Recensione Chéri (2009)

Michelle Pfeiffer affronta con grande coraggio il ruolo di una donna bellissima che accetta gradualmente, non senza momentanee crisi e non senza illudersi, seppur brevemente, l'ineluttabilità della propria decadenza fisica.

L'amore eterno ai tempi della Belle Epoque

Léa de Lonval arriva dalle pagine frizzanti e pruriginose della celebre Colette, ed è una cortigiana di grande fama nella Parigi della Belle Epoque. Ormai in piena mezza età, benché ancora bellissima, inizia a pensare di ritirarsi dagli affari: è proprio allora che una ex collega, preoccupata per gli eccessi del figlio diciannovenne, lo affida alle cure della sua splendida madrina. Conquistata dalla gioventù, dall'intelligenza e dall'impertinenza del ragazzo, che deve proprio a lei il suo soprannome "chéri", Léa finirà per tenerlo al proprio fianco, e nel proprio letto, per sei anni. Fino a che la madre non trova una ricca fanciulla da dargli in sposa.

Stephen Frears ritrova Michelle Pfeiffer, da lui diretta nel popolarissimo Le relazioni pericolose oltre vent'anni fa, e le regala uno dei ruoli più cospicui e interessanti di questa fase della sua carriera: perché, sebbene il titolo faccia riferimento al giovane amato, in realtà il cuore dell'opera è decisamente la matura cortigiana, una donna che ha dedicato tutta la sua vita al piacere e lo sfarzo, e che trova il grande amore tragicamente troppo tardi. Tratto dai due brevi romanzi che Colette ha dedicato a questi personaggi, Chéri segue il loro doloroso percorso e, in maniera lineare ma certamente non convenzionale, li conduce alla realizzazione dell'inevitabilità della loro separazione e della loro infelicità. La ricostruzione scenografica è accurata ma mai troppo carica di opulenza e di dettagli, quasi a sottolineare la leggerezza con cui Frears racconta la vicenda; e la stessa miracolosa essenzialità eloquente caratterizza, come sempre, d'altronde, le musiche che portano la firma di Alexandre Desplat.

Michelle Pfeiffer affronta con grande coraggio il ruolo di una donna bellissima che accetta gradualmente, non senza momentanee crisi e non senza illudersi, seppur brevemente, l'ineluttabilità della propria decadenza fisica. Il giovane Rupert Friend contrappone abilmente la sua freschezza all'ancora fulgida maturità di Michelle, e Kathy Bates incarna la malignità e l'ipocrisia della società dell'epoca con ineguagliabile brio. Sempre al confine tra l'umorismo e la malinconia, Chéri non va a collocarsi forse tra le opere meglio riuscite di Frears (e difficilmente accontenterà chi è in cerca di un secondo Le relazioni pericolose), ma può rappresentare senz'altro un eccellente veicolo di rilancio per la fragile, elegantissima, incantevole Pfeiffer.

Movieplayer.it

3.0/5