogna ricordare che questo signore è famoso perché ha abbattuto la barriera tra sovietici e americani, e ciò è stato importantissimo per la costruzione di ciò che oggi è l'Europa. La prima ad intuirlo, già nell'81, fu proprio la Fallaci. Le scene di cui lui parla, comunque, sono state girate, compresa quella del treno: il materiale è tantissimo, e magari saranno mostrate in futuro, chissà. Il film è al servizio di Lech, piuttosto che di Oriana. Vorrei raccontare quella che per me è stata soddisfazione più grande. I libri di Oriana Fallaci non erano mai stati pubblicati in Polonia, ma poi sono usciti proprio mentre giravamo. Quando è stato pubblicato Intervista con il potere, in cui era presente l'intervista a Walesa, l'editore si è sbagliato e ha inserito una mia foto nella copertina! Wajda ha fatto una foto del libro e ha detto 'vedi come ti ho scelta bene?'. Io ho avuto sempre un'ammirazione particolare per le grandi penne, e Oriana ho avuto anche il vantaggio di conoscerla, e bene. Ero curiosa di approfondire questa regina degli opposti; per me la difficoltà era cercare di restituire quella purezza, quel misto di dolcezza e femminilità, e nello stesso tempo di rigore e determinazione professionale, forse più maschile, che la caratterizzava. Era raro, all'epoca, che una donna si mettesse ad affrontare capi di stato; ricordo per esempio che si strappò il chador davanti a Khomeini. Sono contenta di aver cercato di rendere Oriana con le sue parole: credo che il modo migliore per raccontarla sia capitato proprio a me, per di più con un grande regista. Mi auguro che questo film possa essere d'esempio anche per noi italiani: per non essere solo un popolo che protesta, ma per recuperare anche una fierezza nell'essere italiani. Io sono orgogliosa di far parte della mia nazione, e sono stufa di lamentarmi soltanto."

Tra passato e presente

Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz è Lech Walesa durante una manifestazione
Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz è Lech Walesa durante una manifestazione

Il resto dell'incontro si è incentrato sulle dichiarazioni, spesso molto forti, che l'ex presidente polacco ha dedicato alla situazione politica internazionale, quella di qualche decennio fa e quella di oggi. "Non vorrei che, quando sarete usciti di qui, vi faceste un'idea sbagliata della caduta del muro", ha detto. "Io sono rimasto sgomento per quei tedeschi che hanno abbandonato le loro case, lasciandole vuote dopo la caduta della Germania Est. Fossi stato Gorbacev, gli avrei detto 'va bene, andate via tutti, ma io nelle vostre case introdurrò chi voglio, asiatici, gente di altri paesi, e farò un referendum per non farvi tornare mai più.' Non è una vittoria, quella di disertare il proprio territorio: scappando, i tedeschi hanno minacciato la vittoria, si sono comportati male." Qualche parola, Walesa l'ha poi riservata all'attualità, esprimendo il suo giudizio sull'attuale società globalizzata: "L'epoca delle guerre e delle divisioni è ormai superata. Per affrontare alcuni temi occorre una struttura più ampia di quelle statali: bisogna capire quali cose sono troppo ampie per poter essere contenute nei confini di un singolo stato. Mi fanno ridere quelli che sono contro la globalizzazione, che fanno le proteste e poi tirano fuori il cellulare dalla tasca per chiamare: dovrebbero ricorrere all'uso delle colombe, allora, perché il cellulare stesso è globalizzazione." Due parole anche sull'attuale presidente russo, Wladimir Putin: "Noi stiamo costruendo uno stato, l'Europa, senza rivoluzioni. Invece la Russia si è presa la Crimea, ha tirato fuori i carri armati; tutto ciò contrasta con quello che noi facciamo, e non possiamo permetterlo. Io ho proposto che venga costituito un gruppo di 20 saggi, presso la Nato o l'Onu, e che questo gruppo elabori alcuni postulati che possano convincere Putin a desistere. Andrebbero semplicemente elaborate delle istanze sagge che possano convincerlo: più saremo solidali, e più sarà facile. Non si può permettere che lui continui a comportarsi come si è sempre comportato."

Italia, incontri burrascosi e zuppe di pesce

Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz insieme a Agnieszka Grochowska e Anna Seniuk in una drammatica scena
Walesa. Man of Hope: Robert Wieckiewicz insieme a Agnieszka Grochowska e Anna Seniuk in una drammatica scena

Qualcuno chiede a Walesa se ha un ricordo particolare legato all'Italia, se durante la sua lotta qualcuno, nel nostro paese, l'avesse appoggiato o osteggiato. "In Italia erano tutti a nostro favore", ha rivelato, "persino i comunisti. Qualcuno non poteva farlo apertamente, e allora lo faceva di nascosto, ma tutti percepivano che ciò che facevamo era utile per l'Europa e per il mondo. Se non ci fosse stato il sostegno italiano, non avremmo mai vinto." L'ex leader torna poi sull'intervista al centro del film, raccontando un aneddoto: "Ogni intervista in realtà è un pochino lisciata. La verità è la seguente: quando Oriana mi propose l'intervista, in Polonia c'era una pessima situazione, c'erano grandi scioperi in corso, e venivo tirato da tutte le parti per fare qualcosa. E quella signora mi chiedeva interviste di quattro ore! Io le dissi che non avevo tempo perché il mio paese stava bruciando. Mi rispose che lei aveva scritto dei libri e aveva intervistato re e presidenti; io mi irritai dicendole che non avevo letto alcun libro, e che non avrei parlato con lei. Appena uscito, mi dissero che la situazione, nel paese, si era calmata, che era tutto sotto controllo. Allora, sono tornato dentro e abbiamo iniziato l'intervista. Mentre parlavo, mi chiedevo se stava credendo o no a quello che dicevo". Una battuta conclusiva sull'economia mondiale, e su quella che viene considerata la vittoria del capitalismo: "Il comunismo è caduto, e i comunisti hanno riconosciuto che la sua forza propulsiva si è esaurita. Non vi era una terza via, e non vi è oggi: noi, classe operaia, abbiamo dovuto costruire un sistema capitalista. Non è che ci piacesse molto, ma che alternativa c'era? Bisognava creare la classe dei proprietari, dal nulla. Passare dal capitalismo al comunismo è una questione semplice: è come fare la zuppa di pesce dall'acquario, metti il fuoco sotto ed è fatto. Il difficile è, da una zuppa di pesce, ricavare un acquario. Noi ci siamo riusciti."