Recensione Piovono mucche (2002)

"Piovono mucche" è il primo film di Luca Vendruscolo, sintesi di un confronto con l'handicap e le sue variopinte sfaccettature e di una breve quanto intensa esperienza di vita realmente vissuta.

La ricchezza della diversità

"Piovono mucche!". Questa l'esclamazione di una paziente della comunità di Capodarco, dove il regista Luca Vendruscolo compì il servizio civile nel 1993. Piovono mucche è anche il titolo del suo primo film, sintesi di un confronto con l'handicap e le sue variopinte sfaccettature e di una breve quanto intensa esperienza di vita realmente vissuta.

Matteo deve, controvoglia, compiere il servizio civile presso la comunità per handicappati Ismaele. Profetiche, però, si dimostreranno le prime parole che ascolta: "Da qui sarà più difficile andare via che entrare". Inizialmente il ragazzo non coglie il senso della frase, tant'è vero che l'impatto con la nuova realtà risulta drammatico, anche a causa dell'ostruzionismo duttile perpetrato ai suoi danni dalla direzione. A complicare ulteriormente la situazione ci pensano i pazienti: il camionista paralitico Francone, peraltro interpretato da un ottimo Franco Ravera, che cade dal letto tutte le notti ed odia farsi visitare dai dottori nonostante l'imbarazzante problema alla vescica; Renato, l'ex boss spacciatore di quartiere in attesa di un risarcimento miliardario dall'assicurazione; la bella Beatrice, scontrosa e solitaria, che non vede l'ora di scappare col suo principe azzurro. Ma col passare del tempo Matteo ed i suoi quattro compagni-colleghi imparano ad integrarsi e ad amare un mondo sconosciuto e difficile, dove il significato di valori come la vita, la libertà ed il senso di responsabilità assumono nuove forme. Tutto questo accade mentre i pazienti, uomini e donne condannati ad un'esistenza incompleta, continuano a mostrare vizi e virtù dell'essere umano, smentendo la tesi dell'handicappato come essere diverso.

Il regista Luca Vendruscolo fa affidamento su caratteristi di buono spessore ma anche su veri disabili, attori non protagonisti, tra i quali spicca Marcello Sanna (Renato) che interpreta la sua stessa vita in maniera cruda e disincantata.
Vincitore del premio Solinas per la miglior sceneggiatura nel 1996, il lungometraggio vede la luce dopo 5 anni dalla sua scrittura con un budget estremamente ridotto (ca. 700.000 euro) ed una distribuzione inefficiente, compensata però da un circuito alternativo legato alla nomina del 2003 come anno europeo della persona disabile.

Il film diverte per il tono trasversale e sottilmente surreale con cui affronta un tema delicato e difficile come quello dell'handicap. L'incedere scorrevole ed una sceneggiatura che cerca di districarsi tra le trappole della facile retorica ne fanno un'opera prima interessante e non priva di spunti positivi. Nel complesso si nota, tuttavia, un'impronta stilistica non perfettamente lucida unita alla voglia di raccontare troppe emozioni in una volta sola.