Recensione L’apparizione: Tra fede e ragione

La recensione de L'apparizione: Xavier Giannoli dirige Vincent Lindon e Galatea Bellugi in un thriller teologico sulla ricerca della verità.

Un'apparizione miracolosa, un piccolo villaggio nel sudest della Francia, la ricerca della verità, la poesia del dubbio. Siamo dalle parti dell'eterno conflitto tra fede e ragione, degli interrogativi esistenziali, della ricerca intima e personale, nel terreno scivoloso dell'indagine documentaria su una qualche possibile prova dell'esistenza di Dio e del mistero che si mostra in tutta la sua imperscrutabile forza.
L'apparizione, l'ultimo film di Xavier Giannoli, parte da qui e porta avanti il discorso sul confine spesso labile e confuso tra finzione e realtà, tra ciò a cui tutti vogliamo credere e ciò che realmente è, tra mistificazione e misticismo, tematiche che sono state il leit motiv di molte delle sue opere da A L'origine fino a Marguerite.

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L'apparizione: Vincent Lindon in un momento del film

Ma con L'apparizione il regista francese si spinge oltre nel tentativo di trasformare quella che è un'apparente indagine canonica in un polar, portando il film a viaggiare parallelamente su due registri: da un lato il thriller teologico, dall'altro la ricerca di sé e l'accettazione dell'enigma religioso destinato a rimanere senza risposta. Due dimensioni, quella universale e più ampia del dibattito religioso, e una più umana e personale, che corrono insieme per quasi l'intera durata del film disseminato come nella migliore tradizione del genere di colpi di scena, capovolgimenti e deviazioni. Perché non tutto è come sembra.

Inseguendo la verità

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L'apparizione: Galatéa Bellugi in un momento del film

Ancora una volta come era già successo nei suoi film precedenti, Xavier Giannoli mette al centro della laboriosa, incessante e imprevedibile ricerca della verità un uomo comune, Jacques (Vincent Lindon), firma di punta di un quotidiano francese, invitato dal Vaticano a entrare a far parte della commissione d'inchiesta incaricata di far luce sull'apparizione mariana che una ragazza di diciotto anni, Anna (Galatéa Bellugi), sostiene di aver avuto.
Nel bel mezzo dell'assedio mediatico che il caso ha generato attorno alla giovane protagonista e alla cittadina ai piedi delle Alpi, Jacques cercherà di adempiere al proprio compito senza mettere in dubbio la sincerità di Anna, rimanendo sempre un passo indietro, con la discrezione e la mitezza d'animo di chi non segue pregiudizi o dogmi, ma ha l'unico inconfondibile dono di essere un uomo libero.

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L'apparizione: Vincent Lindon in una scena del film

Jacques scava, incalza, insegue una verità che sfugge a categorizzazioni, formula e riformula ipotesi, inciampa e si pone domande. Lindon conferisce al personaggio un equilibrio e una profondità umana che trovano il perfetto contraltare nel misticismo di Anna, alla quale Galatea Bellugi regala un rigore e una grazia che ricordano a tratti la Giovanna d'Arco di bressoniana memoria. Sono loro i fuochi attorno ai quali il regista polarizza l'intera vicenda in una ideale duello a distanza tra fede incondizionata e ragion pura.

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Una regia rigorosa

Lapparizione Galatea Bellugi
L'apparizione: Galatéa Bellugi in una scena del film

Sul piano formale l'essenzialità e il lavoro per sottrazione delle performance corrispondono a un rigore registico che, purtroppo, perde la propria forza nell'eccessivo e ridondante gioco delle reiterazioni continue, tese a posticipare il più possibile il finale.
Il film sconta la divisione in due parti sbilanciate tra loro, con un prima parte eccessivamente dilatata e una seconda che, obbedendo alla strategia narrativa dei colpi di scena e dei ribaltamenti, rischia di apparire sbrigativa e superficiale.

Movieplayer.it

2.5/5